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sabato 23 luglio 2011
GIUSTA e RUFINA, le ceramaie martiri di Siviglia.
Patrone della città di Siviglia, sono menzionate nel Martirologio Geronimiano (soltanto Giusta), in quelli di Adone e di Usuardo (19 luglio) e nel Romano (18 dello stesso mese). Nei libri liturgici mozarabici la commemorazione è sempre al 17 luglio.
Il culto delle loro reliquie è abbondantemente testimoniato dal sec. VII ed il racconto del loro martirio, benché conservato in codd. del sec. X, risale al sec. VI; lo stile sobrio, l'esatta descrizione dei riti siri in onore di Adone e Salambò, e la precisione di altre notizie storiche ci permettono di pensare, se non ad un teste oculare, almeno a un autore che raccolse con cura tradizioni orali o scritte non ancora deformate.
Giusta e Rufina vendevano oggetti di ceramica. In occasione delle feste di Adone, che si celebravano in Siviglia dal 17 al 19 luglio, i devoti di questa divinità orientale facevano una processione coll'idolo, e andavano danzando di casa in casa per chiedere un obolo; arrivati da Giusta e Rufina, chiesero alcuni vasi per fiori, che dovevano essere usati per i « giardini di Adone ». Il rifiuto delle sante ebbe come conseguenza la distruzione della loro merce ed esse distrussero a loro volta Ndolo Salambò; il governatore Diogeniano pertanto le fece rinchiudere in carcere e torturare. Dovendosi celebrare una nuova processione Diogeniano dispose che le due donne vi partecipassero a piedi nudi. Giusta mori poi in carcere; Rufina fu decapitata. L'epoca del martirio è ignota.
Diverse città, oltre a Siviglia, hanno le sante come patrone, o hanno intitolato loro una chiesa: Orihuela, Huete, Maluenda, Badajoz, Lisbona, ecc.
Sono rappresentate con oggetti di ceramica in mano o con gli strumenti del martirio o con un leone ai piedi; spesso si stagliano sullo sfondo della celebre torre della cattedrale di Sivíglia, «la Giralda».
A Maluenda (Saragozza), nella chiesa loro dedicata, si conserva una pittura del XV sec.; una si trova a Siviglia, nella cattedrale, un'altra, di Zurbarán, a Parigi, nel museo del Louvre, un'altra ancora nella stessa cattedrale di Siviglia ed, infine, una di Goya a Madrid, nel Museo del Prado e una di Murillo al Museo provinciale di Siviglia.
venerdì 15 luglio 2011
JOHN BALL
VITA John Ball è nato a St. Albans, in Hertfordshire. Divenne il prete della chiesa di St James in Colchester. John Ball credeva fosse sbagliato che in Inghilterra alcune persone fossero troppo ricche, mentre altre fossero troppo povere. I sermoni pronunciati in chiesa da Ball, che criticavano il sistema feudale, fecero arrabbiare il suo vescovo, così nel 1366 fu rimosso dal suo ruolo nella chiesa di St James.
A quel punto John Ball cominciò a viaggiare ed a pronunciare sermoni nelle chiese locali. Mentre predicava a Norfolk, il Vescovo di Norwich ordinò il suo imprigionamento. Dopo essere stato rilasciato, cominciò a girare le contee di Essex e Kent. Quando l'Arcivescovo di Canterbury lo venne a sapere, ordinò che a John Ball non sarebbe stato più permesso di predicare in chiesa. John Ball cominciò a pronunciare le sue orazioni sui prati al centro dei villaggi. L'arcivescovo di Canterbury ordinò che chiunque fosse trovato ad ascoltare i sermoni di John Ball sarebbe stato punito. Neanche questo provvedimento riuscì a fermare John Ball; così fu deciso di arrestarlo e di trasferirlo alla prigione di Maidstone.
Il 7 giugno 1381 Ball fu liberato dalla prigione di Maidstone dai ribelli comandati da Wat Tyler. Dopo il saccheggio del palazzo dell'Arcivescovo di Canterbury, i ribelli cominciarono la loro marcia su Londra. Quando i ribelli giunsero a Blackheath, fu stimato che l'esercito di Wat Tyler fosse composto da circa 30 000 persone. Ball era con Tyler quando portò avanti le negoziazioni con Riccardo II a Mile End il 14 giugno. Il giorno seguente Tyler fu ucciso da William Walworth ed i ribelli, in seguito alla concessione di uno statuto da parte del re, accettarono di abbandonare Londra.
Un esercito, comandato da Thomas di Woodstock, fratello più giovane John di Gaunt, fu mandato nell'Essex per reprimere i ribelli. Una battaglia tra i contadini e l'esercito del re si svolse vicino al villaggio di Billericay il 28 di giugno. L'esercito del re aveva esperienza ed era ben armato, così i ribelli furono facilmente sconfitti. Si stima che oltre 500 contadini siano rimasti uccisi durante la battaglia.
Re Riccardo cominciò ad ispezionare con un vasto esercito i villaggi che avevano partecipato alla ribellione. In ogni paese, alla gente veniva promesso che non avrebbero subito ripercussioni se avessero fatto il nome di chi li aveva incoraggiati ad unirsi alla ribellione. Le persone denunciate come agitatori furono giustiziate.
Gli ufficiali del re furono incaricati di cercare John Ball. Fu catturato a Coventry. Giudicato colpevole di alto tradimento, John Ball fu impiccato, tirato giù e smembrato il 15 luglio 1381.
IL MESSAGGIO di John Ball in un sermone del 1377: <
domenica 10 luglio 2011
CATERINA CORNARO
Caterina Cornaro (o meglio Caterina Cornèr) nacque a Venezia nel 1454 da antica e nobile famiglia, i Cornèr, una delle dodici casate tribunizie, il cui nome sembra derivare dalla "Gens Cornelia".
Figlia di Marco Cornèr fu educata a Padova e divenne famosa per la sua bellezza.
A Venezia, tra il Quattro ed il Cinquecento, due sono le figure femminili più in vista del patriziato: Bianca Cappello, Granduchessa di Toscana, e Caterina Cornaro. Fra le due, la prescelta da dare in sposa a Jacques II° di Lusignano, è Caterina, nata da una numerosa ed antica famiglia che aveva grandi interessi economici nell'Isola di Cipro, e vantava da parte di madre una parentela con la dinastia imperiale bizantina dei Comneno.
E' chiaramente un matrimonio di convenienza sia per i Cornèr, ai quali una figlia regina conferiva una posizione di altissimo privilegio sociale, che per il Re, che era nato illegittimo e che temeva gli intrighi della legittima pretendente Carlotta di Savoia.
Inoltre, tra gli interessi che i Cornèr avevano nell'Isola di Cipro, c'erano le proprietà di canna da zucchero, di cotone, di lino, di canapa e di grano. Altri Cornèr, detti Psicopio, erano anch'essi presenti nell'Isola fin dall'inizio del XIV° secolo e possedevano vasti terreni tra cui il grande feudo di Episkopi.
Nel 1468, lo zio Andrea, intimo amico del Re di Cipro, il trentenne Jacques II° di Lusignano, combinò dunque il matrimonio di Caterina con costui, promettendogli in pegno la protezione di Venezia. Ciò perchè il Lusignano, pur essendo figlio di Jean II° (appartenente ad una dinastia di crociati originari del Poitou e che portava anche il titolo di Re di Gerusalemme, anche se ormai sotto il completo dominio musulmano), era avversato da altri eredi, che gli contestavano il diritto al trono.
Il fidanzamento avvenne a Venezia nel luglio del 1468, durante una fastosa cerimonia, alla presenza del rappresentante dello sposo, l'ambasciatore Filippo Mistahel. A Caterina, dichiarata dal Senato veneto "figlia adottiva della Repubblica" - onore mai tributato a nessuna donna prima di lei - fu assegnata una dote di 100.000 ducati d'oro; inoltre la famiglia Cornèr acquistava diritti e privilegi sulle città di Famagosta e di Cerines.
Ma fu solo nel 1472 che Caterina venne condotta a Cipro, dove a Famagosta furono celebrate nozze sontuose.
Jacques II° (Re Zaco, per i veneziani) morì tra il 6-7 luglio 1473 a causa di una strana malattia dovuta ad uno strapazzo di caccia, poco prima della nascita del suo erede Jacques III°, che a sua volta morì l'anno successivo di febbri malariche.
Questo fece sì che l'intera eredità dei Lusignano passasse nelle mani della Regina Caterina.
Subito dopo la morte di Jacques II° a Famagusta scoppiò una sommossa, fomentata da più parti per sostituire a Caterina l'erede "legittima" Carlotta, figlia di Janus II, sorella di Jacques e maritata a Ludovico di Savoia.
A questo punto Venezia intervenne dirigendo la politica di Caterina, che governò su Cipro assistita da un Consiglio di Reggenza, dallo zio Andrea Cornèr e da due cugini.
A Cipro tra i poteri dei Rettori, c'era anche quello di nominare il Visconte di Nicosia, scelto tra la nobiltà feudale dell'isola per esercitare funzioni giudiziarie ed amminstrative. Sottoposto a lui era il "mathessep", un funzionario eletto dal popolo per controllare pesi, misure e prezzi delle merci, oltre che per svolgere compiti di polizia. Portava come insegna d'ufficio, un bastone argentato. Siriani maroniti e copti avevano un giudice di prima istanza per le loro liti, il "rais", arabo di nome, ma per lo più occidentale (franco, come si diceva) di discendenza. Dopo la presa del potere da parte di Venezia, la nobiltà cipriota si trovò comunque irreggimentata nel Maggior Consiglio dell'Isola formato da 145 membri, nel quale i patrizi veneziani che si erano stabiliti a Cipro sedevano di diritto.
Il 14 novembre dello stesso anno (1473) un gruppo di nobili catalani, con alla testa l'Arcivescovo di Nicosia, penetrava nel Palazzo Reale e nella stanza stessa della Regina assassinava lo zio Andrea, il cugino Marco Bembo, il medico ed un domestico.
Caterina rimase rinchiusa e guardata a vista dopo essere stata costretta a consegnare i soldi ed i gioielli ed il sigillo di Stato.
I ribelli intendevano far sposare la piccola "Zarla" (Carlotta), figlia naturale di Re Jacques II° ad Alfonso d'Aragona, figlio di Ferdinando Re di Napoli, costringendo Caterina ed il figlio neonato Jacques III° a cedere i suoi diritti di Re.
Cipro. La sommossa
Ma Venezia, come da accordi, reagisce decisamente. Il 23 novembre, dieci galee agli ordini del Provveditore Vettor Soranzo sono a Famagosta e la flotta agli ordini del capitano Generale Pietro Mocenigo è sul piede di guerra. Truppe veneziane da sbarco occupano rapidamente la città ed i congiurati si danno alla fuga. Il Senato ordina che da ora in poi la Regina venga affiancata da un Provveditore e da due Patrizi veneziani come Consiglieri, che le truppe siano agli ordini del Provveditore e che guarnigioni veneziane presidino Famagosta e Kyrenia. Nessuna decisione però dovrà essere presa senza l'assenso della Regina e soltanto i suoi stendardi potranno sventolare dalle fortezze. Ai nobili ciprioti si dovrà dare l'impressione di essere partecipi al potere.
Regina di nome, Caterina , lo è sempre meno di fatto.
Gli onori non le mancano, ma è isolata perchè il padre Marco Cornèr, che le era stato vicino a Cipro, è morto a Venezia e la madre Fiorenza Crispo ha lasciato l'Isola.
Il 21 febbraio 1487 il Senato veneziano decide che il Regno di Cipro venga annesso ai domini della Serenissima. Il Consiglio dei Dieci viene incaricato dell'esecuzione della delibera, anche perchè gli intrighi di Alfonso d'Aragona, che non si è ancora rassegnato, inquietano ancora il Consiglio.
Il 28 ottobre 1488, i Dieci ribadiscono l'ordine al Capitano Generale Francesco Priuli di ricondurre Caterina a Venezia, pur blandendola dapprima, ma anche minacciandola poi, se necessario. In caso di rifiuto avvertirla che sarebbe stata trattata da ribelle e che le sarebbe stato tolto il ricco appannaggio. Nello stesso tempo ordinano a Giorgio Cornèr, fratello di Caterina, di raggiungere il Capitano Generale a Cipro e di esercitare tutta la sua influenza per convincere la sorella ad abdicare in favore della Serenissima. Giorgio non trova la sorella disposta all'obbedienza e deve passare alle minacce avvertendola che sarebbe sopraggiunta l'Armata veneziana perdendo in tal caso tutti i vantaggi che ne sarebbero derivati per la loro famiglia se invece avesse accettato. Così riuscì a convincerla.
Il 26 febbraio 1489 a Famagosta, dopo un solenne "te Deum", la bandiera dei Lusignano viene ammainata e sale il gonfalone di San Marco. La cerimonia viene ripetuta, alla presenza della Regina, in tutte le città cipriote, compresa Nicosia.
Il 18 marzo, vestita di nero, la Regina lascia per sempre l'isola di Cipro.
Venezia fu generosissima con sua "figlia" tributandole un'accoglienza memorabile il 6 giugno 1489. C'era anche il Bucintoro, dove Caterina prese posto vicino al Doge, Agostino Barbarigo. Dopo un forte temporale, ma di breve durata, il corteo, accompagnato dal suono delle campane si recò in processione nella Basilica di San Marco dove venne celebrato un solenne pontificale e dove Caterina rinnovò la rinuncia alla corona di Cipro in favore della Serenissima.
Da allora ogni anno il 5 di settembre a Venezia si festeggia con la Regata Storica a ricordo dell'accoglienza riservata alla Regina di Cipro.
Seguirono poi sontuose onorificenze date anche al fratello Giorgio per la sua opera di persuasione ed i banchetti durarono ben tre giorni.
Ma il Senato fece ancora un sontuoso regalo a Caterina conferendole la Signoria di Asolo con il permesso di mantenere il titolo di "Reina de Jerusalem Cypri et Armeniae". Asolo era una piccola signoria, ma molto bella: una cittadina della Marca trevigiana comprensiva anche di trentatrè villaggi.
Il 10 ottobre 1489, nel suo viaggio da Venezia ad Asolo, l'ex regina incontrò nei pressi di Treviso due ambasciatori asolani, che le recarono il primo saluto della comunità. Caterina ricevette poi l'omaggio del Podestà di Asolo e di illustri concittadini. All'arrivo, la sera dell'11 ottobre, alla presenza di circa quattromila persone accorse per vederla, la Cornaro fu ricevuta sul piazzale della cittadina dalle Autorità e poi si recò nel Duomo per sentire il canto del "Te Deum". Il giorno seguente partecipò alla messa e poi ascoltò, sotto la loggia, il discorso di benvenuto pronunciato dal giurista e letterato asolano Taddeo Bovolini.
Altri festeggiamenti vennero fatti il mese seguente: il 9 novembre ci fu ad Asolo una giostra, cui parteciparono i gentiluomini della cittadina.
Caterina era giunta ad Asolo accompagnata da una piccola corte (un cappellano cipriota, i suoi due segretari, un medico, due cancellieri ed un maggiordomo) e da nobili (Nicolò Priuli, podestà in Asolo dal 1489 al 1497, e Filippo Cornaro, fratellastro di Caterina, che diventerà cancelliere regio in Asolo).
Stabilitasi ad Asolo, Caterina strinse ben presto legami di amicizia e politici con gli esponenti più in vista delle famiglie asolane e richiamò attorno alla corte asolana letterati famosi, come Pietro Bembo, futuro Cardinale, che qui ambientò "gli Asolani", Luigi da Porto, Andrea Navagero ed altri meno illustri.
Caterina regnò per 20 anni con il suo seguito nel Palazzo Pretorio, oggi sontuoso castello di origine medioevale che conserva la torre dell'orologio, la torre mozza e la sala delle udienze della Regina.
Amava anche molto la sontuosa villa che si era fatta costruire vicino ad Asolo, ad Altivole, che il Bembo aveva battezzato per Lei "il Barco" (il fienile, il pagliaio), luogo di delizia e di caccia.
La Cornaro trascorreva il suo tempo tra opere pie: i benefici e le donazioni a favore di parenti, di amici e della chiesa di Asolo; le prediche del beato Bernardino da Feltre, nel maggio del 1492; le elargizioni, nel 1505, di granaglie fatte arrivare da Cipro per il popolo asolano colpito da carestia.
lstituì un Monte di Pietà, e non trascurò le attività mondane come le nozze della fedele damigella Alvisa con Floriano de' Floriani nel castello di Asolo nel 1494.
Fra le cose notevoli di questo periodo, non va dimenticato il "teler dei Miracoli della Croce" di Gentile Bellini che mostra Caterina, circondata da dame con il seno stretto in un farsetto molto scollato e intessuto di gemme, con un'acconciatura molto ricca portata anche dalla bambina che la accompagna, probabilmente una nipote e che Caterina tiene accanto a sè con gesto protettivo. Caterina avrebbe voluto che questa bimba venisse accasata col Re di Napoli, sotto la sorveglianza dell Repubblica. Ma il Papa non ne volle sapere temendo, con ragione, che la protezione preludesse ad un'annessione come era già avvenuto per Cipro e mandò a monte il matrimonio.
La seconda nipote Bianca divenne invece l'amante di Francesco de' Medici, ottenendo anche il titolo di Granduchessa e figlia della Repubblica di Venezia. Fece però una brutta fine, avvelenata, essendo invisa al Cardinale Ferdinando, che diventato Granduca, farà anche"espellere" i resti dell'"Avventuriera" dalle tombe medicee in San Lorenzo.
La passione teatrale diventerà nel tempo una delle caratteristiche della società e della civiltà veneziana. Ai primi del '500, il Consiglio dei Dieci, aveva veramente guardato di cattivo occhio il moltiplicarsi delle rappresentazioni di opere teatrali classiche e no. "Siano del tutto bandite" era stato ordinato il 29 dicembre 1508. Il Consiglio si era messo in allarme per il clamoroso successo delle recite di Plauto e di Terenzio messe in scena dall'attore-regista Francesco Nobili da Lucca, detto Cherea. Il 23 settembre 1507 erano stati recitati, nel palazzo di Caterina i "Menechmi" di Plauto, tradotti in italiano. La norma repressiva fu ben presto disattesa: essere membri di una Compagnia della Calza era diventata cosa elegante e così anche il fratello di Caterina Giorgio e il Doge Andrea Gritti avevano fatto carriera, divenuti soci della stessa Compagnia. C'erano 23 compagnie, alcune delle quali, col tempo, avevano abbandonato l'uso della Calza come insegna. L'istituzione scomparirà nel 1565.
Caterina andava spesso a Venezia, non troppo distante da Asolo.
Frequentava anche la magnifica villa del fratello Giorgio a Murano, considerato elegante luogo di villeggiatura per tutto il cinquecento. Qui nel 1493 Caterina ospitò Isabella d'Este Gonzaga, Marchesa di Mantova e poco dopo Beatrice Sforza, Duchessa di Milano. In questa villa, l'umanista Andrea Navagero piantò un raro giardino botanico, il primo in Europa.
Ugualmente a Venezia riceveva splendidalmente i suoi ospiti nel Palazzo sul Canal Grande, che Giorgio aveva messo a sua totale disposizione dopo la morte della madre.
Un ulteriore possedimento era a San Cassiano, dove la Regina di Cipro, aprì le sale del suo palazzo per festeggiare matrimoni di nipoti con dame e gentiluomini di nobile lignaggio, come le nozze del nipote Filippo Cappello con Andriana Marcello.
La salute di Caterina diventa nel frattempo precaria: il 18 maggio 1508, è colpita da un "gravissimo mal di colico".
Nel 1509, all'inizio della guerra della Lega di Cambrai, all'avanzare delle truppe imperiali di Massimiliano, Caterina riparò a Venezia. Qui la Cornaro ricevette gli ambasciatori da Asolo, che le attestano il profondo legame ed affetto del popolo della cittadina.
Forse non del tutto dimentica del suo passato di Regina, Caterina intrattiene ancora rapporti con Cipro, come rivela un documento del Consiglio dei Dieci, datato 3 aprile 1510, in cui viene diffidata dal compiere azioni per riconquistare il regno perduto, e si incarica il fratello Giorgio di vigilare sulla sua condotta. Forse a seguito di questo ammonimento Caterina ritorna ad Asolo, ma per poco tempo, perchè le truppe tedesche ricompaiono al Barco di Altivole e così, non sentendosi più sicura, tornò sempre più ammalata ed indebolita, a Venezia dove morì tra il 9 e 10 di luglio 1510.
Il torrido mese di luglio 1510 privò Caterina Cornèr della pompa funeraria che Lei, così attaccata alle prerogative della regalità, avrebbe probabilmante desiderato. La Repubblica aveva fatto di tutto perchè i suoi funerali riuscissero solenni, col cataletto coperto di restagno d'oro e con una delle corone d'oro conservate nel tesoro di San Marco sulla bara. Ciò per ricordare a tutti il suo rango, col Patriarca di Venezia e molti vescovi a cantare la messa e ad impartire assoluzioni e con un ponte di barche gettato sul Canal Grande perchè la salma, dopo l'ufficiatura nella Chiesa di San Cassiano, venisse portata processionalmente nella Chiesa dei Santi Apostoli, dov'era la tomba di famiglia. Ma mancava il Doge Leonardo Loredan, dichiaratosi indisposto e non c'erano anche tutti i notabili che avrebbero dovuto essere presenti. Il dono di Cipro era ormai cosa del passato e non erano molte le personalità che volevano seguire il vicedoge Alvise Priuli, vestito di scarlatto, a scorta dell'ultima Regina di Cipro.
Il testamento di Caterina fatto dieci anni prima non era mai stato cambiato. Le vicissitudini l'avevano attaccata ancora di più alla famiglia d'origine. Suo erede universale era dunque stato nominato il fratello Giorgio, capo di casa, cui venivano lasciati il Barco e tutti i beni presenti e futuri della Regina.
Il 2 agosto 1527 si celebrarono anche le esequie del Cavaliere e Procuratore, il ricchissimo Giorgio Corner, fratello di Caterina. Il testamento fu un atto importantissimo. Egli aveva stabilito una spesa di 1000 ducati all'anno fino a quando fossero terminati i monumenti funebri di Caterina e del figlio Cardinale nella Chiesa di San Salvador in Venezia. In tale chiesa sono tuttora visibili anche le loro lapidi. Il Barco di Altivole e la villa di Caterina furono destinati al figlio primogenito Giovanni Cornèr.
La vicenda dell’infelice regina di Cipro, spodestata dal trono e confinata nel castello di Asolo, fu resa popolare nella tragedia di Scribe e musicata nel 1841 da Fromental Halevy, nel 1842-1843 da Donizetti e nel 1846 da Pacini.
L'Isola di Cipro rimase in mano veneziana fino alla sconfitta con i Turchi del 1571 con la caduta di Famagosta.
lunedì 4 luglio 2011
Come inventare una santa:Santa Zoe
Martire del III secolo
Negli atti di San Sebastiano, il valoroso cavaliere cristiano messo a morte dagli arcieri dell’imperatore, si legge a un certo punto il nome di Zoe, sposa del beato Nicostrato, la quale prima che il santo cavaliere venisse trafitto dalle frecce, fu messa a morte dai persecutori pagani.
La Leggenda Aurea, ripetendo quell’episodio della vita di San Sebastiano, racconta:
« Predicando queste cose e altre simiglianti, Zoe, la moglie di Nicostrato, ne la cui casa i santi erano a guardia, la quale aveva perduta la favella, li si gettò à piedi e con cenni domandava perdonanza. Allora Sebastiano disse: "Se io sono servo di Cristo, e se vere sono tutte quelle cose che questa femmina ha udite de la bocca mia e credutele, quelli apra la bocca sua, il quale aperse la bocca di Zaccaria profeta". A questa boce gridoe la femmina, e disse: a Benedetto sia il sermone che è uscito de la bocca tua, e benedetti sono quelli che credono a tutto quello che tu hai parlato; però che io vidi l’angelo che tenea il libro dinanzi a te, dov’erano scritte tutte queste cose che tu hai detto" ».
Zoe il nome della donna muta guarita e convertita da San Sebastiano, è termine greco, e significa, come l’ebraica Eva, « la vita ». Un nome quindi quasi simbolico, che non poteva mancare nel calendario cristiano, a costo d’inventarlo apposta.
Ciò che è successo, presso a poco, nel caso di Santa Zoe. C’è infatti un particolare da notare: gli Atti di San Sebastiano nei quali viene fatto il nome di Zoe sono apocrifi, cioè quasi certamente falsi. Un antico compilatore di Martirologi, prendendoli per buoni, ne ha estratto il nome di Zoe, con l’attributo di Santa e la qualifica di Martire.
Ma il nome non bastava. Bisognava dare alla donna un passato, possibilmente colorito, e una passione, possibilmente drammatica. Ed ecco la storia della moglie di Nicostrato, funzionario imperiale incaricato della custodia di San Sebastiano; della perdita della parola e della prodigiosa guarigione, che il Beato Jacopo da Varagine ha rinarrato, nella sua Leggenda, nei termini che abbiamo letto.
Alle miracolose parole di San Sebastiano si converte, come abbiamo sentito, Santa Zoe; e dietro Zoe si converte il marito Nicostrato. La storia della Santa dal nome stesso della vita seguita poi a lieto fine, cioè si conclude con la morte gloriosa. Mentre prega sulla tomba di San Pietro, durante la persecuzione di Diocleziano, Zoe viene arrestata e imprigionata.
Finalmente viene sospesa per i capelli ad un albero, sotto il quale viene acceso un fuoco. Muore così, non tra le fiamme, ma per il fumo, con un supplizio che meriterebbe davvero, ai persecutori pagani, uno dei primi premi di raffinata crudeltà.
Non è però per la morte affumicata che Santa Zoe - figura così bene inventata da parer vera - è restata viva alla devozione popolare. Piuttosto per il prodigio operato su di lei da San Sebastiano, che l’ha fatta considerare, con realistica venerazione, protettrice nelle malattie della lingua. E viene festeggiata oggi, oppure il 18 di giugno.