Un antico futuroIl Bioregionalismo e le sue radici nella Civiltà neolitica dell'Antica Europa (7000 – 3500 a.C.)
«Gaia newsletter» - Rete Bioregionale Italiana - Marzo 2000
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«La Terra è una Dea»
(Senofonte, IV sec. a.C)
(Senofonte, IV sec. a.C)
Sommario
- Prefazione: Le nostre radici profonde
- Il bioregionalismo e la crisi del pianeta
- L'Antica Europa e il culto della Dea: quando Dio era una donna…
- Marjia Gimbutas e la visione universale della cultura della Grande Dea (*)
- Immagini e simboli dell'Antica Europa
- Che cosa ci insegnano a scuola?
- Androcrazia e gilania
- Dalla teoria del caos una nuova speranza
- Antichi popoli delle foreste: dalla Germania alla Bioregione della Bassa Valle del Tevere
- Un antico futuro: il ritorno ad una società gilanica
- Appendice 1: Proclamazione delle quattro cose sacre
- Appendice 2: Ecologia profonda e bioregionalismo
- Appendice 3: Documento d'Intesa della Rete Bioregionale Italiana
- Appendice 4: L'altare della natura, un rituale bioregionale
- Bibliografia
Prefazione
Le nostre radici profonde
La maggior parte dei libri di
storia ormai ci parla con dovizia di particolari delle origini dell'uomo
e essenzialmente della cosiddetta Rivoluzione neolitica che iniziò circa 10.000 anni fa subito dopo la fine dell'ultima glaciazione.
Ci viene spiegato che le tecniche agricole,
l'allevamento, la ceramica, la tessitura, la metallurgia, provengono
tutte quante da quel periodo, insieme ai primi agglomerati urbani, vere e
proprie piccole città ben organizzate socialmente e economicamente e
ricche di testimonianze artistiche e religiose quasi sempre raffiguranti
divinità femminili o animali.
Però quando gli stessi libri cominciano a parlare delle
prime "civiltà" allora si saltano migliaia di anni e si arriva
velocemente a quelle dei Sumeri (3.000 a.C.), o dei Babilonesi (2.000
a.C.), tutte civiltà "guerriere", derivanti da guerre e invasioni che si
succedettero incessantemente per migliaia di anni. Insieme ad altre
come quella egizia o greca, sempre caratterizzate da divinità
principalmente maschili, queste grandi civiltà del passato sembrano
avere, loro sole, gettato le basi per le civiltà moderne come quella
occidentale. Guerre e invasioni vengono presentate come ineluttabili
mentre non ci si sofferma mai sul fatto che non ci siano testimonianze
di grandi guerre nel periodo precedente. Unica eccezione, in questa
fioritura di civiltà guerriere, quella cretese-minoica (XXIX-XV sec.
a.C.), una civiltà pacifica, senza fortificazioni intorno alle città,
una società operosa, raffinata, paritaria fra i sessi, dedita all'arte,
all'amore per la vita e alla celebrazione del principio femminile e del
sacro nella natura.
La civiltà minoica era ciò che rimaneva di un'antica civiltà ormai scomparsa, la civiltà dell'Antica Europa, la civiltà dei nostri antenati, le nostre radici. Una civiltà ugualitaria-mutuale sostituita spesso con la violenza e la sopraffazione da quella gerarchico-dominatrice che ancora caratterizza la società odierna. Ma come vedremo non tutto è andato ancora perduto.
Cosa sappiamo noi, per esempio, delle varie tribù,
tra cui in Italia quelle villanoviane, che nelle epoche successive del
bronzo o del ferro, popolarono l'Italia e l'Europa in genere e della
loro visione del mondo? Molto poco.
Normalmente la maggior parte degli archeologi fanno
esaustive quanto fredde esposizioni dei loro ritrovamenti e
difficilmente alle popolazioni e alle società neolitiche che pure
perdurarono per migliaia di anni, viene riconosciuta la giusta
importanza nella storia e nell'evoluzione della società umana. Forse
perché queste società agricole, pacifiche e ugualitarie che vivevano in
un rapporto di simbiosi sacra con la natura rappresentarono qualcosa di
troppo diverso dalla società attuale che tende ad annullare le
differenze e perdurare in un'ottica di controllo sia degli esseri umani
che della natura solo a favore di pochi?
Sembra difficile accettare questa tesi, però la si può
intuire solamente pensando all'accanimento messo nel medioevo, da una
società ormai dichiaratamente maschile, contro le donne -le cosiddette streghe-
che ancora erano portatrici di una cultura diversa, retaggio delle
antichissime tradizioni basate principalmente sull'armonia e rispetto
per Madre Terra.
Al giorno d'oggi se vogliamo sentire un popolo parlare
della sacralità della Terra e del rispetto dovutogli dobbiamo rifarci,
per esempio, alle parole dei nativi americani che però non sono i nostri
antenati e non parlano delle nostre terre, dei nostri miti e leggende e
non rappresentano le nostre radici tribali.
E chi pensa invece, per esempio, ai santuari legati al
culto dell'acqua e alle divinità ad essa collegate che in tutta Italia
si costruivano ancora in epoca etrusca nell'ultimo millennio a. C. o
agli sciamani delle tribù dell'Europa del Nord che ancora in tutto il
primo millennio d. C. popolavano le immense foreste germaniche o
scandinave? Questi popoli della foresta, anche se ormai popoli guerrieri
come gli etruschi, mantenevano ancora una visione del mondo ben diversa
dall'attuale e legata anch'essa al rispetto della natura, alla
sacralità della Madre Terra, alla tradizione neolitica.
Ormai nel 2000 d.C., dopo circa mille anni, e non sono
neanche tanti, i movimenti femministi, pacifisti e ecologisti di tutto
il mondo cosiddetto "civile", stanno recuperando l'antica saggezza. torna al sommario ^
Il bioregionalismo e la crisi del pianeta
«Il concetto bioregionale può essere descritto
come la visione di una società umana connessa alla geografia della
terra, come parte integrante della trama della vita, come il vivere e il
lavorare nel rispetto dei ritmi e dei cicli naturali di luoghi
specifici. Questi luoghi sono le bioregioni. La terra stessa è
organizzata in bioregioni, territori omogenei definiti per continuità di
paesaggio, di clima o di suoli, oppure dall'interezza di un bacino
fluviale, o dall'areale di piante e animali nativi, ma pure da culture
umane che in quel posto hanno saputo evolversi in senso di reciprocità
con l'ambiente circostante. Principalmente l'idea bioregionale ci
permette di vedere e affrontare i problemi sociali e ambientali da un
altro punto di vista. Essa considera il luogo in cui si vive, la propria
bioregione, non più come una entità materiale da sfruttare, per
l'esclusivo benessere dell'uomo, ma piuttosto come un insieme di esseri e
relazioni».
Giuseppe Moretti, Rete Bioregionale Italiana.
In questo fine millennio sia la
società capitalistica, sia ciò che rimane della società del cosiddetto
"socialismo reale", sia le società percorse da movimenti a carattere
religioso-integralista, stanno mettendo terribilmente in luce tutti i
loro limiti ambientali, sociali e economici. Il pericolo planetario di
una catastrofe nucleare, la guerra, l'inquinamento, l'ingiustizia
sociale, sono solo tra i più eclatanti aspetti che stanno lì ad
incrinare profondamente il mito di dominio e di sviluppo che sembrerebbe
abbia sempre guidato queste società di tipo gerarchico-dominatore nei
loro pensieri e nelle loro azioni.
Ma nella storia degli esseri umani e in particolare in
Europa, le cose sono andate sempre così? È proprio un destino intrinseco
delle società umane, dalle più semplici alle più complesse, generare
aggressività violenza e dominio nei confronti degli esseri umani stessi e
della natura? E cosa possono rappresentare attualmente movimenti
alternativi ecologisti come il bioregionalismo o anche il movimento per
la pace o il femminismo, rispetto allo spiegamento di forze culturali e
materiali messe in campo dalle società dominanti per mantenere invariata
la loro supremazia?
Per cercare una risposta a questi interrogativi e
ritrovare le nostre antiche radici europee, insieme alla saggezza dei
nostri antenati nativi, ecco quella che a prima vista potrebbe sembrare
solamente una bella storia ma che potrebbe servirci per dare un nuovo
significato alla nostra vita…
«Rivolgiamo il nostro ringraziamento alla terra
che ci dona la nostra casa.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento ai fiumi e ai laghi
che ci donano le loro acque.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento agli alberi
che ci donano frutti e noci.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento al sole
che ci dona calore e luce.
Tutti gli esseri sulla terra: gli alberi, gli animali,
il vento e i fiumi si donano l'un l'altro
così tutto è in equilibrio.
Rivolgiamo la nostra promessa di iniziare
a imparare come stare in armonia
con tutta la terra».
che ci dona la nostra casa.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento ai fiumi e ai laghi
che ci donano le loro acque.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento agli alberi
che ci donano frutti e noci.
Rivolgiamo il nostro ringraziamento al sole
che ci dona calore e luce.
Tutti gli esseri sulla terra: gli alberi, gli animali,
il vento e i fiumi si donano l'un l'altro
così tutto è in equilibrio.
Rivolgiamo la nostra promessa di iniziare
a imparare come stare in armonia
con tutta la terra».
Dolores La Cappelle, da Earth Prayers, 1991. torna al sommario ^
L'Antica Europa e il culto della Dea: quando Dio era una donna
C'era una volta una civiltà basata
su valori come il legame con la terra e la natura, l'equilibrio
ecologico, la pace, l'amore, la non violenza, l'uguaglianza fra i sessi,
la parità sociale e la spiritualità, una civiltà dove il profitto e il
progresso tecnologico erano investiti nel benessere comune, nelle arti e
nel godimento della vita. Le città, prive di fortificazioni, erano
costruite in base alla bellezza dei luoghi e alla ricchezza delle
risorse naturali locali. Il principio comune era l'amore per la vita in
tutte le sue manifestazioni animate e inanimate. Immaginate una società
che non conosceva la guerra, almeno non nel senso comune che oggi le
viene dato.
La profonda osservazione della natura nei suoi processi
ciclici e legati alla fertilità delle donne, degli animali e delle
piante, il porsi domande sull'origine della vita e il significato della
morte, portò le genti di questa civiltà a immaginare l'universo come una
madre onnidispensatrice nel cui grembo ha origine ogni forma di vita e
nel cui grembo, come nei cicli della vegetazione, tutto ritorna dopo la
morte per poi rinascere. La religione di questa civiltà, di tipo
matrilineare, fu quindi quella della Dea Madre, del principio femminile,
del rispetto e considerazione delle donne, sacerdotesse e capi clan. La
Dea aveva il potere di donare e sostenere la vita, quanto di portare la
morte ma anche la rinascita.
Il principio maschile aveva anche la sua importanza ed
era rappresentato dal figlio/amante della Dea; la loro unione era
simboleggiata dal rito del "matrimonio sacro". Alla mascolinità era
quindi associata, tra l'altro, l'energia della Terra e lo spirito
selvatico della natura e gli sciamani erano coloro capaci di entrare in
contatto con queste forze per operare rituali sacri e guarigioni.
Non stiamo raccontando una bella favola ecologista ma
approfonditi studi archeologici sulla civiltà agricola neolitica
dell'Antica Europa pre-indoeuropea come è stata definita dall'archeologa
lituana Marjia Gimbutas (Europa centro meridionale,
balcanica, bacino del mediterraneo). Una civiltà che con i limiti e
imperfezioni immaginabili per quel tempo così lontano dai nostri giorni,
vide i suoi albori all'inizio del Paleolitico superiore, circa 40.000
anni fa, con la comparsa dell'Homo sapiens sapiens e delle
prime pitture rupestri, per poi fiorire verso il 7.000 a.C. e perdurare
ininterrotta per circa 3.500 anni. In seguito l'evoluzione sociale e
spirituale di questa civiltà fu interrotta dalle invasioni di violente
popolazioni guerriere nomadi dedite alla pastorizia, provenienti
inizialmente dalle fredde steppe caucasiche dell'Est europeo e in
seguito da tutta l'Europa orientale e dai deserti dell'Asia Minore, come
per esempio le antiche tribù ebraiche guidate dai loro
sacerdoti-guerrieri. Queste genti, con una struttura sociale
patriarcale, adoratrici di bellicose divinità maschili e delle armi,
lentamente ma inesorabilmente travolsero anche con massacri e
distruzioni le pacifiche popolazioni locali. Nella protetta isola di
Creta questa antica civiltà, chiamata localmente Minoica, iniziata più
tardi rispetto al continente, circa verso il 3000 a.C., perdurò fino a
circa il 1500 a.C.
Tra i principali centri della civiltà dell'Antica Europa,
vere e proprie città con una tuttora invidiabile organizzazione e
influenza socio-culturale, ricordiamo †atal Hòyòk e Hacilar (nell'attuale Turchia), Vin¹a (Yugoslavia), Cucuteni (Romania), Gerico (Palestina) e la più conosciuta Cnosso (Creta). L'Isola di Creta fu forse l'ultimo luogo sul pianeta dove si celebrò l'armonia tra gli uomini e le donne.
In seguito varie popolazioni europee come i greci (che
parlavano sempre di una mitica "Età dell'oro"), gli etruschi, i celti e
le popolazioni nordiche in generale, presero molti spunti dalla civiltà
neolitica dell'Antica Europa. L'antica religione della Dea Madre non fu
mai del tutto soffocata ma alla società di tipo ugualitario-mutuale che celebrava la vita e la natura, se ne sostituì gradualmente un'altra di tipo gerarchico-dominatore
basata sulla violenza e la sopraffazione che vide innanzi tutto la
supremazia degli uomini sulle donne e sulla natura e che ancora
caratterizza principalmente le grandi società organizzate moderne come
quella occidentale. torna al sommario ^
Marija Gimbutas e la visione universale della cultura della Grande Dea
Queste nostre riflessioni derivano principalmente dagli studi di Marija Gimbutas autrice del libro: Il linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea Madre nell'Europa Neolitica, di cui riportiamo un passo essenziale:
«La celebrazione della vita è il motivo dominante nella ideologia dell'arte dell'Antica Europa [...].
La Dea era, in tutte le sue manifestazioni, il simbolo dell'unità di
tutte le forme di vita esistenti nella natura. Il suo potere era
nell'acqua e nella pietra, nella tomba e nella caverna, negli animali e
negli uccelli, nei serpenti e nei pesci, nelle colline, negli alberi e
nei fiori. Di qui la percezione mistica e mitopoietica della santità e
del mistero di tutto quanto è sulla Terra.
Quella cultura si deliziò dei prodigi naturali
di questo mondo. Il suo popolo non produsse armi letali, né costruì
fortificazioni in luoghi inaccessibili, come avrebbero fatto i
successori, anche quando conobbe la metallurgia. Invece costruì
magnifiche tombe-santuari e templi, comode abitazioni in villaggi di
modeste dimensioni e creò ceramiche e sculture superbe. Fu quello un
lungo periodo di notevole creatività e stabilità, un'epoca priva di
conflitti. La cultura di quel popolo fu una cultura dell'arte.
Le immagini e i simboli derivanti dalle ampie
testimonianze archeologiche di quel mondo antico affermano che la
cultura della Grande Dea1
partenogenetica dominò in Europa per tutto il Paleolitico e il
Neolitico e nell'Europa mediterranea per la maggior parte dell'Età del
Bronzo. La fase seguente, quella degli dei guerrieri, pastorali e
patriarcali, che o soppiantarono o assimilarono il pantheon delle dee e
degli dei, rappresentò una fase intermedia prima dell'era cristiana e
del diffondersi del rifiuto filosofico di questo mondo. Si sviluppò un
pregiudizio contro questa mondanità e con questo la ripulsa della Dea e
di tutto quello che aveva significato.
La Dea gradualmente si ritirò nel profondo
delle foreste o sulle vette delle montagne, e lì sopravvisse fino ai
nostri giorni nelle credenze e nelle fiabe. Seguì l'alienazione
dell'uomo dalle radici vitali della vita terrena, e i risultati sono ben
evidenti nella società contemporanea. Ma i cicli storici non si fermano
mai, ed ora vediamo riemergere la Dea dalle foreste e dalle montagne,
recandoci speranza per il futuro, e riportandoci alle nostre più antiche
radici umane».
Prière
Tant que les animaux
auront de quoi manger
et que tous les ruisseaux
pourront chanter
nous serons les amants
de notre Mère Terre
les forêts nous protègerons
l'hiver.
L'amour est si sacré
comme l'eau et la terre
les hommes et les fleurs
sont frères et soeurs.
Une loi nous unit
c'est le cosmos qui vit
harmonie des couleurs
paix dans mon coeur.
Tant que les animaux
auront de quoi manger
et que tous les ruisseaux
pourront chanter
nous serons les amants
de notre Mère Terre
les forêts nous protègerons
l'hiver.
L'amour est si sacré
comme l'eau et la terre
les hommes et les fleurs
sont frères et soeurs.
Une loi nous unit
c'est le cosmos qui vit
harmonie des couleurs
paix dans mon coeur.
Preghiera
Fino a quando gli animali
avranno da mangiare
e tutti i ruscelli
potranno cantare
saremo gli amanti
della nostra Madre Terra
le foreste ci proteggeranno
l'inverno.
L'amore è così sacro
come l'acqua e la terra
gli uomini e i fiori
sono fratelli e sorelle.
Una legge ci unisce
è il cosmo che vive
armonia dei colori
pace nel mio cuore.
Fino a quando gli animali
avranno da mangiare
e tutti i ruscelli
potranno cantare
saremo gli amanti
della nostra Madre Terra
le foreste ci proteggeranno
l'inverno.
L'amore è così sacro
come l'acqua e la terra
gli uomini e i fiori
sono fratelli e sorelle.
Una legge ci unisce
è il cosmo che vive
armonia dei colori
pace nel mio cuore.
Jacqueline Fassero, da: La Danza della Terra. torna al sommario ^
Immagini e simboli dell'Antica Europa
1) Statuetta di terracotta rappresentante la Dea delle acquee degli animali (Boezia, Grecia centrale, 700 a.C.). Il motivo a rete,
fondamentale nelle raffigurazioni del Paleolitico Superiore e nel
Neolitico dell'Antica Europa e in epoche successive, doveva essere un
simbolo dell'acqua della vita e sottolineava il potere della Dea di dare
la vita.
2) La Dea Uccello, protettrice della famiglia,
dispensatrice e sostenitrice della vita. Vita, morte e rinascita, la Dea
possiede l'energia cosmica dinamica rappresentata dalla linea tripla.
Il triangolo, simbolo della Dea Uccello sin dal Paleolitico Superiore,
ha il significato di fertilità. (Terracotta – Tessaglia, Grecia, inizio V
millennio a.C.)
3) Urna funeraria a forma di civetta – simbolo di morte.
Viso e seni sono caratteristici della Dea Civetta. La vulva simboleggia
il fatto che vita, morte e resurrezione sono inseparatamente unite.
Nella preistoria la civetta aveva anche qualità positive: profonda
saggezza, poteri profetici e capacità di allontanare il male. La sua
vista acuta faceva sì che i suoi occhi fossero considerati sacri.
(Terracotta, isola di Lemnos, Grecia, 3000-2500 a.C.)
4) Estensione approssimativa della prima civiltà europea
denominata "Antica Europa" (7000-3500 a.C.). L'Europa sud-orientale
(linea continua) fu il centro di questa civiltà la cui espansione
culturale, prima delle invasioni indoeuropee, arrivò a comprendere quasi
l'intero continente (linea tratteggiata).
(Fonte: Marja Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Ed. Neri Pozza, Milano, 1989). torna al sommario ^
Che cosa ci insegnano a scuola?
Da Riane Eisler, autrice del libro: Il Calice e la Spada. La nascita del predominio maschile,
ci arriva una importante riflessione sul fatto che dopo la caduta della
civiltà dell'Antica Europa vennero alla luce le società, come quella
greca, che vengono celebrate nei libri di testo delle scuole e delle
università come capostipiti della società occidentale. Ma queste società
riflettevano ormai un modello sociale di tipo gerarchico-dominatore e
patriarcale dove non solo la Dea ma la metà femminile dell'umanità, le
donne, e i più deboli in genere dovevano essere sottomessi, al contrario
del precedente modello sociale ugualitario-mutuale. In quest'ultimo il
potere era visto come responsabilità -la responsabilità che ha la madre
verso il proprio figlio- e non come dominio e la tecnologia veniva usata
per aumentare il benessere comune e non per conquistare e dominare sia
gli altri simili che la natura.
Il poeta americano Gary Snyder ha sempre
affermato di voler recuperare nella sua poesia i valori del tardo
Paleolitico, tra cui la fertilità della terra, la magia degli animali e
anche il lavoro comune della tribù. Snyder in una sua intervista
intitolata: La grana delle cose, sostiene che il periodo
neolitico, durato migliaia di anni, fu un periodo di profonda stabilità,
benessere e vitalità per la razza umana, un periodo in cui si
impostarono le basi materiali e spirituali della civiltà occidentale.
Thomas Berry, gesuita, ecoteologo e
bioregionalista si spinge ancora più indietro nel tempo ricordando che
fu verso la fine dell'Era Cenozoica, diversi milioni di anni fa, quando
l'evoluzione naturale aveva portato il pianeta alla sua più splendida
espressione, che si palesarono le condizioni per la nascita del genere
umano. Fu proprio in un mondo di grandiosa bellezza che il modo di
vivere dell'uomo poté svilupparsi pienamente fino a percepire il divino
nella sua partecipazione al mistero della vita. La storia del pianeta e
del suo evolversi nell'universo, afferma ancora Berry, è la nostra vera
storia sacra e la consapevolezza di ciò la vera rivelazione. Come i
nostri antenati paleolitici e neolitici dobbiamo ritornare a sapere
ascoltare ciò che la Terra può insegnarci. È questo che in un suo
bellissimo libro: The Dream of the Earth, Berry ha definito come il sogno della Terra.
Ritornando al neolitico, Riane Eisler
afferma che l'agricoltura, l'allevamento, la tessitura, la ceramica, la
scrittura sono tutte una eredità di quel periodo e sicuramente inventate
dalle donne. Infatti, già nel Paleolitico, mentre gli uomini andavano a
caccia, le donne si occupavano dei figli e della tribù stessa,
all'inizio tramite la raccolta del cibo e la realizzazione dei primi
contenitori e infine, dal neolitico in poi, specializzandosi sempre di
più nei mestieri, fino a che, con l'arrivo del benessere materiale,
fiorirono anche le arti. Anche concetti come, per esempio, uguaglianza,
saggezza, giustizia erano associate a quel tempo alla femminilità. La
stessa "democrazia" greca può essere considerata come un retaggio dello
stile di vita della società neolitica dell'Antica Europa.
Anche la scienza moderna ci fa ricordare la visione neolitica dell'unità di tutte le cose grazie alla Teoria di Gaia (la Terra, pianeta vivente), da uno dei nomi dati dai Greci alla Dea. La teoria, formulata dal biochimico inglese James Lovelock
negli anni '70, afferma che tutte le forme di vita sulla terra assieme
all'atmosfera, oceani e suolo formano un sistema vitale complesso e
interdipendente.
A questo punto possiamo capire come l'unità con la natura,
cardine fondamentale del culto della Grande Dea dell'Antica Europa,
dovrebbe ancora oggi soddisfare la ricerca di spiritualità che invece
porta tanti occidentali ad allontanarsi dalle loro radici più profonde
per avvicinarsi, per esempio, alla spiritualità orientale come quella
buddista o alle culture dei nativi americani, spesso in modo
superficiale o, peggio ancora, consumistico. torna al sommario ^
Androcrazia e Gilania
L'attuale
modello sociale di tipo dominatore-patriarcale che ormai governa da
migliaia di anni gran parte del pianeta ebbe in passato, oltre le armi,
un altro mezzo altrettanto potente per affermarsi e ridurre sempre di
più il potere della Dea e di conseguenza quello delle donne per arrivare
alla loro sottomissione. Questo avvenne tramite la creazione di nuove
leggende, nuovi miti, nuove storie sacre che soprattutto con l'avvento
della scrittura furono tramandate e imposte con tutti i mezzi,
spirituali e materiali. Non è possibile in questa sede affrontare in
modo esaustivo questo argomento, basti però ricordare che in diversi
miti mediorientali la Dea fu uccisa, umiliata con uno stupro o divenne
moglie di un dio maschile, in Grecia la dea uccello europea divenne una
divinità guerriera (Atena), fino ad arrivare alla Bibbia dove la Dea non
è più neanche nominata e l'unica divinità presente è maschile.
Riane Eisler fa notare che la trasformazione della realtà
fra sistema mutuale e sistema dominatore è stata così radicale che
perfino le complesse lingue moderne non comprendono parole che possano
chiarire immediatamente la differenza fra i due sistemi. La Eisler,
mentre propone di continuare a definire il sistema dominatore, basato
sulla forza dell'uomo, come una androcrazia, dalle parole greche andros, "uomo" e kratos, "governato", per definire l'unica alternativa alla supremazia di una parte dell'umanità sull'altra propone il neologismo gilania, dalle parole greche gynè, "donna" e andros, "uomo". La lettera l tra i due ha il duplice significato di unione, dal verbo inglese to link, "unire" e dal verbo greco lyein o lyo che
significa "sciogliere" o "liberare" e cioè la liberazione delle due
metà dell'umanità dalle rigide gerarchie di dominio imposte dai sistemi
androcratici. torna al sommario ^
Dalla Teoria del Caos una nuova speranza
La consapevolezza che il sistema
attuale, il quale sembra ci stia portando inesorabilmente verso la
catastrofe, non è stato dettato né da Dio, né da qualche legge naturale
inesorabile ma solo da un modello di società di tipo dominatore che
sostituì circa 5.000 anni fa l'altro di tipo mutuale, fa pensare che la
storia potrebbe ancora invertirsi.
Sempre Riane Eisler spiega questa possibilità basandosi
sulla Teoria del Caos. Come per i sistemi naturali sembra che anche per
quelli sociali si possa pensare a punti di biforcazione (prendere una via anzichè un'altra) causati da periodi di crisi e controllati dai cosiddetti attrattori dinamici e dai loro possibili effetti replicativi.
Dunque circa 5.000 anni fa le invasioni dei pastori
guerrieri indoeuropei misero in crisi la società agricola neolitica
sedentaria, amante della pace e impreparata a questo evento che perdurò
per circa 1.500 anni e che incominciò in sordina con poche bande nomadi
armate -gli attrattori- prima di travolgere completamente le popolazioni
locali con un disastroso effetto replicativo.
La Eisler analizzando gli ultimi duemila anni di storia
del mondo occidentale e partendo quindi da una società in cui ormai
della Dea vi era solo un pallido ricordo, dove le donne avevano perso
completamente il loro potere e il modello sociale dominatore era ormai
da tempo affermato, trova diversi momenti storici in cui importanti
movimenti sociali si sono comportati come attrattori dinamici questa
volta indirizzati verso il ritorno dal sistema androcratico a quello
gilanico. Gesù e il primo Cristianesimo fino a circa il II sec. d. C., i
Trovatori nel XII sec., il Rinascimento nel XV e XVI sec.,
l'Illuminismo nel XVII e XVIII sec., il primo movimento femminista del
XIX sec. e attualmente ancora il movimento femminista (peraltro l'unico
movimento ad andare veramente al cuore del problema, la liberazione
delle donne dal dominio maschile), il pacifismo e l'ambientalismo
(insieme al bioregionalismo e al movimento dell'ecologia profonda,
aggiungiamo noi). In tutti questi movimenti la donna ha sempre ritrovato
la sua dignità fino alla prevalenza di valori cosiddetti dolci,
come amore, compassione e responsabilità, in genere associati alla
femminilità (caratterizzanti per esempio la figura di Gesù), su quelli
cosiddetti duri, come la forza e l'assenza di emozioni in genere associati alla mascolinità.
Molte volte nella storia queste spinte gilaniche sono
state purtroppo totalmente o parzialmente riassorbite dal sistema
androcratico ma l'attuale crescente numero di donne e uomini che si
impegnano per la pace, l'ambiente, la giustizia e l'uguaglianza sociale
fa sperare che, secondo le leggi del caos, avvenga la replicazione su
vasta scala di queste idee.
Vista la crisi ambientale, sociale ed economica del
pianeta, che specialmente nelle società di tipo occidentale è una
profonda crisi psicologica e spirituale, possiamo credere di essere oggi
in presenza di un nuovo punto di biforcazione e quindi nella
possibilità dell'affermarsi di un nuovo sistema sociale egualitario e
mutuale, una nuova scienza olistica, una nuova spiritualità. Dalla
competizione si dovrà passare alla cooperazione, dalla conquista
all'armonia con la natura, dal potere come gerarchia di dominio, al
potere come unione e responsabilità, risvegliando in noi, anche tramite
la creazione di nuovi miti e nuovi rituali sacri, quel sentimento di
gratitudine e di esaltazione della vita così evidenti nelle vestigia
artistiche del neolitico dell'Antica Europa.
Dea Divina Madre Natura,
che generi tutte le cose,
nutri la vita e riporti di nuovo il sole [...]
Custode del cielo e del mare [...]
(antica preghiera alla Dea) torna al sommario ^
Antichi Popoli delle Foreste: Dalla Germania alla Bioregione della Bassa Valle del Tevere
Una volta terminata l'Età Neolitica e Eneolitica o Età del Rame
(dal 7000 al 2000 a.C., -datazioni riferite anche in seguito all'area
europea) e affermatosi il nuovo sistema, le antiche idee non scomparsero
del tutto. Nell'Età del Bronzo (2000-700 a.C.) e nell'Età del Ferro
(700 a.C.-fine I sec. d.C.), successive integrazioni tra invasori e
sconfitti portarono sempre ad una parziale ma importante salvaguardia
della saggezza neolitica. Abbiamo già accennato alla società cretese e
agli influssi sul mondo greco e vediamo anche che ancora verso la metà
del primo millennio a.C., la società etrusca era paritaria nei rapporti
tra uomini e donne e possedeva un profondo rapporto sacro con la natura.
In Europa nei territori non raggiunti dalle legioni
dell'Impero Romano come Scandinavia, Germania centrosettentrionale e
parti della Britannia, l'Età del Ferro continuò per tutta l'epoca romana
e oltre e con essa il modello di società tribale basato sull'idea di
una interconnessione di tutti gli aspetti della realtà e sulla sacralità
della natura, animali, acque, foreste, pozzi, pietre… (queste a mio
avviso sono le radici profonde della moderna teoria sulle reti ecologiche).
Brian Bates, psicologo e antropologo inglese, autore del libro La sapienza di Avalon,
racconta dei nostri antichi antenati tribali del Nord Europa, i popoli
della foresta, e della loro profonda consapevolezza ecologica. Le sue
ricerche si basano fortunatamente su testi scritti da osservatori romani
come Tacito o da monaci cristiani che nell'Alto medioevo andarono a
convertire i cosiddetti pagani. Verso l'anno 1000, l'opera di
conversione era terminata, agli sciamani si sostituirono i sacerdoti
cristiani, i boschi sacri furono tagliati e sopra di essi costruite
chiese. I resoconti, i riti sacri in onore degli astri e della fertilità
della terra, i miti e le leggende di questi popoli tribali, non così
lontani da noi nel tempo, ci fanno comprendere quanto l'eredità della
saggezza neolitica sia ancora alla nostra portata di mano.
Ovviamente nella stesura di questo testo mi sono spesso
domandato cosa succedesse proprio nella regione dove io vivo, che chiamo
la Bioregione della Bassa Valle del Tevere. Sono riuscito a trovare
molte informazioni sul succedersi di popolazioni preistoriche
che dal Paleolitico Superiore popolarono questo territorio, fino alle
popolazioni e culture villanoviane e appenniniche dell'Età del Bronzo
che diedero vita, tra l'altro, alle genti sabine, latine, falische e
etrusche e infine al popolo romano. Ovviamente è stato molto difficile
sapere di più che il solito elenco di ritrovamenti di resti
archeologici, anche se qua e là affiorano notizie importanti come quella
di santuari legati al culto delle acque nella zona delle
cascate del fiume Aniene vicino alla città di Tivoli. Le notizie
sicuramente ci sono ma sono anche frammentate e prive di una visione
d'insieme che le ricolleghi alla civiltà dell'Antica Europa neolitica.
La brevità di questo testo non permette per il momento un
maggiore approfondimento di un argomento così significativo, ma poco
tempo fa un piccolo opuscolo dal titolo: La cultura appenninica
a Mentana, a cura di un gruppo archeologico locale, ha molto colpito la
mia attenzione. Ecco raccontato come vivevano, nelle foreste vicine a
dove abito, che si estendevano nella pianura e nelle colline tra i fiumi
Tevere e Aniene, intorno al 1500-1000 a.C., le popolazioni della media
Età del Bronzo, antichi agricoltori. Aratri di pietra, allevamenti di
pecore e capre, raccolta di frutti selvatici, ceramica2,
capanne e anche cerbottane, archi, orsi, cervi, lupi, buoi selvatici
insieme a resti di strumenti musicali e tanti altri particolari della
vita quotidiana di queste tribù, mi hanno fatto sognare e ricollegare
idealmente con i miei antenati.
Attualmente ciò che rimane delle grandi foreste locali di
un tempo è stato comunque preservato per sempre grazie alla istituzione
di due riserve naturali. Un riconoscimento dell'importanza
naturalistica e della sacralità di questi luoghi, così significativi per
la tutela dell'ambiente e per la memoria locale.
Preghiera per la grande famiglia
Gratitudine sia alla Madre Terra, che naviga attraverso
notte e giorno e al suo terreno: ricco, dolce, e raro
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine alle Piante, la foglia che guarda nel sole e trasforma
la luce e i peli esili delle radici; salde e ferme al vento e all'acqua;
la loro danza è dentro la spirale, nella grana che scorre
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine all'Aria, portatrice del volo del Rondone e del tacito
Gufo all'aurora. Respiro della nostra canzone
brezza di spirito chiaro
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine agli Esseri selvatici, nostri fratelli, maestri
che ci insegnano i segreti, le libertà, le vie; che fanno parte a noi
del loro latte; in sé compiuti, coraggiosi e vigili
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine all'Acqua, nuvole, laghi, fiumi e ghiacciai;
trattenuta o fluente; che in tutti i nostri corpi fa trascorrere
mari che sanno di sale
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine al Sole, che acceca, che palpita luce attraverso
i tronchi degli alberi, attraverso foschie, scaldando le caverne
dove dormono orsi e serpenti –colui che ci sveglia–
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine sia all'Immenso Cielo
che contiene miliardi di stelle –e va ancora al di là–
di là da qualsiasi potere e pensiero
eppure è dentro di noi –
nostro Avo lo Spazio
La Mente è sua Moglie.
sia così.
Gratitudine sia alla Madre Terra, che naviga attraverso
notte e giorno e al suo terreno: ricco, dolce, e raro
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine alle Piante, la foglia che guarda nel sole e trasforma
la luce e i peli esili delle radici; salde e ferme al vento e all'acqua;
la loro danza è dentro la spirale, nella grana che scorre
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine all'Aria, portatrice del volo del Rondone e del tacito
Gufo all'aurora. Respiro della nostra canzone
brezza di spirito chiaro
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine agli Esseri selvatici, nostri fratelli, maestri
che ci insegnano i segreti, le libertà, le vie; che fanno parte a noi
del loro latte; in sé compiuti, coraggiosi e vigili
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine all'Acqua, nuvole, laghi, fiumi e ghiacciai;
trattenuta o fluente; che in tutti i nostri corpi fa trascorrere
mari che sanno di sale
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine al Sole, che acceca, che palpita luce attraverso
i tronchi degli alberi, attraverso foschie, scaldando le caverne
dove dormono orsi e serpenti –colui che ci sveglia–
che nella nostra mente sia così.
Gratitudine sia all'Immenso Cielo
che contiene miliardi di stelle –e va ancora al di là–
di là da qualsiasi potere e pensiero
eppure è dentro di noi –
nostro Avo lo Spazio
La Mente è sua Moglie.
sia così.
(Gary Snyder, da una preghiera Mohawk) torna al sommario ^
Un antico futuro: il ritorno ad una società gilanica
Appare dunque chiaro che ritornare
ad una società mutuale, gilanica non significa il ritorno all'età della
pietra, nessuno vuole negare e rinunciare, per esempio alle conquiste
tecnologiche della civiltà moderna, sempre che queste siano usate per la
pace e il benessere comune e non per guerre, distruzione e dominio.
Quindi dato che non è possibile tornare indietro come possiamo andare
avanti?
Ancora Riane Eisler ci illumina con le sue parole:
«Il riallacciarsi alla precedente tradizione
spirituale del culto della Dea, collegata al modello mutuale della
società, è più che una riaffermazione della dignità e del valore di una
metà dell'umanità. E non è soltanto un modo di raffigurare i poteri che
regolano l'universo di gran lunga più sereno e rassicurante. Ci offre
anche un sostituto positivo dei miti e delle immagini che per tanto
tempo hanno manifestamente falsificato i più elementari rapporti umani,
dando più valore all'assassinio e allo sfruttamento che alla nascita e
allo sviluppo».
Abbiamo visto come circa 5.000 anni fa scomparve la
civiltà dell'Antica Europa, pacifica, egualitaria e centrata sulla terra
e come l'evoluzione sociale e spirituale delle sue genti fosse
bruscamente interrotta. Ma ora sappiamo che il sogno ecologista di una
società alternativa a quella attuale che vede nel bioregionalismo
-vivere in un luogo in armonia con la natura- una delle sue migliori
espressioni, affonda le sue radici nel neolitico europeo ed è già stata
una realtà. Questa consapevolezza, una vera e propria impronta nella
psiche umana lasciata dai nostri antenati nativi e tribali di quel
lontano periodo, continua ancora ad affiorare nei nostri sogni, miti e
archetipi e ci può dare la forza per cercare di riportare sul pianeta,
quanto nel luogo in cui viviamo, spiritualità ecologica, amore, pace,
giustizia sociale e equilibrio ambientale, in armonia con le energie
creatrici della natura. torna al sommario ^
Appendice 1
Proclamazione delle quattro cose sacre
La Terra è un corpo vivo e
cosciente. Come tante altre civiltà di tempi e di luoghi diversi dal
nostro, proclamiamo Sacre queste quattro cose: Aria, Fuoco, Acqua e
Terra.
Indipendentemente dal vederle come respiro, energia,
sangue e corpo della Madre Terra, oppure come doni all'umanità fatti da
un Creatore, o come simbolo dei sistemi interconnessi che reggono la
vita sul pianeta, sappiamo che nulla può vivere senza di esse.
Chiamare Sacre queste Cose è come dire che hanno valore
di per sé, al di là della loro importanza per l'uomo, e che esse stesse
assurgono a valori su cui misurare le nostre azioni, la nostra economia,
le nostre leggi e le finalità da noi perseguite. Nessuno ha il diritto
d'impadronirsene o di sfruttarle egoisticamente. Qualsiasi governo che
non sappia proteggerle diviene di per se stesso illegittimo.
Ogni persona, ogni essere vivente sono una parte della
vita della Terra, e perciò sono sacri. Nessuno di noi è superiore o
inferiore ad un altro. Solo la giustizia può assicurare l'equilibrio,
solo l'equilibrio ecologico può mantenere la libertà. Solo nella libertà
la Quinta Cosa Sacra che chiamiamo Spirito può fiorire fino a
raggiungere la sua più ampia diversificazione.
Onorare ciò che è sacro consiste nel creare le condizioni
in cui prosperino nutrimento, sostegno, habitat, conoscenza, libertà e
bellezza. Onorare il sacro consiste nel rendere possibile l'amore.
A questo ci impegnamo a dedicare la nostra curiosità, la
nostra volontà, il nostro coraggio, il nostro silenzio e la nostra voce.
A questo dedichiamo la nostra vita.
(Starhawk, da: La Quinta Cosa Sacra). torna al sommario ^
Appendice 2
Ecologia profonda e bioregionalismo
«Tutti gli umani una volta erano poeti.
Sognatori insieme e nella Terra.
Dobbiamo ritrovare la consapevolezza antica,
dobbiamo tornare ad essere ciò che eravamo».
Sognatori insieme e nella Terra.
Dobbiamo ritrovare la consapevolezza antica,
dobbiamo tornare ad essere ciò che eravamo».
(Barbara Mor)
Il filosofo cinese Lao-tsu
(VI sec. a.C.) ha affermato che non abbiamo bisogno di una grande
crescita bensì di una grande visione e di semplicità. Ebbene secondo
noi, come ecologisti, la grande visione è rappresentata dall'ecologia profonda,
la "deep ecology" del filosofo norvegese Arne Naess. L'ecologia
profonda sostiene la centralità della natura, della Madre Terra e non
più dell'uomo, ossia la pari dignità tra montagne, fiumi, mari, piante,
animali e esseri umani. Questa consapevolezza deve portarci a riprendere
coscienza di essere solo una parte del complesso mondo naturale e
riscoprire il lato selvatico della nostra mente. L'ecologia profonda non
afferma però nessuna novità ma parte dai saperi tradizionali popolari
(per esempio l'antica saggezza dei nativi americani o degli aborigeni
australiani) e dalle dimensioni spirituali dei popoli occidentali e
orientali.
Se l'ecologia profonda è la grande visione, la semplicità
di cui parla Lao-tsu può allora essere quella che è stata definita la
sua applicazione pratica, il bioregionalismo.
Vivere in un luogo, chiederci chi siamo, dove siamo,
praticare una vita ecologista nei suoi riflessi sociali, politici ed
economici all'interno di una comunità locale ma anche a casa propria,
con i propri cari, al lavoro, in ufficio, in ogni momento (the real work -il lavoro reale, come è stato definito dal poeta americano Gary Snyder).
Il nostro luogo è la nostra bioregione, intesa come un
organismo vivente definito da un'area dove prevale un'omogeneità di
clima, geologia, suolo, vegetazione, fauna e vita umana dovuta a secoli e
secoli di evoluzione morfologica, biologica e culturale.
Una bioregione può essere un bacino fluviale o una catena
montuosa e le sue dimensioni possono variare a seconda delle condizioni
naturali e culturali locali. Ognuno di noi vive all'interno di una
bioregione, in una situazione che può essere sia rurale che urbana, e lo
sforzo da fare è quello di ri-conoscerla, ri-trovarsi in essa come
nella propria casa e di questa conoscere tutte le potenzialità e le
risorse naturali, sociali e culturali, alla ricerca di un modo di vivere
sostenibile e locale in armonia con le leggi della natura e con tutti
gli esseri viventi. Peter Berg, uno dei fondatori del bioregionalismo, ha definito la bioregione come «tanto il terreno geografico quanto il terreno della coscienza».
Una società basata sui principi dell'ecologia profonda e
del bioregionalismo, una società ecocentrica, non più antropocentrica,
dovrebbe necessariamente partire da una condivisione di questi stessi
principi da parte della maggioranza dei suoi componenti, donne e uomini.
Ovviamente allo stato attuale delle cose in Italia, come nel resto del
mondo, ciò rimane una grande utopia. Questa utopia che potremmo definire
ecospirituale, possiede però una grande forza che scaturisce dal
riproporre una saggezza antica, uno stile di vita che ha funzionato sul
pianeta per migliaia di anni, dalle società dei cacciatori-raccoglitori
dell'età della pietra e del neolitico fino ai nostri giorni (infatti
funziona ancora con mille difficoltà tra le popolazioni tribali).
Bioregionalismo significa semplicemente vivere in un luogo in armonia con la natura,
saper celebrare la propria bioregione e i cicli naturali, sentirsi
parte della trama della vita come insegna anche l'ecologia profonda.
Noi vogliamo recuperare l'antica consapevolezza delle
popolazioni native e tribali e la vera dimensione spirituale dei popoli
occidentali e orientali, affiancandole ad un uso cosciente della
tecnologia al servizio dell'umanità e della natura per aiutare la vita a
riprodursi e non più per dominare il mondo. Imparare a ri-abitare la
Terra, il luogo dove viviamo, può servire per salvare noi stessi e la
biosfera.
(Tratto da Gaia newsletter - documenti, n.2, 1995)
La Terra esprime se stessa non in territori omogenei
ma in varie regioni differenti l'un l'altra.
Abbiamo solo bisogno di ascoltare
ciò che la Terra ci sta dicendo.
(Thomas Berry) torna al sommario ^
Appendice 3
Documento d'intesa della Rete Bioregionale Italiana
La bioregione è un luogo geografico
riconoscibile per le sue caratteristiche di suolo, di specie vegetali
ed animali, di clima, oltre che per la cultura umana che da tempo
immemorabile si è sviluppata in armonia con tutto questo.
Per bioregionalismo si intende la volontà di ri-diventare
nativi del proprio luogo, della propria bioregione. Possiamo fare tutte
le scoperte possibili, usare la tecnica, la scienza; possiamo andare
sulla luna e comunicare via satellite, ma alla base della nostra
sopravvivenza fisica, psichica e spirituale vi sono questi alberi,
queste erbe, questi animali, queste acque, questo suolo del luogo dove
viviamo. L'evoluzione sociale e tecnologica è ecologicamente compatibile
solo in "piccola scala", localmente, e se rimane ancorata ad una
visione olistica del sapere.
L'idea bioregionale consiste essenzialmente nel
riprendere il proprio ruolo all'interno della più ampia comunità di
viventi e nell'agire come parte e non a parte di essa, correggendo i
comportamenti indotti dall'affermarsi di un sistema economico e politico
globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura e sta
devastando, ad un tempo, la natura stessa e l'essere umano.
Il bioregionalismo si rifà ai principi ecocentrici,
riconoscendo che l'equilibrio ecologico esige una profonda
trasformazione nella percezione che abbiamo come esseri umani riguardo
al nostro ruolo nell'ecosistema planetario. Questa consapevolezza non è
qualcosa di completamente nuovo, ma affonda le sue radici negli antichi
saperi popolari (nativi americani, aborigeni australiani, ecc.) e nelle
grandi tradizioni spirituali occidentali e orientali.
Il modo più appropriato per iniziare a ri-abitare non è
attraverso leggi o regolamenti imposti, ma ponendosi in prima persona in
relazione al luogo in cui si vive: scoprendone i significati, gli
scambi, individuandone i contorni, dedicandosi ad attività sostenibili
con la propria bioregione.
Queste sono alcune delle prime cose da attuare e, in tale campo, siamo tutti apprendisti.
L'idea bioregionale punta ad inserirsi nelle pieghe della
società; per riuscirci, diverse possono essere le modalità, i linguaggi
e le forme, ma, al di là delle differenze, ciò che accomuna i
bioregionalisti è la consapevolezza di essere parte interdipendente di
un insieme senziente.
L'idea bioregionale è ispirata dai sistemi naturali
selvatici; per sua natura, pertanto, si esprime attraverso la forma
decentrata.
Nell'introdurre questo concetto, si richiede la
sensibilità di esporlo in modo che ogni persona, gruppo o realtà sociale
lo senta proprio e nel proprio luogo si organizzi per radicarlo.
(Rete Bioregionale Italiana, c/o Giuseppe Moretti, Via Bosco, 106, 46020 Portiolo – MN, e-mail: morettig@iol.it) torna al sommario ^
Appendice 4
L'altare della natura – un rituale bioregionale
I nativi americani usano il cerchio
di pietra per insegnare i cicli e i segreti della natura. Oltre alle
quattro stagioni, la divisione del cerchio può indicare i quattro punti
cardinali, Nord, Est, Sud, Ovest, e anche l'acqua, l'aria, il fuoco, la
terra e, al centro, lo spirito.
Ciascuno, in un angolo della sua casa, può creare con dei
sassolini un piccolo cerchio di pietra e orientarlo verso il nord. Per
completare il proprio altare della natura in ogni stagione si possono
deporre accanto al cerchio degli oggetti naturali tipici di ciascun
periodo come foglie, semi, fiori, frutti selvatici, erbe, e quant'altro
si ritiene rappresentativo del luogo dove si vive. torna al sommario ^
Bibliografia
- AA.VV, La Cultura Appenninica a Mentana, GAR Mentana.
- AA.VV., Rete Bioregionale Italiana, La Terra Racconta - Il bioregionalismo e l'arte di disegnare le mappe locali (a cura di S. Panzarasa), Ed. AAM Terra Nuova, Borgo S. Lorenzo (FI), 1998.
- Bates Brian, La sapienza di Avalon - Alle fonti del pensiero celtico, Ed. Rizzoli, Milano, 1998.
- Bates Brian, La via del Wird - alla scoperta degli antichi segreti della spiritualità celtica, ed. Mandala/Rizzoli, Milano 1998.
- Berry Thomas, Nello spirito dell'ecologia, in AAM Terra Nuova, luglio-agosto, 1997.
- Berry Thomas, The Dream of the Earth, Sierra Club, USA, 1990.
- Eisler Riane, Il Calice e la Spada - La nascita del predominio maschile, Ed. Pratiche, Parma, 1996.
- Gimbutas Marja, Il linguaggio della Dea – Mito e culto della Dea madre nell'Europa neolitica, Ed. Neri Pozza, Milano, 1989.
- La Bibbia di Gerusalemme, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1974.
- Lovelock J.E., Gaia: manuale di medicina planetaria, Ed. Zanichelli, Bologna.1992.
- Panzarasa Stefano, Un antico futuro - Le radici del bioregionalismo nella civiltà dell'Antica Europa, Lato Selvatico newsletter, n.7/19993.
- Snyder Gary, La grana delle cose, Ed. Gruppo Abele, Torino, 1987.
- Travers Julienne, La donna prima del patriarcato, in Donne e ragazzi casalinghi, Estate 1998.
- Starhawk, La quinta cosa sacra, Ed. TEA, Milano, 1996.
- Tacito, La vita di Agricola - La Germania, BUR/Rizzoli, Milano, 1998.
Gaia newsletter
Via Piedimonte s.n.c., 00018 Palombara Sabina (RM)
Tel. 0774/634303
e-mail: monti.lucretili@tiscalinet.it
Bioregione Bassa Valle del Tevere
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Note
*- La poesia Prière alla fine del paragrafo è anche una canzone e può essere ascoltata sul sito:
http://stage.vitaminic.it/fango.
torna al sommario ^
1- M. Gimbutas preferisce il termine
Grande Dea a quello di Dea Madre per indicare tutti i molteplici aspetti
legati alla Dea oltre a quello della nascita e cioè il sostenere la
vita, governare la morte, la rigenerazione, la fertilità della terra,
ecc. torna al testo ^
2- Spiega l'opuscolo che nelle decorazione
geometriche dei vasi d'argilla, ricorrono sempre motivi geometrici come
triangoli, zig-zag, serpentine, meandri e spirali. E' interessante
notare che questi erano i simboli tipici del culto della Grande Dea
neolitica di diverse migliaia di anni prima! torna al testo ^
3- Parte di questo testo è stato già pubblicato su Gaia newsletter n. 10/1998, 11/1999 e 12/1999, con il titolo: La Grande Dea. Altre parti sono apparse su AAM Terra Nuova, Mercurio, Letture S…consigliate, Donne e ragazzi casalinghi, Bullettin. torna al testo ^