venerdì 26 agosto 2011


Crustumium L'atlantide romagnola

Della mitica città sommersa nel mare di Cattolica si parla ormai da diversi secoli, ma sembra rimanere per tutti un evanescente miraggio. C'è chi afferma di averla vista e di questo troviamo autorevoli testimonianze sin dai primi secoli dopo il mille, e chi dice senza dubbi che è solo una montatura, una leggenda popolare e tra questi troviamo personaggi altrettanto credibili quali studiosi e archeologi dei nostri tempi. Rimane il fatto, tremendamente affascinante, che da centinaia di anni, moltissime persone che hanno solcato le acque nei pressi di Cattolica, giurano di aver visto sott'acqua a poche miglia dalla costa, soprattutto con il mare calmo e la bassa marea, resti di mura e di torri. I pescatori e tutta la popolazione della zona sostengono che si tratti di una millenaria città sommersa da un cataclisma. I primi affermano di aver più volte agganciato le loro reti in mastodontici macigni e alcuni sommozzatori si sono trovati davanti ai loro occhi attoniti una intera città sotto l'acqua. Mura possenti, torri, statue e palazzi dagli eleganti colonnati, sembra possedesse la mitica Crustumium. Questo il nome originale dell'ipotetica città sorta vicino all'omonimo fiume da cui prese il nome, oggi conosciuto come Conca. Esistente già nel V secolo perché citata da un autore latino di quell'epoca, l'antica città fu sicuramente distrutta da un cataclisma naturale, molto frequenti a quei tempi. Probabilmente tutta la costa di allora subì un mutamento geologico e s'inabissò. Subì la stessa fine della sua gemella d'oltreoceano, la ancor più mitica Atlantide, ma se di questa rimangono solo racconti leggendari racchiusi nella fantasia di ogni uomo, della sua sorella romagnola testimonianze molto tangibili accerterebbero la sua possibile esistenza. Innanzitutto la vicina zona costiera è conosciuta come terra di abitati romani, lo stesso mare ha frequentemente restituito alla luce diversi reperti oggi custoditi nel pregiato Antiquarium di Cattolica, a sua volta antico vicus romano. Quindi il luogo imputato è fortemente sospetto. In secondo luogo, ma non di minor importanza, ci sono le numerose ed equivalenti testimonianze umane perpetuate da ieri a oggi: tutti quanti, studiosi o semplici curiosi, dicono di aver scorto sott'acqua alla profondità di mezzo braccio, resti di mura e di torri. Da allora si è sparsa la credenza che in quelle acque così vicine alla costa, nei tempi antichi sia sprofondata in mare una città conosciuta comunemente con il nome di Conca. Sulle cause disastrose che la fecero scomparire ai nostri occhi, oltre alla più accreditata ipotesi del terremoto, c'è chi sostiene, traendo spunto da un'altra lontana leggenda orientale e dalle numerose presenze di anguille giunte dalle valli di Comacchio in Adriatico (almeno nel'600), che il cataclisma avvenne per opera dell'uomo, il quale tagliò via un monte per aprire un canale di sbocco per i pesci, e il mare si mangiò tutta la zona. Affascinante realtà o miraggio collettivo, rimane ancora un mistero da scoprire... un mistero che ha veramente dell'incredibile, un mito che si fonde in leggenda e si perde da secoli tra le onde del mare Adriatico, a due passi dalla famosa Riviera della Notte. Può rimanere solo leggenda? Alcuni anni fa, un paio di amici che praticano immersioni, mi hanno raccontato di aver visto nel mare vicino a Cattolica dei resti di un'antica città sommersa, davanti a loro si trovavano torri, mura, colonne, statue e palazzi. Non hanno avuto dubbi e si portano ancora questa coinvolgente esperienza nella memoria. Chissà... un altro miraggio collettivo, frutto della fervente fantasia dei romagnoli?

martedì 23 agosto 2011


Il 23 agosto 1327 dopo torture viene ucciso William Wallace colui che unificò le tribù e i clan scozzesi e irlandesi contro l'occupazione inglese



GUGLIELMO WALLACE (o Walleys o Wallas). Era un piccolo proprietario delle Basse Terre occidentali, poco più che venticinquenne, probabilmente di origine normanna poi, si pretese che parlasse gaelico e portasse l'abito scozzese.
E ben difficile formulare un giudizio sul carattere e sul patriottismo di Wallace - uno scampaforche, un assassino crudele secondo i cronisti inglesi; secondo gli Scozzesi e secondo il suo poeta, Harry il Cieco, un eroe generoso, gigantesco, di forza incredibile, che fendeva i nemici dalla testa ai piedi con un sol colpo di spada. È il solito destino storico degli eroi nazionali - filibustieri e ribelli secondo la nazione dominante, santi combattenti agli occhi degli oppressi.

Si narra che soldati inglesi avessero offesa (o uccisa) una donna che egli amava e perciò egli assaltasse la guarnigione di Lanark con pochi seguaci, e ammazzasse Sir Guglielmo di Hazelrig, sceriffo inglese. Si gettò alla macchia, nella primavera del 1297, e gradualmente tutti gli sbandati, i malcontenti, gli inquieti si riunirono intorno a lui. La sua tattica offensiva, la guerriglia, attacchi di sorpresa, imprese leggendarie ora in fuga ora all'offensiva, Wallace incuté tale terrore che al suo avvicinarsi a Scone, il giustiziere Ormsby scappò in Inghilterra. Il vescovo palatino di Durham cercò di affrontarlo, e venne volto in fuga. Poi, il guardiano Warenne si decise a muoversi, chiamò sotto le armi gli uomini a nord dellaTrent e mosse contro i ribelli con 300 uomini a cavallo e 40 mila pedoni. Intanto Wallace aveva proclamato di combattere in nome del re Baliol tenuto prigioniero, e a lui si era unito anche lo sfortunato difensore di Berwick, Guglielmo signore di Douglas, forse di una famiglia fiamminga che aveva larga parentela e sparsi domini in Scozia.

Chi restava in posizione equivoca era il nipote del competitore di Baliol, Roberto Bruce : suo padre aveva combattuto a fianco di Edoardo I contro Baliol nel 1295 e ora viveva contento nei feudi inglesi della famiglia, mentre Roberto teneva i domini scozzesi della madre come conte di Carrick. Ma rimaneva incerto : un po' perché non voleva combattere a favore del Baliol, un po' perché la gente di Annandale (il dominio scozzese del padre) rifiutava di seguirlo.
L'esercito inglese, comandato da Sir Henry Percy, nipote di Warenne, giunse rapidamente a Irvine, incutendo terrore ai ribelli non ancora ben organizzati. Molti dei nobili che si erano uniti a loro chiesero perdono e giurarono fedeltà a Edoardo I - tra essi, Roberto Bruce e Guglielmo Douglas.
Intanto Wallace, con la gente più umile e più decisa che accorreva a lui dalle Basse Terre settentrionali, cacciava gli Inglesi da Perth, Stirling Bridge, Lanark. L'esercito regio, ora guidato da Warenne e dal tesoriere Cressingham, procedette verso il ponte sulla Forth, dominata dal castello di Stirling, chiave della Scozia ché eretto dove finisce l'estuario e si restringe il fiume che divide le Basse Terre del sud dalle regioni del nord.

Naturalmente le forze di Wallace erano quasi tutte a piedi (180 cavalieri e qualche migliaio di fanti) : gli Scozzesi, tra le loro montagne, non erano abituati ai cavalli : e così si ha uno dei primi casi di fanterie armate di picche o di asce contro i cavalieri feudali, abituati a considerare i pedoni come marmaglia da disperdere. Le ripetute sconfitte della cavalleria, alla lunga, faranno capir qualcosa anche ai militari (mai famosi per intelligenza e preveggenza) e indurranno Edoardo I e suo nipote a portare sulla fanteria il peso delle future battaglie.

Wallace prese posizione sulle piccole elevazioni che comandavano l'ansa del fiume e gli assicuravano una via di ritirata verso le montagne. L'armata inglese, sicura per il numero e per i cavalieri pesanti, cominciò a passare il ponte; quando fu passata metà dell'armata, Wallace lanciò un contingente a conquistare la testa del ponte e attaccò di fronte le forze già sulla sua riva. Confusione, strage : Cressingham restò ucciso, Warenne scappò fino a Berwick (Settembre 1297).
La Scozia rimase libera, Wallace prese il titolo di "guardiano del regno" in nome di Baliol, occupò tutti i castelli, anche quello di Berwick, sconfinò in Inghilterra devastando il Northumberland e il Cumberland, con crudeltà spietata, coadiuvato dai nobili scozzesi settentrionali che tentarono anche di prendere Carlisle.

Edoardo I tornò in Inghilterra nel Marzo 1298, assetato di vendetta. Convocò un Parlamento a York, i nobili gli diedero pieno appoggio : un mese dopo, si radunava un esercito di quasi 3000 uomini a cavallo (per metà mercenari, per metà signori e dipendenti inglesi) oltre a un numero imprecisato di soldati.
La scarsità di viveri nel paese devastato, l'indisciplina dei contingenti gallesi minacciarono il successo. Ma Wallace commise l'errore di attendere e accettare battaglia anziché temporeggiare, pur non avendo che un numero trascurabile di armati pesanti.
I due eserciti si affrontarono a Falkirk (Luglio 1298). Wallace dispose le sue forze in quattro masse (schiltron) di picchieri, che tenendo le picche inclinate in avanti e col calcio piantato in terra, offrivano un ostacolo insuperabile alla cavalleria pesante; pochi arcieri difendevano gli approcci. La fronte era protetta da un marese, le spalle dal terreno elevato e boscoso. - Non aveva che pochi cavalieri, e la fanteria contro gli armati a cavallo doveva tenersi sulla difensiva.
Le prime « battaglie » o squadre inglesi che tentarono attacchi alle ali, si infransero contro i picchieri. Ma Edoardo I, prima di ordinare la carica generale, mise in disordine gli schiltrons col tiro accelerato dei suoi arcieri iniziando così, su larga scala, l'impiego tattico sistematico di questa armi che solo dalla metà del Duecento (pare) era stata introdotta negli eserciti inglesi. L'attacco della cavalleria pesante infranse facilmente le ultime resistenze. Wallace fuggì sui monti, poi in Francia, cercando aiuti da Filippo il Bello e perfino dalla Norvegia.

Fu l'ultima battaglia dell'indipendenza scozzese fino al Bannockburn. Da allora in poi, ammaestrati dell'esperienza, gli Scozzesi fuggiranno di fronte all'invasione, portando con sé armenti e provviste su per le montagne, e i corpi inglesi troppo numerosi, continuamente tormentati da rapide incursioni, non potranno sostentarsi nel deserto. Ogni tentativo di conquista integrale fallirà e quindi anche ogni tentativo di occupazione parziale perché il paese era ormai unito nell'odio contro l'Inghilterra.
Già la vittoria di Falkirk fu (come tante strepitose vittorie) assolutamente inutile. Edoardo I avanzò fino a Stirling, inviò contingenti ad occupare Perth e S. Andrea; ma intanto, nel sud-ovest, divampava la rivolta del nipote del Competitore, Roberto VIII Bruce. Il Re dovette retrocedere, Bruce fuggì : ma i viveri erano scarsi, le truppe stanche, le diserzioni numerose. A Carlisle anche i baroni dichiararono di non poter continuare, date le perdite e le spese. Edoardo I li lasciò andare di malagrazia, si trattenne nel nord fino al Natale 1298, imprecando contro la defezione dei nobili alla quale dava la colpa della vittoria mancata. Quando fu partito, non restò in mano inglese che la Scozia del sud, e minacciata da torme di patrioti.

Ma intanto Filippo il Bello, dopo un molle tentativo di far liberare Baliol, si era accordato con Edoardo I senza curarsi dei suoi alleati scozzesi, anzi imprigionando per qualche tempo Wallace che si era rivolto a lui.
Nel 1299 Re Edoardo I, impegnato nelle solite liti coi baroni per infrazioni alle Carte e alla Conferma, non poté far nulla. Gli Scozzesi, lasciati in asso dalla Francia, cercavano un altro appoggio : messi scozzesi, e forse lo stesso Wallace andarono a Roma e decisero Bonifacio VIII (che già nel 1298 aveva tentato di intervenire consigliando a Edoardo I moderazione) a un passo in favore della Scozia, suggerendogli di rivendicare quella supremazia papale su di essa che derivava dalla dipendenza diretta da Roma delle diocesi scozzesi, le quali avevano sempre vittoriosamente rifiutato di sottostare all'arcivescovo di York.

Un papa come Bonifacio VIII non poteva lasciarsi sfuggire una occasione per estendere il suo potere, e nella Scozia avrebbe avuto un appoggio per ricattare eventualmente tanto Francia che Inghilterra se avessero tentato di sottrarsi alle imposizioni pontificie. Già Nicolò IV aveva rifiutato di appoggiare le pretese di sovranità sulla Scozia di Edoardo I; nel 1298 Bonifacio VIII aveva privatamente ammonito Edoardo I di non ascoltare la sua ambizione e di non dar noia ai vicini. Ora, nel Luglio 1299, gli diresse una lettera protestando contro sequestri e incarceramenti a danno del clero scozzese, accusandolo nettamente di prepotenza, asserendo che la Scozia non era mai stata feudo della Corona inglese, che l'omaggio del 1292 era stato estorto approfittando della situazione, che le imprese inglesi erano ingiuste, che solo alla Santa Sede spettava l'alta sovranità sulla Scozia.

Intanto il Re tentava di radunare un esercito per un altro tentativo, e tuttavia continuava, con tipica ostinazione di cattivo politico, a non voler mantenere le promesse fatte ai suoi sudditi.
I nobili scozzesi cominciavano a sostenere la causa nazionale, dando la reggenza del regno a Giovanni Comyn il Rosso e Giovanni Comyn conte di Buchan, figlio il primo, l'altro parente di quel Comyn che nel 1291 si era presentato fra i competitori al trono.
Solo nella primavera del 1300, concedendo gli Articuli super Cartas, Edoardo I ottenne i mezzi per un'altra campagna : un tentativo di sottomettere almeno il sud-ovest che riuscì soltanto a conquistare un castello secondario. Durante questa impresa, giunse l'arcivescovo Winchelsea, latore della dichiarazione del Papa. Naturalmente Edoardo I s'infuriò : riunì un Parlamento a Lincoln per aver l'appoggio di tutti contro il Papa, come farà di lì a poco anche Filippo il Bello. I baroni, dato che erano d'accordo col Re nell'odio contro gli Scozzesi e che una lettera non costava nulla, inviarono al Papa una protesta, respingendo ogni giurisdizione pontificia in questioni temporali.

La campagna del 1300 si concluse con una tregua : ma Edoardo I, incaparbito, cominciò a rendersi conto che per sottomettere la Scozia non bastava una delle solite campagne feudali di breve durata. Non abbandonò il nord, e intanto sfogò lo spirito letichino con una ponderosa controdeduzione alla dichiarazione del Papa, nella quale riprendeva la questione scozzese dai tempi preistorici, sciorinando come fatti accertati tutte le frottole di Goffredo di Monmouth e degli autori di altri Brut : il troiano Bruto aveva conquistata l'isola allora abitata da giganti, l'aveva divisa fra i tre figli ma riservando al maggiore la dignità regia; e poi Arturo sovrano anche della Scozia; e così via, in una girandola di fatti e fiabe, di documenti e falsificazioni. Questa lettera fu trasmessa dal Papa ai messi scozzesi : uno di essi rispose brevemente impugnando di falso la protesta di Edoardo I; poi dalla Scozia venne inviata una lunghissima replica alle pretese inglesi, riaffermando che la Scozia era un allodio pontificio e battendo il Re sul terreno pseudo storico da lui scelto : i giuristi scozzesi sostenevano che la Scozia doveva il nome alla figlia d'un Faraone, che gli Scoti avevano cacciato Bruto, e così via.

Ma la questione si fermò lì perché Bonifacio VIII si impelagò nella lite con Filippo il Bello, e d'altronde gli Scozzesi riuscirono benissimo da soli a bloccare l'incauto Re inglese. Nemmeno la campagna del 1301 ottenne risultati. Nel 1302 nuova tregua, mentre procedevano le trattative con la Francia che porteranno, l'anno dopo, alla restituzione della Guascogna e ai matrimoni franco-inglesi. La pacificazione col secolare nemico diede al Re modo di usare tutte le forze del regno contro la Scozia, anche perché si era andata esaurendo l'opposizione nobiliare.
Abbiamo già accennato alla politica, ormai tradizionale, di ridurre i grandi possessi nelle mani di parenti del Re. Essa fece in questi anni, più per fortuna che per abilità, passi giganteschi. I feudi principali, dai quali era partita l'opposizione contro Enrico III e contro Edoardo I, erano ora, direttamente o indirettamente, dominati dal Re.
( Quelli de conti di Gloucester erano in mano a un genero di Edoardo I; anche l'erede di Bohun e della contea di Hereford sposò una sua figlia; Bigod rinunciò all'ereditarietà del Norfolk che così, nel 1306, ricadrà alla corona e verrà poi dato a un figlio di Edoardo I. Edmondo il Gobbo morì nel 1300 senza eredi e la Cornovaglia tornò alla Corona. Di lì a poco, l'erede dei conti del Surrey sposerà una nipote del Re. Tommaso di Lancaster, figlio di suo fratello Edmondo, aveva tre feudi imposrtantissimi (Lancaster, Derby, Leicester) e aggiungerà as essi, per matrimonio, anche quelli di Lincoln e Salisbury. Almarico di Valenza, uno dei Lusignano, cugino del Re, aveva la contea di Pembroke).


Quanto ai prelati, l'Arcivescovo non proseguì nell'opposizione ché il Papa non poteva più appoggiarlo. Approfittando di questo, Edoardo I sequestrò anche il palatinato di Durham e (più tardi) le terre dell'arcivescovo di York, in modo da aver aperta la strada verso nord.
Secondo lui la colpa degli insuccessi scozzesi era dei nobili e dei prelati, stanchi di fatiche e spese inutili, più saggi di lui nel vedere che era impossibile sottomettere la Scozia appunto perché troppo povera e poco abitata. E continuò a insistere nella vana impresa fino alla sua morte, profondendo forze e denaro, preparando quel malcontento che scoppierà contro suo figlio (Edoardo II) in un'altra crisi costituzionale.

Non riusciva a staccarsi dal nord. Alla fine del 1302 mandò forze a svernare a Edimburgo, sotto Giovanni di Segrave, che lasciò sorprendere e volgere in fuga l'esercito presso Roslin, al principio del 1303. Ma intanto Edoardo I aveva radunato un grosso esercito con il denaro ottenuto per mezzo della Carta mercatoria, e avanzò senza incontrare resistenza notevole verso l'estremità settentrionale della Scozia. Tutti i nobili si affrettarono a sottomettersi, primo il reggente Comyn il Rosso.

Solo Wallace preferì la vita randagia dello sbandato, pur non rinunciando a organizzare gruppi di ribelli. Alla fine del 1304 il Re poteva illudersi, un'altra volta, di aver sottomessa la Scozia.
Ma in un paese in sommossa da anni, tra un popolo animato ormai da odio instancabile e sorretto dalla gente della montagna, sempre pronta alle redditizie incursioni, l'omaggio dei nobili significava meno che altrove. Wallace trovava aderenti senza paura, decisi a lottare, ma le speranze scozzesi furono troncate dal tradimento d'un amico che fece cadere Wallace nelle mani di Edoardo I.
Sperava di salvarsi, dato che mai aveva giurato fedeltà al Re. Ma questi era sempre pronto ad abbandonare quella legalità alla quale si appellava così spesso e volentieri finché gli faceva comodo, e impiantò una infame parodia di processo, accusando Wallace di tutte le crudeltà possibili e impossibili, e lo fece morire della morte crudele d'un traditore, infine impiccato a Westminster (1305).

Poi Edoardo, tornò a rivestire la toga del sapiente legislatore. Col consiglio del vescovo di Glasgow, di Roberto Bruce e di Giovanni Mowbray aveva fissato di convocare 10 Scozzesi insieme a 20 suoi consiglieri per riordinare la Scozia. L'ordinanza che venne emessa fu ispirata dagli stessi criteri adottati per il Galles - senza tener conto della differenza fra i due paesi, della lunga lotta che aveva confermate le caratteristiche nazionali scozzesi.
Fino a un certo punto, le misure non furono tiranniche. La Scozia restava amministrativamente separata, sotto Giovanni di Bretagna conte di Richmond, cugino e luogotenente del Re. Venivano stabiliti quattro dipartimenti giudiziari per le quattro diverse regioni scozzesi (Galloway, Lothian, Basse Terre a nord del Forth, Alte Terre) e l'organizzazione in contee ma lasciando le antiche divisioni di contee e spesso gli sceriffi ereditari. Ma si proibivano « le costumanze degli Scoti e dei Gallesi » (tutto il diritto indigeno delle Alte Terre sul quale si basava la costituzione dei clans); si confermavano le leggi del re Davide e degli altri Re scozzesi, ma solo in ciò che non urtasse « Dio e la ragione » - cioè le idee dei funzionari reali.

Poi il Re si volse a vendicare la lunga opposizione. L'arcivescovo Winchelsea fece la sua ultima prova di forza nel 1305, riuscendo a evitare che venisse promulgata una legge che proibiva al clero di esportare denaro - la stessa disposizione che aveva condotto al conflitto fra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, ormai risolto contro la tesi papale : in quello stesso anno, diveniva papa Bertrando di Goth, vescovo guascone, supino ai voleri del suo Re, Filippo il Bello, e del suo superiore feudale, Edoardo I. - Cominciava la servitù avignonese.

Clemente V cominciò subito a mostrare di che stoffa fosse fatto, inchinandosi alla volontà di Edoardo I e liberandolo dal giuramento di rispettare la Conferma del 1297 e le promesse successive. Edoardo I, spergiuro come i suoi predecessori, approfittò tuttavia con maggiore prudenza del turpe permesso. Si limitò, per il momento, a revocare alcuni disafforestamenti; ma sfruttò l'appoggio del Papa in tutti i modi. Tornò a sequestrare i beni del vescovo di Durham, fece sospendere l'arcivescovo Winchelsea, e pagò il Papa concedendogli le rendite di Canterbury e dandogli mano libera nell'esazione delle decime. Naturalmente questo disgustò il paese e un Parlamento del 1307 progettò uno statuto De asportatis religiosorum nello stesso spirito del provvedimento fallito del 1305. Fu il Re a impedire la promulgazione della legge antipapale.
Ma questo Parlamento era stato radunato di nuovo nel nord, a Carlisle, perché la bella ordinanza per il riordinamento della Scozia era stata subito seguita da una nuova insurrezione.

Questa volta, non aveva per esponente un Re debole e inetto come Baliol né un masnadiero coraggioso e tenace come Wallace : ma un nobile ambizioso e ambiguo, dotato però di coraggio instancabile e di grande abilità.
Roberto Bruce, il nipote del Competitore, che già aveva i possessi della madre (Carrick) nel 1204 aveva ereditato anche quelli del padre (Annandale), così riunendo i più grossi feudi del sud-ovest scozzese. Aveva tenuto atteggiamento equivoco fino ad allora, sembrando appoggiare la politica di Edoardo I, probabilmente perché attendeva che il ricordo dell'esule re Baliol fosse spento del tutto con la rinuncia di lui al trono e col nuovo ordinamento della Scozia. Non vi era ormai altro competitore possibile che Comyn il Rosso il quale si era mostrato più supino al volere del Re inglese che non Bruce, il quale già nel 1204 si era segretamente alleato con l'infaticabile patriota Lamberton, vescovo di S. Andrea, partigiano di Wallace. Con Lamberton, Bruce era sicuro dell'appoggio del clero scozzese che temeva di cadere sotto il primato dell'arcivescovo di York e di venir sostituito da prelati ligi all' Inghilterra.
Forse qualche spia rivelò l'accordo a Edoardo I; certo, al principio del 1306 Bruce non si sentì più sicuro e fuggì nello Annandale. Lì, a Dumfries, nel chiostro dei Frati Minori, trovò Comyn il Rosso e gli chiese di unirsi a lui per liberare la Scozia. Sorse una lite (può darsi che fosse stato Comyn a svelare al Re l'accordo con Lamberton) e Bruce tirò una coltellata al pericoloso rivale, che si rifugiò in chiesa mentre Bruce tornava sconvolto tra i suoi seguaci e confessava ad essi che dubitava di aver ucciso Comyn. Un tal Kirkpatrick gli replicò : « Dubitate? I mak sikkar, mi assicurerò ». Entrò e finì Comyn sui gradini dell'altare.

Per Bruce non vi era più scampo : o re o traditore. Si rifugiò in un suo castello, chiamò la popolazione a rivolta. Il vescovo di Glasgow (tradendo il sesto giuramento di fedeltà a Edoardo I) e Lamberton (membro del governo eduardiano) lo appoggiarono e lo fecero incoronare (25 Marzo 1306) re di Scozia a Scone, per mano della contessa di Buchan, sorella del conte di Fife al quale spettava il diritto ereditario di imporre la corona al re di Scozia . (il diritto discendeva alla casa di Fife dall'antenato Macduff che aveva coadiuvato Malcolm contro l'usurpatore Machbeth. La contessa di Bucham, caduta poi nelle mani di Edoardo I, verrà punita chiudendola in una gabbia di legno sulle mura di Berwick, esposta alla vista di tutti i passanti).

Il castello di carta della dominazione inglese cadeva un'altra volta. Edoardo I infuriato abbandonò ogni progetto di pacificazione, chiamò a raccolta tutte le sue forze contro il piccolo regno imperterrito. I due vescovi vennero deposti, Bruce scomunicato dal Papa ligio ai voleri del Re. Il Parlamento inglese votò fondi per la buona causa. Venne inviato a nord Amalrico di Valenza, nuovo guardiano di Scozia, con ordini di repressione spietata, mentre il Re, più lentamente, si portava a Carlisle.
Bruce, attaccato a Methven, si dovette rifugiare nelle Alte Terre e poi in un'isoletta lungo la costa irlandese. Molti suoi parenti e seguaci, i due vescovi caddero in mani inglesi. Edoardo I procedette con brutale severità i fratelli di Bruce, il conte di Atholl, altri nobili patrioti vennero impiccati; le donne e i preti imprigionati.
La repressione fece divampare più forte la rivolta. Nella primavera del 1307 Bruce rientrò in Scozia, vendicò a London Hill presso Ayr la sconfitta di Methven, batté il conte di Pembroke.

Intanto Edoardo I, prima di partire da Londra, aveva armato cavaliere il figlio facendogli giurare eterna guerra alla Scozia. Le leve si adunarono a Carlisle al principio dell'estate e il Re, ormai greve di vecchiezza (aveva 69 anni), volle guidarle in persona allo sterminio. La sete di vendetta lo teneva in piedi sull'orlo della tomba. Si mise a cavallo; dopo poche miglia dovette fermarsi a riposare. Il giorno dopo, si sforzò ancora, rimontò a cavallo - ma ancora si stancò presto. Tentò ancora, disperato contro la vita che gli fuggiva, e ancora si dovette fermare, passare su un letto il resto del giorno e la notte. La mattina dopo, mentre lo aiutavano a mettersi seduto per mangiare, si arrovesciò morto fra le braccia dei serventi. Era il 7 Luglio 1307. Tutto gli era riuscito - ma la Scozia, afferrata un momento, gli era sempre sfuggita di mano, e l'impresa restava come pesante eredità al figlio.

Ma Edoardo II si stancò presto. Ricevette l'omaggio dei nobili scozzesi che non avevano ancora accettato Bruce come re, avanzò verso nord un po' a caso, poi se ne tornò verso Londra. La guerra, lasciata a forze sparse e capi inetti, languì; Bruce acquistò successivamente terreno, i magnati scozzesi si fecero all'idea di un re venuto dai loro ranghi. Vi erano ancora, inconciliabili, tribù montanare indipendenti : sono anni leggendari di colpi di mano, di prodigi eroici. Ma la causa nazionale progrediva. L'opposizione non trovava appoggio nell'Inghilterra, governata da un Re incapace e sconvolta da lotte civili. I luogotenenti inglesi cambiavano continuamente, i castelli sfuggivano alle loro mani.

Nel 1310 Edoardo II, per distrarre l'attenzione dalla sua politica interna, tentò un'altra grande spedizione. Avanzò fino a Linlithgow, mandò forze fino a Perth : Bruce, ancora troppo debole, si ritirò e Edoardo II tornò senza aver concluso nulla.

Tormentato dai gravi contrasti interni fin dal suo esordio, nel 1322 l'opposizione divenne più forte. Nel 1327 il Parlamento inglese lo depose, con la scusa che era incapace di governare e che aveva lasciato in mano d'altri il governo del regno, incurante degli interessi dello Stato. Venne imprigionato nel castello di Berkeley e quindi assassinato.

mercoledì 10 agosto 2011



BRIGANTAGGIO NELLA MARSICA

http://www.sezionec.terremarsicane.it/storia6/ilbnm.htm

IL BRIGANTAGGIO PRIMA DELL'UNITÀ

Ci si potrebbe obiettare che il fenomeno del brigantaggio è assai antico nella Marsica
(e, certamente, in gran parte del Meridione): nomi come quelli di Marco Sciarra, di
Giulio Pezzola, di Fra Diavolo, avevano acquistato un alone di leggenda e perfino di
epopea popolare. E noi potremmo anche aggiungere altri nomi e altri episodi, per
dimostrare come la storia della Marsica sia stata, fondamentalmente, una storia di
«santi, lavoratori e… briganti». Molti documenti d'archivio, specialmente del Seicento e
del Settecento, testimoniano della frequenza con cui si verificavano nella zona autentici
episodi di banditismo. Un certo Domenico Santilli, di Aschi, cosí si espresse, nel 1680, a
favore di un pastore suo compaesano: «Le pecore morsero per mala invernata, et le
capre morsero per essere azzeccate, che quell'anno detta zecca fece morire una
quantità di dette capre (...), et so anco benissimo che mentre detto Gio.Domenico del
Papa ritornando dalla Puglia con detti animali che gl'erano restati et alcuni altri delli suoi
proprj, fu pigliato da' banditi, che per ridimersi da quelli fu necessitato vendere parte di
detti animali (...)» (22). E molto numerosi erano coloro che andavano in giro con
archibugi e coltelli, comportandosi senza tanti complimenti come autentici «briganti di
montagna». Un tale Giovanni Palma ad esempio, originario di Luco dei Marsi, andava
quasi sempre «vestito all'uso di brigante con abito color viola fino al ginocchio e con
bastone in mano» (23). Un altro esempio: Ermenegildo Mazzelli, di Pietrasecca,
nell'ottobre del 1778, dopo «aver tirato una archibugiata in campagna alla povera donna
Mariantonia di Giovambattista, mentre che costei ritornava dalla selva, dove era andata
a legnare, perché, richiestala di onore, costei non volle acconsentire alle di lui brame
(...)», buttò in terra la povera donna picchiandola a sangue; e la stessa cosa fece contro
i familiari di lei, che erano accorsi in suo aiuto. (24) Un brigantaggio dongiovannesco,
dunque, che nulla ha a che vedere con le motivazioni di carattere sociale o politico di
quello di cui ci stiamo occupando. Un'altra forma di brigantaggio marsicano dei secoli
scorsi potrebbe essere paragonata all'abigeato sardo, con furti di animali e sanguinose
vendette. Un episodio del genere (uno dei tanti) accadde a Marano nel 1729, quando
Ercole Antonio di Tomasso si appropriò di trenta «animali negri» che appartenevano a
Domenico Luce di Santa Anatolia, giustificando la sua rapina con il fatto che detti
animali avevano invaso le sue terre. (25) E c'era anche una terza forma di brigantaggio,
che potremmo considerare di puro divertimento. Nel maggio del 1778 Cassiano Pozzi,
un giovane di buona famiglia di Magliano dei Marsi, aveva deciso di recarsi al santuario
di S.Domenico di Cocullo insieme con alcuni suoi compagni di brigata. I pellegrini
partirono a piedi, com'era costume, e ben presto giunsero presso il valico di Forca
Caruso, dove decisero di fermarsi nel vallone detto Femmina Morta, per una sosta
ristoratrice. Proprio in quel momento transitavano di lí due «mercanti di sale», i signori
Giannicola d'Andrea e Niccolò Ruscitti della terra di Antrosano, i quali «si portavano con
li loro animali nella città di Pescara a caricare il reggio sale per l'Università di Civita

d'Antino». Non appena i maglianesi videro i cavalli dei mercanti, decisero di
impadronirsene, non tanto a scopo di rapina, quanto soprattutto per godere l'ebbrezza
della folle velocità. E poiché i venditori di sale «non vollero prestarli udienza, il detto
Cassiano, che faceva da Capo sopra gl'altri suoi compagni, con due bastoni di legno li
picchiò ferocemente.Dopodi che rubò i cavalli

lunedì 8 agosto 2011


Nel 1534 il clero inglese fu chiamato a prestare un giuramento di supremazia che riconosceva il sovrano inglese come capo della Chiesa nel territorio del regno. Ad eccezione dei Santi Tommaso Moro e Giovanni Fisher, dei monaci certosini e degli osservanti francescani, pochi altri si opposero immediatamente a questo tradimento nei confronti del papa. Gli abati di Glastonbury, Reading e Colchester prestarono tutti giuramento assieme ai loro monaci, sperando di poter così proteggere i loro antichi monasteri dalla tirannia del re, ma tutti e tre raggiunsero un punto di non ritorno quando s’intensificò la soppressione degli ordini monastici.
Glastonbury occupa un posto unico tra i centri spirituali europei e per lungo tempo fu una speciale meta di pellegrinaggi. La morte dell’ultimo abate Richard Whiting, del tesoriere e del sacrestano, durante il regno di Enrico VIII, si colloca in un periodo ben documentato della sua storia. Riccardo Whiting era nato a Wrington nel Somerset, forse dopo il 1460, e fece i suoi studi a Cambridge, probabilmente al Magdalene College. Diventò ben presto monaco, si laureò nel 1483 e ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1501. Fece poi ancora ritorno a Cambridge, ove conseguì il dottorato nel 1505. Per alcuni anni fu cappellano nel monastero di Wells e nel 1525 il cardinale Wolsey lo designò nuovo abate, alla morte dell’abate Bere. La lettera contenente il mandato d’incarico, firmata anche da San Tommaso Moro, lo descrisse così: “un monaco retto e devoto, uomo discreto e provvido, sacerdote encomiabile per il suo stile di vita, le virtù e l’erudizione”.
Nel 1535, in seguito all’Atto di Supremazia, gli ispettori regi visitarono Glastonbury e, constatando come i monaci fossero assolutamente innocui, questi furono rassicurati sul loro futuro. Ma in seguito sopragiunse la soppressione dei monasteri e nel Somerset l’ultimo a sopravvivere fu proprio Glastonbury. Qui gli ispettori giunsero nel 1539, sequestrando vari documenti tra i quali un libro contro il divorzio del re, alcune copie delle bolle pontifice ed una Vita di San Tommaso Becket. Interrogarono inoltre l’abate Riccardo che, rifiutando le accuse rivoltegli e dichiarando apertamente “la sua opinione devastante e traditrice contro la Maestà reale e i suoi successori”, fu rinchiuso nella Torre di Londra.
Thomas Cromwell ricevette un “libro di prove” dagli ispettori, purtroppo andato perso, che accusava l’abate di vari tradimenti. Cromwell annotò allora tra le sue “Remembrances”: “Item, l’abate di Glaston sarà processato a Glaston e là giustiziato”. Egli era dunque già condannato in partenza. In realtà la scarità di fonti non rende possibile sapere con certezza dove si svolse il processo quale fu l’accusa specifica rivoltagli. L’abate Riccardo giunse a Wells venerdì 14 novembre 1539 con la sua scorta ed il giorno seguente fu portato a Glastonbury, ove gli fu negato di poter salutare un’ultima volta l’abbazia. Egli non sapeva che in realtà l’abbazia era ormai stata abbandonata e la congregazione dispersa. Venne trascinato su un carro sulla cima della collina del Tor, ove nonostante la vecchiaia e la malattia fu impiccato e smembrato. Al tramonto la sua testa fu esposta all’ingresso del monastero.
Allo stesso modo furono giustiziati il tesoriere John Thorne ed il sacrestano Roger James, anch’essi monaci e sacerdoti benedettini. Essi furono accusati di sacrilegio poiché avevano nascosto diversi tesori della chiesa abbaziale affinché non finissero in mano al sovrano. La medesima accusa potrebbe essere forse stata rivolta al loro abate.
Richard Whiting, abate di Glastonbury, Roger James e John Thorne sono stati beatificati dal pontefice Leone XIII 13 maggio 1895 mediante conferma di culto.

lunedì 1 agosto 2011




Le Donne di Pietro Mascagni
" I colletti duri di Mascagni l'acconciatura delle sue chiome tosto adottata sul nome di lui, i suoi soprabiti corti, alla Picadilly, suscitavano una specie di sommessa emozione.
Signore e signorine andarono tosto pazze pel maestro livornese. Ancora oggi sentiamo dire da donne oramai vecchie e gratificate da stuoli di nipotini, quanto le antiche madri vigilassero attentamente al loro entusiasmo mascagnano, sulla improvvisa mania di saper tutto di lui, di scrivere di nascosto a Mascagni, di procurarsi sue fotografie."
(Giulio Gonfalonieri )

Fisico prestante, la chioma fluente, la parlata aperta, lo sguardo luminoso e penetrante, affascinante, alla moda,irruente, Mascagni fece tutta la vita stragi di cuori femminili.



Con una faccia tosta a dir poco incredibile rassicurava la moglie sulla sua fedeltà ricorrendo ad un'arma infallibile: la distruzione delle possibili rivali. Basta leggere il giudizio dato del soprano Nellie Melba: "è una mummia, una marionetta": In realtà si vociferò su una possibile breve relazione del musicista con la cantante che nel 1893, a Londra al Covent Garden, interpretò l'opera I Rantzau diretti dall'autore.



Il nome della Melba circolò spesso in famiglia e fu al centro di un significativo incidente: Mascagni si trovava in albergo con la moglie, donna Lina, la figlia Emy e il nipotino Piermarcello (Bubi). All'ora di pranzo le due signore e il bambino precedettero il musicista a tavola, il piccolo Bubi golosissimo come il nonno, s'informò subito della lista dei dolci: il cameriere rispose "Per gelato c'è la Coppa Melba" e Donna Lina aggiunse "Coppa Melba come una donnaccia di tuo nonno!". Poco dopo arrivò Mascagni, chiese subito la lista dei desserts e il piccolo si affrettò a spiegare al nonno che come gelato c'era "La coppa Annuccia". A distanza di molti anni il nipote ricordava perfettamente i due forti calcioni ricevuti sotto il tavolo dai nonni.

Annuccia non era una amante ma "L'Amante"

Donna Lina in realtà non si faceva ingannare perché conosceva il suo Pietro, però nulla poté contro Anna Lolli, il grande amore del musicista dal 1910 fino alla morte di lui nel 1945.
Trentacinque anni nei quali il musicista si divise tra la famiglia e la compagna. Quando nel 1910 Pietro ed Anna s'incontrarono lei aveva 22 anni e lui 47.





ANNA LOLLI (1888-1973)

Mascagni aveva un debole per l'Emilia Romagna. Da Parma veniva Lina e da Bagnara di Romagna arrivò Anna Lolli, l'affascinante corista dalla bella voce. Disse di lei il maestro Ricci: "Bella, gentile, con un volto sereno…le labbra carnose, sensuali, due grandi occhi verdi, stupendi."
Un piccolo Museo ricavato nella canonica di Bagnara di Romagna raccoglie un importante carteggio (quasi cinquemila lettere) e testimonianze della vicenda amorosa di Mascagni.

Per trentacinque anni il musicista ebbe due famiglie ognuna delle quali sapeva dell'esistenza dell'altra. Annuccia donna discreta e riservata si trasferì a Roma per stare più vicina a Mascagni, e condusse un'esistenza appartata , quasi da reclusa; viveva in attesa di una visita del musicista o di una lettera.

Fu per lui una saggia consigliera, ne raccoglieva gli sfoghi e le incertezze, lo rincuorava nei momenti difficili. E Pietro non mancò di mai di esprimere i propri sentimenti: la stessa passionalità, ma anche la stessa tenerezza e la stessa forza che si ritrova nelle sue opere.



La Lolli riuscì a vivere con lui solo durante la preparazione di Parisina, dal luglio al dicembre del 1912, in Francia insieme a Gabriele D'Annunzio e alla figlia del musicista Emy, che aiutò il padre a coprire la vicenda nei confronti di Donna Lina.
Alla Lolli furono dedicate le opere Isabeau e Parisina.