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lunedì 31 maggio 2010



 

GINO BONICOLI:UN RICORDO CHE DURA ANCORA


 

88 anni fa l'assassinio nelle campagna pisana.Condannati gli esecutori del diciottenne comunista cascianese,sempre sconosciuti i mandanti assassini. La visita dei presidenti di Camera e Senato. Una lapide lo ricorda al Campo degli Eroi,sede dell Fondazione "Berti".


 


 

CASCIANA TERME ( Pisa) – Al tramonto di una giornata di 88 anni fa,in un piccolo borgo della Toscana,Bagni di Casciana (oggi Casciana Terme),un giovane comunista diciottenne,Gino Bonicoli rientrava a casa,nella campagna di Fichino,a pochi chilometri dal centro cittadino. Era stato in paese,con la sua bella coccarda rossa appuntata all'occhiello della giacca. Era un suo modo di esternare idee politicamente ben precise,anche se in modo quasi goliardico e scanzonato. Non era la prima volta. Qualcuno anche bruscamente glielo aveva fatto notare. Proprio quel giorno s'era aggiunta una minaccia. "Toglitela o t'ammazziamo". Gino non aveva dato peso alla cosa,conosceva quelli che lo minacciavano, gente di lì,pensava ad una battuta. Troppo giovane per ipotizzare che la violenza,ancor più acuita dalla politica dei tempi, potesse opprimere anche le idee.


 

S'incamminò dunque per quella strada di campagna,ignaro di cosa sarebbe stato per lui il futuro, di lì a poco. Aveva fatto tardi e la madre lo aspettava inquieta sull'uscio. Sapeva delle minacce e non vedendolo tornare stava in pensiero.


 

Aveva fatto caldo quel giorno e Gino camminava adagio,non aveva fretta,per lui la vita era tutta da vivere,con le proprie idee di giovane di campagna, che non amava i soprusi. Mancavano poche decine di metri a casa,dietro la curva, quando se li trovò davanti,tutti e tre.


 

Fu un attimo e gli saltarono addosso,uno tirò fuori un'arma e gli sparò in bocca. La madre sentì solo il rumore dello colpo. In un attimo presagì la tragedia,corse, a perdifiato,disperata. Lo trovò a terra,in una pozza di sangue. Gli assassini se ne erano già andati via. Fu silenzio tutt'intorno,tragico.


 

In un piccolo borgo,tutti sanno,nessuno parla e così ci volle molto tempo perché le indagini portassero alla identificazione dei presunti colpevoli. Ci fu un processo,che terminò con la loro assoluzione. La legge la fanno i vincitori ed in quel tempo (siamo nel 1922) non è difficile ipotizzarne le ragioni.


 

Solo a conflitto bellico finito, dopo tante difficoltà fu celebrato un secondo processo che si concluse con la loro condanna.

Sul luogo dell'agguato venne eretto un cippo a ricordo. Ma a risvegliare la memoria della gente, fu senz'altro la costruzione del "Campo degli Eroi",oggi sede della Fondazione "Angiolo e Maria Teresa Berti". Berti,cascianese di nascita,giornalista parlamentare e cittadino onorario di Casciana per atti di eroismo compiuti a favore della popolazione locale dopo i rastrellamenti nazisti nel 1944, creò nel 1984 una serie di 26 monumeti e lapidi per rammentare chi avesse dato la vita per la libertà di pensiero e d'azione.


 

Berti sapeva della vicenda e, proprio per le finalità cui si ispirava, dedicò una di queste alla figura di Gino Bonicoli. Il 26 maggio 1990,su espresso invito di Berti,venne a rendere omaggio il presidente della Camera dei Deputati, on.Nilde Iotti. L'anno successivo fu la volta del presidente del Senato, Giobanni Spadolini e via via nel tempo personaggi illustri e gente, tanta gente comune.


 

Proprio in questi giorni la Fondazione ha ricordato anche i trent'anni dal barbaro assassinio di Walter Tobagi (28 maggio 1980),il giornalista del Corriere della Sera e la visita appunto di Nilde Iotti.


 

Ricordando Tobagi e Bonicoli,come scrisse sul marmo Angiolo Berti,"Noti gli esecutori,non i mandanti assassini…"Ed il Campo degli Eroi è sempre là, sul poggio, a ricordare perché (è il suo motto) ,"L'oblio è colpa".


 

GIAN UGO BERTI


 

(riproduzione vietata)


BREVE STORIA DELL'ISLAM


 


 


 


 


 


 


 

Introduzione


 

Quasi tutte le religioni del mondo prendono il nome da quello del loro fondatore o da quello del popolo in cui esse hanno avuto origine. Per esempio, il cristianesimo è così denominato dal nome di colui che lo ha predicato, il Cristo; il buddismo, da Budda, il suo fondatore; lo zoroastrismo da Zoroastro; il giudaismo, la religione degli Ebrei, dal nome della tribù di Giuda. E così via.

Con l'Islàm è tutta un'altra cosa: esso non è associato a nessun uomo né a un popolo in particolare. Esso non è il prodotto di uno spirito umano, né si limita ad una comunità particolare. L'Islàm è una religione che ha per fine quello di suscitare e di coltivare nell'uomo la qualità e l'atteggiamento dell'Islàm.

Islàm è, in effetti, un attributo. Colui che lo possiede è musulmano, quale che sia la razza, la comunità, il paese o il clan cui egli appartiene. Secondo il Corano, il Libro Sacro rivelato al profeta Muhàmmad, l'Islàm è esistito in tutti i tempi, ed in mezzo a tutti i popoli sono vissuti uomini buoni e virtuosi che hanno posseduto questo attributo; essi erano e sono dei buoni musulmani.

Questi rilievi conducono, naturalmente, a porre questa domanda: che cosa significa la parola "Islàm"? Che cosa è un musulmano?

Islàm è una parola araba che significa sottomissione, obbedienza. Nel suo aspetto di religione, l'Islàm predica la sottomissione e l'obbedienza totali al Allah. Questo è il motivo della denominazione Islàm.


 


 

Storia


 

        E' la religione fondata da Maometto nei primi decenni del VII sec. La rivelazione dell'unicità, della sovranità e dell'onnipotenza di Allah (il nome arabo di Dio) fu comunicata a Maometto dall'arcangelo Gabriele. L'islamismo si presenta come restaurazione e rettifica della religione che Dio aveva rivelato ai profeti (Adamo, Abramo, Mosè, Gesù) e Maometto è l'ultimo e il più grande dei profeti stessi. L'islamismo è un monoteismo assoluto: Allah è l'unico Dio trascendente e onnipotente, clemente e misericordioso, causa unica e diretta della realtà. Gli uomini 'acquistano' le proprie azioni, che sono create da Dio. Tuttavia il Corano afferma la responsabilità umana: nel Giudizio finale gli uomini saranno destinati al paradiso o all'inferno in base alle loro scelte e alle azioni. Di fondamentale importanza è il valore della legge divina, e quindi l'obbedienza a Dio che, attraverso Maometto, ha fatto conoscere le norme cui attenersi in ogni aspetto della vita, nei rapporti con Dio ma anche nei rapporti tra uomo e uomo, nella politica, nel diritto, nell'igiene. Il libro per eccellenza è il Corano, che raccoglie i messaggi di Dio a Maometto. Il secondo libro è la Sunna (tradizione, prassi usuale del profeta), che raccoglie la tradizione autentica relativa alle parole e alla vita di Maometto. Poiché il Corano non contiene la soluzione di tutti i problemi pratici, il comportamento e l'insegnamento di Maometto, raccolti nella Sunna, assumono un valore esemplare per ogni credente. In base alla concezione islamica, in cui non c'è spazio per i sacerdoti e per i sacramenti, godono di altissimo prestigio i dottori della legge (muftì), i cui pareri in materia giuridica devono basarsi sui libri sacri. La sharia (legge) indica i cinque 'pilastri' o precetti irrinunciabili per ogni buon musulmano adulto: 1) la Shahada (professione di fede) è la formula coranica che introduce nella comunità islamica: «Non c'è alcun Dio all'infuori di Allah: Maometto è il suo profeta»; 2) la preghiera rituale (salat) da compiersi in cinque momenti fissi della giornata: il venerdì, a mezzogiorno, deve essere recitata nelle moschee più importanti; 3) "l'elemosina di legge", espressione della solidarietà islamica; 4) il digiuno del mese di Ramadan, che consiste nell'astenersi, dall'alba al tramonto, dal mangiare, dal bere e dall'avere rapporti sessuali; 5) il pellegrinaggio alla Mecca, da compiersi almeno una volta nella vita. Un ulteriore impegno per il credente è la "guerra santa" (gihad) contro i pagani che rifiutano la conversione (ma non contro i fedeli delle religioni monoteistiche: cristiani, ebrei e zoroastriani). Diffuso nel Medio Oriente e nell'Africa dagli Arabi, nel 661 l'islamismo conobbe il grande scisma tra Sunniti e Sciiti, mentre al suo interno si sviluppò la corrente mistica del sufismo. Oggi l'islamismo è, dopo il cristianesimo, la seconda grande religione mondiale con oltre 837.000.000 di praticanti.


 


 

Parloe cruciali


 

        Sciiti: denominazione di alcune sette musulmane sorte nel I sec. dell'Egira, durante le guerre civili per la successione al califfato. Gli Sciiti riconoscono Alì e i suoi discendenti in linea maschile come unici successori legittimi di Maometto e accettano solo la tradizione trasmessa da Alì. Essi non riconobbero quindi le dinastie abbaside e omayyade e sono in contrasto coi Sunniti.

Sunniti: seguaci della corrente ortodossa dell'islamismo che si proclamano i soli veri seguaci delle pratiche e del metodo di vita di Maometto. Essi riconoscono solo la tradizione trasmessa da Maometto ai califfi.

        Integralismo:
l'applicazione rigida ed esclusiva di una ideologia o di una religione, rifiutando il dialogo con le altre correnti di pensiero e politiche, così da modellare la vita sociale e le strutture civili e pubbliche sui principi di una ideologia. In campo religioso si parla anche di fondamentalismo (v. anche fondamentalismo islamico).

        Fondamentalisti islamici:
nel mondo islamico, i gruppi più integralisti sul piano religioso-politico, diffusisi soprattutto dopo l'instaurazione della Repubblica islamica in Iran nel 1979.


 


 

Le donne nell'Islàm


 

Il primo segnale d'allarme e' venuto dalle donne, prima ancora che l'ondata islamista assumesse le dimensioni che ha oggi raggiunto dal Marocco all'Egitto fino all'oriente passando attraverso le repubbliche islamiche dell'ex-Unione sovietica. Le donne non hanno solo lanciato l'allarme, ma si sono mobilitate, hanno combattuto e indagato un fenomeno che a molti appare come una crisi di crescita sulla via della modernizzazione, ma che per le donne, per la maggioranza delle donne che vivono in questi paesi, rappresenta una condizione inaccettabile.

La battaglia per la democrazia nel nostro paese - affermano - passa attraverso il riconoscimento dei nostri diritti, la nostra esclusione è la negazione della democrazia. Alcune donne vivono ogni giorno sulla propria pelle, sul proprio corpo, gli effetti dell'intolleranza dei fondamentalisti. Ma altre donne senza lasciarsi paralizzare dal terrore, dagli stupri, dagli sgozzamenti, dagli assassini, hanno trovato la capacita' di reagire, di trasformare la paura in forza di lotta, volontà di resistere: "Ci sforziamo di avere una vita normale in una situazione anormale". Le situazioni dei paesi del Nordafrica sono diverse nonostante elementi comuni e sono in molti a sostenere che se il Fronte islamico di salvezza (Fis) dovesse conquistare il potere in Algeria, la reazione a catena coinvolgerebbe in breve tempo Egitto, Marocco, Tunisia, e cosi' via. Tanto più che l'Algeria e' stato un punto di riferimento per i paesi africani. E le conseguenze si vedrebbero anche su questo lato del Mediterraneo. Le situazioni diverse e le differenti storie dei movimenti delle donne in questi paesi hanno prodotto approcci diversificati alla questione del fondamentalismo.

Le marocchine, nella loro impostazione, dedicano una parte importante allo studio del Corano: la donna esclusa e subalterna è l'unica rappresentazione femminile prevista dal testo sacro? Su questo terreno si stanno ormai cimentando da anni le femministe seguendo la via aperta dalla più nota tra loro, Fatima Mernissi: "gli uomini politici non possono nascondere la loro violenza sotto la maschera del sacro". Il confronto più aspro si sta vivendo però in Algeria.

Le algerine, soprattutto quelle della generazione cresciuta dopo la guerra di liberazione, si sono conquistate spazi importanti, continuamente minacciati dai compromessi che il potere stringeva con le componenti fondamentaliste. L'accesso all'educazione, all'università, ha reso molte donne indipendenti. La percentuale di donne che lavorano in Algeria è estremamente bassa, ma la maggior parte delle lavoratrici occupano posti che richiedono un livello di preparazione medio-alto (insegnanti, medici, magistrati, giornaliste, etc.). Anche sul piano delle libertà personali, dei costumi, fino a qualche anno fa, le donne, spesso entrando in conflitto con la famiglia tradizionale, avevano sufficienti possibilità di movimento. Tuttavia, il regime algerino non ha mai risolto la questione cruciale della separazione tra stato e religione, tanto più che l'islam viene ufficialmente considerato elemento costitutivo della identità algerina. Solo i rapporti di forza tra le varie componenti del Fronte di liberazione nazionale (Fln, ex partito unico) facevano pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Tuttavia, le componenti islamico- nazionaliste sono sempre state usate dal regime per contrastare e isolare la componente laica e di sinistra. L'arabizzazione, che ha chiamato dall'oriente insegnanti spesso poco preparati come docenti ma ben indottrinati dai Fratelli musulmani egiziani, e' stata un'altra testa di ponte per l'avanzata integralista che ha trovato l'ultima e decisiva spinta nel deterioramento della situazione economica, dopo il crollo del prezzo del petrolio nel 1986. E' a partire dal 1988, con la rivolta della semola, la repressione del regime, l'introduzione del multipartitismo, la legalizzazione del Fronte islamico di salvezza, che l'integralismo occupa la scena politica algerina e comincia ad imporre sempre più drasticamente i suoi diktat alle donne. Ma il primo "esperimento" di compromesso tra regime e integralisti era stato già stipulato sulla pelle delle donne. Il codice di famiglia approvato dal presidente Chadli Bendjedid nel 1984, introduceva la sharia - che ora gli integralisti vorrebbero estendere a tutti i campi - per quanto riguarda lo status della donna. La donna algerina diventava una cittadina di serie b, come del resto era già in molti altri paesi musulmani. Contro il codice di famiglia nascevano varie associazioni di donne indipendenti, (che oggi si battono contro l'integralismo sempre più violento e aggressivo. Alcune di queste donne hanno pagato con la vita, e ancora prima che il Fis decidesse di passare alla clandestinità e alla lotta armata. Le prime vittime risalgono agli anni i80. Il caso più noto e' forse quello della donna di Ouargla, che viveva sola con i suoi figli: la sua casa fu incendiata e il figlio più piccolo mori' carbonizzato nel sonno mentre la madre invocava i soccorsi. Era il marzo del 1989. Da allora il mese di marzo e' diventato per le algerine una ricorrenza tutt'altro che simbolica. Una sfida continua contro chi vuole imporre una "epurazione" dei costumi.

Il "fascino perverso" dell'integralismo si insedia in una situazione di grande repressione sessuale. Una repressione sublimata nella religione ma che nella vita quotidiana viene repressa attraverso la "mutilazione" del corpo nascosto dal higiab (velo) o con la teorizzazione della separazione dei sessi, provocando diversi condizionamenti psicologici determinanti sugli adolescenti la cui portata è per ora difficilmente valutabile, come lo è quella del terrore che attanaglia sempre più i bambini, entrati anche loro nel mirino dei gruppi armati. Tutti questi aspetti, così come la rappresentazione della donna nella stampa degli islamisti, sono ben sviluppati negli scritti delle algerine, tante Taslima Nasrin, e come lei condannate a morte. La centralità della loro esperienza e l'evoluzione della vicenda algerina può avere effetto sugli altri paesi nordafricani e non solo.

Innanzitutto l'Egitto, dove l'attività dei gruppi armati riuniti nella Gamaat al Islamya sta assumendo dimensioni preoccupanti; sebbene la loro attività sia rivolta ancora prevalentemente contro l'esercito, non sono mancati casi clamorosi di attacchi a intellettuali come lo scrittore Farag Foda, assassinato, o il premio Nobel Maghib Mahfuz, per fortuna solo ferito. "Il Galileo del 2000, che destabilizzerà l'autorita' politica nel mondo musulmano sarà una donna?" si chiedeva Fatima Mernissi.

Se la presunzione dei politici tradizionalisti è quella di poter esercitare il loro autoritarismo grazie al silenzio delle donne, quel che è certo è che questo silenzio e' già stato rotto. E anche da questa parte del Mediterraneo si è sentito questo grido.


 


 



... alcuni aiuti per capire i musulmani da un punto di vista Cristiano.


 

L'ISLAM NEGA GESÙ FIGLIO DI DIO...

I musulmani fraintendono totalmente il titolo regale ed il significato di "Figlio di Dio". Pensano, infatti, che noi crediamo che Gesù sia il frutto dell'unione sessuale fra Dio e Maria (!) e ne concludono che noi crediamo che la trinità consista in Dio, Maria e Gesù.

Una tale bestemmia è per noi impensabile e mostruosa. Come vedrete qui di seguito i musulmani sono dottrinalmente arretrati di quattordici secoli, sono fermi al tempo dell'instaurazione dell'Islam.

Quando un musulmano ci chiede: "Tu credi che Gesù è il Figlio di Dio?" se rispondiamo subito sì, noi gli confermiamo questa bugia del Corano. È quindi meglio che rispondiamo con la domanda: "Cosa pensi che io creda?" Egli ci dirà che noi crediamo che Gesù è il "figlio carnale" di Dio. A questo punto, cioè solo dopo la sua risposta, diremo che non crediamo questo, ma a ciò che è scritto nella Bibbia, ribadendo che Gesù non è nato da una relazione sessuale come pensano loro.

Il motivo di questa loro opinione ha radici storiche. In breve: al tempo di Maometto (ca. 600 d.C.) non esisteva il Nuovo Testamento in lingua araba e, di conseguenza, tra gli arabi mancava la buona dottrina cristiana. Certi cristiani arabi, non conoscendo la Bibbia, si misero ad insegnare che Gesù era il figlio "fisico" di Dio e questa non era che una delle dottrine fondamentali che fraintesero.

Al di fuori dell'Arabia intanto, a tutto questo si aggiungeva la triste contesa fra i padri del Cattolicesimo, Cirillo e Nestorio, intorno a Maria. Alla fine, il primo riuscì a far prevalere la dottrina e il titolo di "madre di Dio" per Maria. Maometto considerò tutte queste eresie e le divisioni nella chiesa come il "vero Cristianesimo" e lanciò la sua alternativa: l'Islam.

...NEGA CHE GESÙ È DIO

Sul Corano è scritto che chi mette un uomo al pari di Dio è un bestemmiatore.

Fonti islamiche intanto riportano l'adorazione per la creatura Maometto (anche se non lo ammettono apertamente).

Per timori infondati, provenienti dalle bugie del Corano, queste anime andranno all'inferno.

Se Dio poteva rivelarsi a Mosè attraverso un cespuglio perché è impossibile per Dio diventare uomo? Questo argomento con i musulmani può prendere varie direzioni.


 

...NEGA LA MORTE VICARIA DI GESÙ

Il Corano rifiuta di accettare la morte di Gesù Cristo sulla croce e riporta: "Loro (i giudei) non l'hanno frustato; non l'hanno crocifisso... è sembrato a loro così; ma Dio lo ha chiamato in cielo prima della crocifissione e qualcun altro, Giuda, è morto al posto suo."

Chiediamo loro: perché Giuda il traditore, appeso in croce, avrebbe detto: "Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno"?


 

...NEGA LA RISURREZIONE BIBLICA

I musulmani credono che Gesù ritornerà, si sposerà e avrà dei figli, morirà, sarà seppellito a la Mecca accanto a Maometto e un giorno resusciterà. Tutto questo, però, non è ciò che è scritto nella Bibbia. Essi credono che Gesù distruggerà i non musulmani e Maometto trionferà.

Paolo scrive: "Se Cristo non è risuscitato, voi siete ancora nei vostri peccati" (1 Cor. 15:17


 

A PROPOSITO DELLO SPIRITO SANTO...

I musulmani credono che lo Spirito Santo sia l'angelo Gabriele. Per aiutarli un cristiano può leggere con loro il brano in Luca 1:35 in cui l'angelo fa una precisa distinzione fra se stesso e lo Spirito Santo. Dice infatti: "Lo Spirito Santo verrà su di te..." e non "Io, Gabriele... su di te". Questa distinzione esiste anche nel Corano nel dialogo fra Gabriele e Maria, anche se nel versetto non è specificato Spirito Santo ma "uno spirito da Dio" che entra nel grembo di Maria.


 

...NEGA LA TRINITÀ

I cristiani sono accusati di politeismo dall'Islam.

Certo è vero che il concetto della Trinità non è facile da comprendere. Se noi comprendessimo t-u-t-t-o di Dio, Lui sarebbe veramente un dio piccolo... quanto noi, perché ... "fatto da noi". Ma Egli è Infinito! Può l'Onnipotente rientrare nella logica umana oppure è libero di rivelare se stesso come Egli è, al di là di tutta l'immaginazione umana? Gesù si riferisce alla "Trinità nell'unità" quando comanda di essere battezzati "… nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Matteo 28:19). È perciò corretto da parte loro accusare i cristiani di politeismo?


 

LA BIBBIA È CAMBIATA

I mussulmani credono che le Sacre Scritture (specialmente il Nuovo Testamento) siano state alterate dai cristiani e dai giudei per eliminarvi le prove "dell'ufficio profetico di Maometto". Essi sostengono che l'originale, che non esiste più, contenesse le predizioni profetiche della venuta di Maometto date per bocca di Gesù nel Vangelo. Tuttavia esistono un'abbondanza di manoscritti antichi (circa 14.000) anteriori alla nascita di Maometto, che sono uguali alle copie attuali e che dimostrano quindi che non c'è stata alcuna alterazione. È comprensibile che i musulmani desiderino trovare una profezia nella Bibbia a tutti i costi, perché sanno che altrimenti Maometto non trova prove esterne al Corano per dimostraci il suo "ufficio profetico".


 

...E IL CORANO REGGE ALL'ESAME?

I musulmani invece di attaccare la Bibbia dovrebbero innanzitutto risolvere i problemi riguardanti la stesura del Corano. Ne cito almeno due fondamentali:

1) dopo la morte di Maometto vennero distrutti e bruciati tutti i manoscritti coranici originali dai quali furono "estratti" tre Corani, ma con vistose discrepanze tra loro. Ancora oggi i musulmani non sanno cosa contenessero queste prime tre copie "originali"...

Per saperlo basta investigare nella loro tradizione, nei volumi Al-Bukhari (nota: i maestri musulmani, anche se non lo ammettono apertamente, ritengono questa collezione di libri più autorevole del Corano stesso). Da questi testi, che narrano la storia islamica scritta dai primi musulmani, apprendiamo che il testo del Corano è stato arso.

Riportiamo il testo da Al-Bukhari vol. 6, pag. 479; 61.3.510: "Anas figlio di Malik raccontava: Othman mandò a ogni provincia una copia del Corano che aveva fatto copiare e ordinava che tutti gli altri manoscritti (3) coranici originali, sia frammenti che intere pagine, fossero bruciati." (nota: Othman fu il terzo califfo a 19 anni dalla morte di Maometto. Othman si incaricò di realizzare la "propria" versione del Corano nel 650 d.C. Venne poi ucciso dai suoi compagni per aver distrutto i creduti "veri originali".)

Perché bruciati? Anche i musulmani si chiedono oggi giustamente del perché Othman bruciò e distrusse i manoscritti coranici realizzati e copiati dai primi discepoli di Maometto. Un'ipotesi valida è che questo estremo atto di distruzione assicurasse di ottenere la versione definitiva di un Corano (il quarto) fra altre tre versioni che già si contraddicevano fra loro (ci saranno state molte differenze nei testi...) Il Concilio Coranico aveva così deciso per tutelare l'Islam da future indagini. Ancora chiediamo loro, perché?

La vulnerabilità dell'Islam è così resa ovvia dalla stessa "autorevole tradizione" perfino a un fanciullo...

2) La versione "othmanica" del Corano è oggi scomparsa e praticamente inesistente. Le prove si trovano nei manoscritti restanti ai Musei Islamici di Istanbul (Turchia) e a Samarkanda (Turkmenistan). Dall'esito degli esami svolti, studiosi esperti hanno le prove che questi manoscritti sono stati "riscritti" almeno 170 anni dopo la scomparsa del Corano "versione Othman".

L'Islam nasconde questi fatti storici all'esame del mondo ancora oggi. Noi dobbiamo porre loro queste questioni!

Alla luce di questi dati di fatto, i musulmani non possono più insistere con noi su almeno tre cose:

1) che l'attuale copia del Corano sia l'esatta copia depositata in cielo e discesa direttamente da Allah.

2) che sia l'esatta versione che Maometto abbia lasciato loro e tantomeno che sia considerata il "miracolo di Maometto"

3) che il Vangelo sia stato cambiato!


 


 

LE SETTE NELL'ISLAM...

Le sette e divisioni nell'islam sono molte (più di 110), sia nelle differenze teologiche che nelle loro tradizioni. Il 70% dell'Islam è popolare, cioè è un modo di vivere orientato verso la fede animista, divinazione, magia, amuleti, malocchi, adorazione di santi, pratiche per la fertilità, ecc. I musulmani Sunniti ci vogliono far credere che sono contrari a queste cose, ma rimane lo stesso la loro pratica più diffusa nel mondo, specialmente fra le loro stesse donne. La setta Isma'ili, per importanza dopo i Sunniti e Sciiti, pratica la preghiera 3 volte al giorno (non 5) e fumare è strettamente vietato (del tutto impensabile per i Sunniti e Sciiti).

Maometto per alcune sette islamiche non è nemmeno l'ultimo profeta: gli Ahmadia, per esempio, sono musulmani che da due secoli hanno stabilito il loro ultimo profeta pachistano, Mirza Ghulam Ahmad, che ritengono superiore a Maometto. Sono perseguitati a morte dai Sunniti. Ancora da 1400 anni, i musulmani Sunniti e Sciiti, nemici fra loro, si contendono la discendenza diretta di Maometto a prezzo del sangue (guerra Irak - Iran)...


 


 

Le repubbliche islamiche


 

L'Islam è una della religioni più diffuse al mondo e la possiamo trovare nei seguenti Paesi: l'Afghanistan, l'Algeria, il Bangladesh, l'Egitto, l'Iran, la Giordania, il Libano, la Malaysia, il Niger, l'Oman, l'Arabia Saudita, la Somalia, la Siria, gli Emirati Arabi Uniti, l'Albania, il Bahrain, il Brunei, l'Indonesia, l'Iraq, il Kuwait, la Libia, il Marocco, la Nigeria, il Pakistan, la Palestina, il Sudan, la Turchia, lo Yemen.

domenica 30 maggio 2010


IL PESCE NELLA CUCINA MEDIOEVALE

Nell'alimentazione del Medioevo era inclusa una vasta gamma di pesci diversi.

I pesci preferiti sulle mense del medioevo erano ,aringhe,salmone,anguilla,merluzzo,passera di mare,trote e lucci.

Il pesce era quindi molto presente sulle tavole .

Si consumavano anche crostacei:ostriche,cozze e vongole.

Il consumo di pesce d'acqua dolce era senz'altro molto più abbondante del consumo odierno,specialmente da parte di coloro che vivevano vicino a fiumi,torrenti e laghi.

I pesci persici,lucci e tinche erano consumate prevalentemente dalle classi inferiori,mentre le trote erano ritenute un pesce da "ricchi".

La carpa era particolarmente apprezzata e pur essendo un pesce il cui habitat naturale sono acque tiepide del sud Europa ,fu presto importata anche nei paesi nordici e naturalizzata in più fredde acque.

I documenti più antichi testimoniano che gli abitanti delle coste del nord e dell'area calda mediterranea si cibavano di pesi ancor oggi in uso sulle nostre tavole con modalità di cottura simile a quella attuale..

Ci sono tuttavia alcuni pesci le cui carni sono state abbandonate nell'uso culinario.

Grossi cetacei come la focena e la balena rifornirono per centinaia di anni i mercati ittici europei.

La carne di balena ,tagliata in enormi tranci ,veniva salata e si conservava per lunghi periodi ed era non deteriorabile nei lunghi trasporti.

La carne di balena era consumata solo dalle classi inferiori,perché,come dice uno scrittore del XVI secolo"se fosse cotta anche per ventiquattro ore ,rimarrebbe dura ed indigesta"

Ai poveri della durezza interessava poco,funzionale era la difficoltà digestiva,così lo stomaco impegnato in laboriosa digestione,non avrebbe avvertito nuovi stimoli di fame.

Il commercio su larga scala del pesce di mare ebbe inizio solo nel XII secolo:fu in questo periodo che le aringhe divennero essenziali sulla tavola quaresimale.

Tutti i pesci di mare erano compresi in tre categorie:il freso ,il salato ,l'affumicato,che vista l'impossibilità di mezzi di conservazione ,era il più consumato.

In un periodo successivo al XII secolo si cominciò a consumare anche il grongo:per tutto il periodo della epidemia della peste nera che decimò le popolazioni europee,questo pesce era considerato portatore di peste.

Gamberi e gamberetti che erano pescati in grande quantità nel XIV e XV secolo erano apprezzati solo per le uova che ,condite con spezie,arricchivano come antipasti o "spezza fame" ,le tavole dei ricchi borghesi e dei nobili.


 

Susanna Franceschi riproduzione vietata


 

sabato 29 maggio 2010


GIOVANNI MARINI:IL POETA DEI GIUSTI


 

Di GIUSEPPE GALZERANO


 

Ricordando Giovanni Marini

La sera del 23 dicembre 2001 un infarto ha stroncato

prematuramente, a 59 anni, la vita di Giovanni Marini, il "poeta dei folli e dei

giusti". Al suo rientro la madre l'ha trovato privo di vita. La notizia è stata

diffusa dalla stampa locale del 27 dicembre 2001, a tumulazione avvenuta e per

questo nessuno dei compagni e degli amici ha potuto rendere a Giovanni Marini

l'estremo saluto. È "sopravvissuto" quasi trent'anni a una sentenza di morte

pronunciata nei suoi confronti dai fascisti di Salerno. L'anarchico Giovanni

Marini, nato il 1 febbraio 1942 a Sacco, un paesino all'interno del Cilento,

"doveva" morire una sera d'estate di molti anni fa. Era il 7 luglio del 1972

quando sfuggi a una vile aggressione fascista, nel corso della quale perse la

vita una dei suoi aggressori, il giovane Carlo Falvella. La città di Salerno in

quelli anni fu teatro di moltissime azioni fasciste, come incendi, devastazioni

di sedi e aggressioni a militanti della sinistra, fino ad un assalto alla

redazione del quotidiano "Il Mattino". Giovanni Marini era impegnato in una

contro-inchiesta su uno strano incidente stradale che aveva provocato la morte

di cinque anarchici calabresi, Giovanni Aricò, Annalisa Borth, Angelo Casile,

Francesco Scordo, Ligi Lo Celso, avvenuto il 27 settembre 1970 sull'autostrada

nei pressi di Ferentino, a pochi chilometri da Roma, dove i nostri compagni si

recavano per consegnare i risultati di una loro inchiesta sulle stragi fasciste,

che avevano cominciato ad insanguinare l'Italia. Le carte e i documenti degli

anarchici di Reggio Calabria non furono mai ritrovate. Nell'incidente, avvenuto

all'altezza di una villa di Valerio Borghese, fu coinvolto un autotreno guidato

da un salernitano, che procedeva con i fari posteriori spenti. Pare che

l'autista avesse simpatie fasciste. Marini doveva accertare se era stato un

incidente casuale oppure organizzato e per questo aveva ricevuto molte minacce

telefoniche, ma non sappiamo a che cosa approdarono le sue indagini. Nella

prima serata del 7 luglio 1972 a Salerno si consumò l'ennesima provocazione da

parte di Carlo Falvella e di Giovanni Alflinito, due militanti del MSI. Falvella

per provocare una sua reazione, incontrandolo, gli diede una gomitata, ma Marini

che passeggiava in compagnia di Gennaro Scariati, nato nel 1955 a Salerno, non

reagì. E ben fece perché il lungomare di Salerno era strapieno di fascisti

pronti ad intervenire per dar man forte ai camerati certamente mandati in

avanscoperta. Più tardi Marini e Scariati, ai quali nel frattempo si era

aggiunto per puro caso il giovane Francesco Mastrogiovanni, nato nel 1951 a

Castelnuovo Cilento (Sa), ridiscendendo tranquillamente Via Velia per andare a

teatro, incontrarono nuovamente i due giovani missini. Ai due Mastrogiovanni

disse di lasciarli in pace e per tutta risposta vide luccicare la lama di un

coltello che lo ferì alla gamba, svenne e cadde sul marciapiedi. A questo punto

intervenne Giovanni Marini, che riuscì a disarmare gli aggressori e,

impossessatosi del coltello che aveva ferito Mastrogiovanni, nella colluttazione

ferì Carlo Falvella, un giovane fascista di 21 anni. I fascisti – di fronte

all'imprevista e coraggiosa reazione – se la diedero a gambe, limitandosi a

soccorrere i loro due camerati e poco dopo Falvella morì all'ospedale.

Mastrogiovanni, sanguinante per la ferita alla gamba, dovette ricorrere

all'autostop per recarsi in ospedale. Marini si costituì subito dopo e fu

dichiarato in arresto insieme con Mastrogiovanni e con Scariati, che si costituì

dopo alcuni giorni e venne prosciolto in istruttoria, mentre Mastrogiovanni sarà

scarcerato ma imputato per rissaNonostante un manifesto della federazione

provinciale del PCI di Salerno che definiva Marini uno "sciagurato",

all'anarchico salernitano – sfuggito ad un'aggressione fascista – andò subito la

solidarietà del movimento anarchico e della sinistra extraparlamentare (una

prima sottoscrizione a loro favore fu fatta dal sottoscritto tra i compagni che

partecipavano alla manifestazione per il centenario del Congresso

dell'Internazionale svoltosi a Rimini nel 1872). < Falvella fu seppellito con

tutti gli onori dovuti a chi cade nel corso di una battaglia e lo stesso Giorgio

Almirante – che precedentemente, in un comizio a Firenze, aveva incitato allo

"scontro fisico" – e altri esponenti missini si recarono a Salerno. < >Intanto

Marini, descritto come un mostro, una belva anarchica assetata di sangue, per

punizione peregrinava incessantemente da un carcere all'altro e a Caltanissetta

fu destinato in una buia e umida cella. E non smise mai di denunziare le

incivili e aberranti condizioni di vita riservate ai carcerati. >Il processo

iniziò a Salerno per il 28 febbraio 1974. Il collegio difensivo era costituito

dal senatore comunista Umberto Terracini, dagli avvocati Giuliano Spazzali,

Gaetano Pecorella e Francesco Piscopo del foro di Milano e dall'avv. Marcello

Torre di Pagani (ricordo che poco dopo l'arresto, di mia iniziativa, mi ero

recato a Potenza per proporre all'avv. Tommaso Pedio di assumere la difesa, ma

non lo trovai e poi seppi del collegio difensivo). <br>Tra i difensori degli

aggressori, l'avv. Alfredo De Marsico, già ministro della Giustizia di Benito

Mussolini e uno dei collaboratori del famigerato codice Rocco, e gli avvocati

salernitani Dino Gassani e Giacomo Mele, esponenti missini di rilievo e di

provata fede. < Il 13 marzo 1974 il tribunale di Salerno, adducendo motivi di

ordine pubblico, sospende il processo spostandolo a Vallo della Lucania, dove

riprende il 30 giugno del 1974. Fu seguito da numerosi compagni e compagne

venuti da ogni parte d'Italia anche per testimoniare e manifestare solidarietà a

Marini, oltre che dagli inviati dei maggiori quotidiani italiani (chi scrive lo

seguì per "l'Internazionale" di Ancona, "Espoir" di Tolosa e "Le Monde

Libertaire" di Parigi). A Vallo della Lucania, il PM Zarra chiese la condanna di

Marini a diciotto anni di carcere. Invece il tribunale – presieduto dal giudice

Fienga – lo condanna a dodici anni, con tre anni di sorveglianza e

all'interdizione dai pubblici uffici, assolvendo Mastrogiovanni e il missino

Alfinito dall'accusa di rissa. Al processo d'appello – che si tiene a Salerno

dal 2 al 23 aprile 1975 – la condanna viene ridotta a nove anni di carcere, dei

quali ne sconta sette. < Quando viene scarcerato Gerardo Ritorto, presidente

socialista della Comunità Montana del Vallo di Diano di Padula, mio tramite, gli

offre un lavoro che accetta. <br>Marini però portava nelle sue carni le

insanabili ferite della detenzione e della persecuzione carceraria e, purtroppo,

vedeva dappertutto "nemici" e così un giorno sfasciò dei mobili in un ufficio

della Comunità Montana. Venne arrestato e licenziato. Uscito distrutto

dal carcere, purtroppo Marini si era illuso di trovare un suo "mondo", senza

rendersi conto che molte cose erano cambiate, che i valori politici si erano

assottigliati e sopravvivevano presso una piccola minoranza o si erano

addirittura perduti. Così una volta fuori, persa la serenità, Giovani Marini

– pur avendo vissuto il periodo della detenzione con una grande coerenza e

combattività – è andato via via autoemarginandosi dalla vita e dal movimento

anarchico. Aveva trovato un conforto nella poesia e già durante la

detenzione il volume "E noi folli e giusti", pubblicato nel 1975 dall'editore

Marsilio, aveva ottenuto un lusinghiero successo arrivando a vincere il Premio

Viareggio per la poesia. Continuava a scrivere poesie e di tanto in tanto

pubblicava per proprio conto dei libricini, che mandava per lo più in dono ad un

ristretto gruppo di amici (li stampava presso la stessa tipografia dove stampo

le mie edizioni, dove qualche volta lo incontravo). A Salerno lo si

incontrava raramente che trascinava faticosamente il suo corpo acciaccato e

dolorante, e per la città Marini era un estraneo e una figura scomoda.

<br>"Lascia agli altri, a noi tutti la sofferenza di pensarlo e ripensarlo", ha

scritto in un articolo per "Il Mattino" del 28 dicembre 2001 Ernesto Scelza –

assessore Ds alla provincia di Salerno, uno degli amici di allora – che

continua: "Per alcuni rimaneva quello della tragica aggressione del 1972, per

molti un problema, per troppi un ingombro. Giovanni Marini è stato

contraddizione lacerante. Sensibilità esasperata, nervi scoperti, tensioni

emotive e nevrosi scoperte. Ha vissuto i nostri tempi, come da sempre gli ultimi

fra gli uomini sono dannati a vivere i propri (…) Tenero e spietato, con sé e

con tutti. Era semplice fino alla perversione. Era la vita che amava e che

sempre ci sfugge". <br>Franca Rame, in un'intervista a Barbara Cangiano,

pubblicata da "La Città" del 28 dicembre 2001, sottolinea la sua generosità e

sulla base di una generica e vaga confidenza – che sarebbe stata fatta da Marini

"preferì addossarsi le colpe per non far finire nei guai un compagno più giovane

che, proprio perché minorenne, avrebbe scontato anche una pena minore". <br>La

cosa non è nuova, perché emerse anche al processo d'appello di Salerno, ma non

fu presa in considerazione, proprio perché generica e inconsistente. <br>Il

destino ha voluto che Giovanni Marini morisse da solo, nella lontananza dagli

amici e dai compagni, che non lo avevano di certo dimenticato ed erano comunque

partecipi delle sue vicende umane

giovedì 27 maggio 2010



 

Angiolo Berti così ricordava la figura dell'amico e collega


 

WALTER TOBAGI: NO AL RIVOLUZIONARISMO VERBALE


 

La Fondazione "Berti",a 30 anni dalla scomparsa, ripropone un pensiero quanto mai attuale. Cerimonia al Campo degli Eroi (Casciana Terme,Pisa)


 


 


 

CASCIANA TERME ( Pisa) – A trent'anni dal barbaro assassinio è stata ricordata al Campo degli Eroi di Casciana Terme (Pisa),la figura del giornalista del Corrirere della Sera,Walter Tobagi. L'iniziativa è della Fondazione "Angiolo e Maria Teresa Berti" che ha sede nel comune toscano al Campo degli Eroi.


 

Il Campo degli Eroi è una creazione del giornalista parlamentare Angiolo Berti,nativo di Casciana,che dal 1984 ha eretto 26 lapidi e cippi a chi sia caduto per la liberta. Berti,amico e collega di Tobagi, in particolare ne ha dedicato uno al ricordo di Tobagi. Venne ad inaugurarlo il 31 agosto 1991,l'allora presidente del Senato, Giovanni Spadolini. Il monumento,opera dello scultore livornese Bruno Cialdini,raffigura le pagine aperte del Corriere della Sera,simbolo della libertà di stampa,tranciate dall'ascia della violenza. L'iscrizione sulla lapide è altrettanto emblematica:"Noti gli esecutori,ma non i mandanti…".


 

Editorialista del quotidiano L'Umanità, Berti così ricordava il 30 maggio 1990,nel decimo anniversario dell'evento,il coraggio di Tobagi:


 

Partendo da una lucida espressione di Sciascia, "Lo hanno ammazzato perché aveva metodo", Berti riporta un giudizio di Bettino Craxi. "Tobagi era un combattetene vero. Il volantino che ne rivendicò l'uccisione affermava che i comunisti non sparano nel mucchio. Era dunque un prescelto,un predestinato,un cervello da eliminare."


 

"Walter,così prosegue lo scritto di Berti, dava fastidio anche per la posizione di minoranza che aveva assunto in seno alla Federazione Nazionale della Stampa pur dopo aver conquistato una posizione di leader all'Associazione Lombarda dei giornalisti di cui poi divenne presidente".


 

"Si impongono scelte coraggiose,sostenne. Non si tratta di rinnegare niente del passato ma di voltar pagina,aprire una fase nuova,smetterla con certi ritualismi che ogni giorno diventano più vacui. Perché i giornalisti sindacalisti devono recitare la parte dei piccoli politici,ognuno con i suoi amici influenti,con i consiglieri saldamente installati nel Palazzo e via,rattristando? Perché non cerchiamo di rilanciare la sfida per un sindacalismo giornalistico serio ,indipendente,meno popolo o più comportamenti concreti e conseguenti che punti a diventare il motore di un nuovo sviluppo dell'editoria pubblica e privata,in questo Paese?"


 

Trent'anni dopo, questi ammonimenti appaiono espressione ancor più di una attuale,pericolosa realtà.


 

GIAN UGO BERTI


 

( riproduzione vietata )


La vita di Ipazia

Con Socrate Scolastico, dalla sua Storia Ecclesiastica


 

Ristampato con il permesso di Alessandria 2


 

C'era una donna di nome ad Alessandria Ipazia, figlia del filosofo Teone, che ha fatto conquiste come nella letteratura e scienza, da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo Avendo superato alla scuola di Platone e Plotino, ha spiegato i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ricevere le sue istruzioni. A causa del possesso di sé e la facilità di maniera, che aveva acquisito in conseguenza della coltivazione della sua mente, non di rado essa apparve in pubblico in presenza dei magistrati. men. Né si sente imbarazzato ad andare ad una assemblea di uomini. Per tutti gli uomini a causa della sua dignità straordinaria e la virtù ammiravano di più.. Eppure anche lei è caduto vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva.. Per come si era colloqui frequenti con Oreste, è stato calunniosamente segnalato tra la popolazione cristiana, che era lei che Oreste impedito di essere riconciliati con il vescovo. Alcuni di essi, quindi, si allontanò in fretta da uno zelo fiero e bigotto, la cui capofila è stato un lettore di nome Pietro, confusa suo ritorno a casa, e trascinando la sua dalla sua carrozza, la portarono alla chiesa chiamata Caesareum, dove hanno completamente spogliata, e poi uccisa con piastrelle .* Dopo strappo il suo corpo in pezzi, che hanno preso il suo gli arti storpiati in un luogo chiamato Cinaron, e ci li bruciate.. Questo affare non portò il minimo obbrobrio, non solo su Cirillo, ma anche per l'Alessandrino tutta la cristianità.E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che l'indennità di massacri, scontri, e le transazioni di questo genere. Questo è accaduto nel mese di marzo durante la quaresima, nel quarto anno di episcopato di Cirillo, sotto il consolato decimo di Onorio e il sesto di Teodosio.

Note * La parola greca è ostrakois, letteralmente "oystershells", ma la parola è stato applicato anche alle piastrelle mattoni utilizzati sui tetti delle case.

 

martedì 25 maggio 2010


Else Young LA PRIMA DONNA IMPICCATA per stregoneria in Connecticut
Il 26 maggio 1647, Else Young¨ fu la prima persona condannata a morte per stregoneria in America, scatenando un'ondata di isteria.
Secondo le leggi del Connecticut nel tardo 17o la stregoneria era punibile con la morte. . Else Young ( anche conosciuta come Alice), fu la prima persona ad essere giustiziata per stregoneria nel paese, Ãlice fu¨ impiccata il 26 maggio a Hartford.

. Negli anni successivi, molti altri residenti sono stati giustiziati con l'accusa di stregoneria, e il "crimine" di stregoneria non è scomparso dalla lista dei crimini capitali fino al 1750. Oggi, poco altro si sa della giovane, compreso i reati per i quali era accusato o i comportamenti che avevano generato la terribile accusaLa sua morteè confermata dal giornale diretto da l'allora governatore del Massachusetts John Winthrop, che afferma che "Uno dei Windsor èstato impiccato." Matthew Grant, l'impiegato di Windsor, conferma anche il fatto del 26 maggio 1647,nel diario di entrata alle prigioni locali,dicendo:"Else,giovane donna stato impiccata." Pochi altri dettagli sono disponibili. > Per quanto incredibile come la mania e l'ossessione per la stregoneria abbia fatto proseliti anche in questo secolo gli eventi sono il prodotto di una cultura puritana in cui "il diavolo stato una presenza reale,e vissuta intensamente dalle popolazioni dell'america rurale e bigotta del diciassettesimo secolo,come ha detto lo storico Walter Woodward. In un articolo maggio 2007 Hartford Courant, Woodward ha detto, "quando pensano di essere sotto attacco da parte del demonio, la loro risposta si basa sulla minaccia percepita.il fenomeno della caccia puritana alle streghe è stato il prodotto di intensa paura ".

Senza contare i processi di Salem, 93 denunce di stregoneria erano state effettuate nel New England tra il 1638 e il 1697: 43 in Connecticut e 50 in Massachusetts. Circa due terzi di coloro furono prosciolti, ma 11 dei 16 persone giustiziate nel New England per stregoneria prima del 1692, quando Salem era appena iniziato, vivevano nel Connecticut. La mania delle streghe a Salem, nel Massachusetts, una città  notoriamente conosciuta per i famosi processi nel tardo 1600, ha avuto inizio con lo strano comportamento di due giovani ragazze, Betty e Abigail Williams. Le accuse iniziarono a volare, molte donne cosiddette eccentriche furono dichiarate "streghe" da parte di funzionari della città  e l'isterismo iniziò. Diciannove streghe tra uomini e donne, furono infine giustiziati.. Un totale di 24 morti, con qualche soggetto che morì durante la detenzione,in carcere.L'Università del Missouri-Kansas City School of Law fornisce informazioni approfondite su processi alle streghe di Salem dal punto di vista giuridicoUna pagina, chiamata "Sei accusato" cerca di spiegare e offre diversi motivi per cui sulla dinamica dell'¨ accaduto: "Forse comportamento eccentrico,forse persone molto solitarie senza una buona rete di rapporti sociali. Forse sono stati coinvolti in una controversia precedente o erano sottoposti ad un'ostilità del gruppo sociale.
Il 26 maggio, 2007, 400 anni dopo la morte di Young, una maestra elementare ha organizzato una cerimonia per commemorare i 11 residenti del Connecticut, che erano accusati di stregoneria e che furono giustiziati. The Hartford Courant ha detto che per ciascuno dei nomi dei nove donne e due uomini che sono morti ,una campana era suonata, e una rosa bianca posta alla base di un albero, dove cappio del boia era ,in quel tempo lontano penzolato.
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IL PURGATORIO……un'invenzione "recente"


 

Il concetto di quel luogo di "passaggio"che è denominato Purgatorio è abbastanza recente nella dottrina cattolico romana.

Io credo che gran parte dei cattolici ritengano il Purgatorio parte del dogma primario della chiesa:non è affatto così.

Fino addirittura al XII secolo i poveri cattolici avevano solo due alternative:bearsi della grazia e pace eterna in Paradiso(pochissimi)o bruciare tra mille torture e penitenze negli inferi in compagnia di quel sadico di Belzebù(i più).

La dicotomia era troppo forte in special modo dopo gli eventi culturali dell'anno mille e la nascita di ordini religiosi che si fondavano su pietà,compassione ed ipotesi di redenzione,come ad esempio l'ordine di Francesco D'Assisi.

Dopo un lungo processo di idee e di ipotesi la gerarchia ecclesiastica coniò di punto in bianco un nuovo assetto geografico dell'al di là inserendo un nuovo regno o luogo,il Purgatorio appunto.

Quindi dalla fine del XII i cattolici avevano la possibilità di non pensare solo al terrore della dannazione eterna.

Nel Purgatorio,che fu subito creduto con certezza fideistica pur mancando qualsiasi riferimento precedente o nelle Scritture ,si potevano scontare i peccati meno gravi in attesa dell'entrata auspicabile ,in Paradiso.

Fu stilata anche una tabella orientativa di permanenza in tal regno,naturalmente a seconda dei peccati e ,sempre naturalmente,a totale discrezione dei principi della chiesa.

Il Purgatorio inoltre offriva ai vivi la possibilità di poter influire con messe ed opere di bene sul destino dei cari estinti.

Ed è proprio in questo apparentemente banale cavillo che sta in una mia analisi storica ,la motivazione della nascita del Purgatorio.

Nei secoli a venire la chiesa ebbe modo di accaparrare vere fortune attraverso la vendita di indulgenze e atti di remissione di peccato ,finalizzati appuntoo all'uscita dal Purgatorio.

Iniziò in forma strutturata proprio in questo periodo con la revisione della carta dell'al di là il grosso business delle messe a pagamento ,delle preghiere a pagamento della vendita organizzata delle indulgenze.

Invece da un punto di vista dell'immaginario collettivo e dell'iconografia popolare il Purgatorio ebbe,in quanto luogo inventato e troppo simile all'inferno ,scarsissimo successo e la sua simbologia non riuscì mai ad inserirsi nell'inconscio collettivo delle popolazioni europee.

Susanna Franceschi


 

Riproduzione vietata

domenica 23 maggio 2010


La storia delle spezie e delle erbe aromatiche


 


 

Indice:


 

La storia delle spezie e delle erbe aromatiche

Schede tecniche:

Chiodi di garofano

Cannella

Salvia

Basilico

Cipolla

Rosmarino

Alloro

Origano

Menta


 


 

La storia delle spezie e delle erbe aromatiche


 

La parola "Spezia", risale al XII secolo; deriva dal latino "species", parola che definiva prodotti alimentari come il grano, l'orzo, la farina. Le Erbe, in effetti, si distinguevano da questi e si caratterizzavano per il profumo particolare (tanto che si pensava fossero dotate di poteri magici): furono, quindi, chiamate "aromatica".


Messaggere delle divinità per gli egiziani


 

Le Erbe aromatiche e le Spezie erano utilizzate dagli egiziani per imbalsamare i corpi dei defunti, e contribuivano a conservare l'aspetto carnale nella vita ultraterrena; si affermava che i loro profumi trasportassero i messaggi spirituali tra uomini e le divinità.

A causa del gran consumo, fu necessario organizzare le prime spedizioni per assicurarsi l'approvvigionamento della merce, considerata preziosissima: la regina di Saba, che si recò in visita da Salomone, a Gerusalemme, "……….Fece dono di 120 misure d'oro, una gran quantità di Spezie, erbe aromatiche e pietre preziose".



I più grandi commercianti dell'antichità: i fenici


 

I migliori uomini d'affari nel commercio delle Spezie erano i fenici, tanto che dalla fine del XVI secolo a.C., il prezioso bene era chiamato "merce fenicia".

Pare che gli esperti intermediari, che vendevano la merce tanto ai re quanto ai faraoni, fossero stati i primi a cercare altre mete per gli approvvigionamenti, e a dirigersi verso le Indie.

L'alone del mistero che circondava le Spezie si protrasse a lungo, nonostante la grand'epopea conquistatrice d'Alessandro Magno, che, nel IV secolo a.C., svelò una parte dell'enigmatico, magico, talvolta malefico Estremo Oriente, dove, come scrisse Erodoto, "la Cannella cresce nei laghi profondi, ed è attorniata da animali volanti".


L'Impero Romano


L'Impero Romano, i confini del quale si estesero progressivamente da una parte all'altra del Mediterraneo, non poteva ignorare l'attrattiva di queste Spezie invitanti; anche Cleopatra si serviva di una gastronomia "calda" per sedurre Cesare, e lo zafferano cosparse tutte le vie di Roma per accogliere Nerone.

Il possesso della Spezia procurava, a colui che la utilizzava, la fama di lussurioso. Tra i più ricchi, gli eccessi alimentari erano caratterizzati esclusivamente dalla varietà delle piante aromatiche utilizzate, mentre il dosaggio restava nei limiti di una gastronomia equilibrata.

Il Pepe era onnipresente, e occupava il posto d'onore nelle feste, come ci racconta Marziale: "Quel cinghiale era steso, senza vita. Possano le mie divinità ingrassare gioiosamente con il vapore del suo brodo! Disboscate pure per accendere il fuoco della mia cucina in festa! E' vero, il mio cuoco spargerà molto Pepe, che ho segretamente nascosto per quest'occasione!"


Le Spezie e le Erbe aromatiche giocarono, da quel momento, un ruolo fondamentale nelle dispute per il potere; pensiamo alla rivalità tra Bisanzio e la Persia, che interessò l'area del Mediterraneo orientale a partire dal IV secolo a.C.

Nel V secolo, il profeta Maometto, cercò di trarre il massimo profitto dal commercio con le aree circostanti dove le Spezie avevano un'importanza fondamentale, per diffondere anche il suo messaggio.
Il commercio d'Erbe aromatiche e Spezie, infatti, favoriva quello d'altri beni; esse rendevano piacevole la gastronomia, e facevano parte della farmacopea araba.


 


 

Le Spezie nel Medioevo


A partire dal X secolo, le Crociate fecero riscoprire il mondo delle Spezie, che, ancora una volta, diventarono oggetto ostentato di ricchezza tra i potenti e i ricchi dell'Europa intera.
Le ricchezze d'Oriente arrivavano attraverso il Mar Mediterraneo, grazie ai navigatori veneziani, genovesi e pisani, che sbarcavano a Marsiglia o a Aigues-Mortes, superavano le Alpi, e vendevano le Spezie nelle fiere di Lione; proseguivano fino alla Champagne, centro d'affari dell'Europa del Nord, e vendevano il resto.

Il porto di Marsiglia permise alle città marinare italiane, e in particolare ai veneziani, di trarre il maggior profitto dal monopolio, diviso con i fornitori arabi, del commercio delle merci preziose provenienti da Alessandria d'Egitto.

Le Spezie più vendute erano: Pepe nero, Pepe di Sumatra, Zenzero, Chiodi di Garofano, Cannella, Noce moscata, Galanga; certe erano così importanti, da costituire moneta di scambio. E' il caso del Pepe, sempre preziosissimo e ricercato.

Era il periodo di gran successo per i vini italiani e spagnoli: anche questi erano aromatizzati con Erbe e Spezie.

Nei processi giudiziari, a titolo di gentilezza, gli imputati regalavano al giudice le cosiddette "Spezie da camera" e, anticipando l'invenzione delle caramelle, alcune Spezie, ricoperte di miele, erano offerte come digestivo o come ghiottoneria.

Verso la fine del Medioevo, l'utilizzo alimentare e quello medicinale delle erbe aromatiche e delle Spezie si confuse. Speziali e farmacisti si riunirono nella stessa corporazione per un lungo periodo di tempo.


Cristoforo Colombo alla ricerca di oro e di Spezie


 

Come per ogni scoperta, la rotta marittima verso sud, alla ricerca delle Spezie, non era frutto del caso. Cristoforo Colombo era partito verso ovest, convinto di arrivare direttamente nelle Indie, ricchissime delle preziose merci.

Per soddisfare i desideri di conquista delle potenze marittime dell'Europa meridionale, la Spagna e il Portogallo stipularono il Trattato di Tordesillas, nel 1494, che prevedeva la divisione delle successive conquiste marittime nei due mondi.

Il controllo del commercio delle Spezie e del loro approvvigionamento, era un obiettivo primario, in quel periodo, per le potenze portoghese e spagnola, che cercavano in tal modo di eliminare il monopolio degli arabi e dei veneziani nell'area mediterranea.

Vasco de Gama raggiunse il Capo di Buona Speranza nel 1497, e sbarcò in India nel 1498. Da allora, e per i tre secoli successivi, olandesi e inglesi si alternarono nelle rotte commerciali; conquistarono i territori e fondarono parte delle loro ricchezze coloniali.


Il valore economico dei prodotti diminuì con l'aumento dei terreni coltivati.

Gli olandesi proteggevano accanitamente l'accesso alle isole Molucche, per paura che qualcuno potesse esportare le piante produttrici dei Chiodi di Garofano o di Noce moscata, e rovinare, in tal modo, il monopolio. Il furto, era punito con la morte.

Pierre Poivre, botanico francese del XVII secolo, fu uno dei principali artigiani di questo declino. Dopo diversi tentativi infruttuosi, riuscì a sottrarre alcune piante di Pepe e di Noce moscata, e le piantò nell'isola Maurizio.

Questo episodio, successivamente, provocò la dispersione dei luoghi di produzione negli imperi coloniali olandesi, inglesi, e francesi.

Anche il caffè, il cacao e molte altre piante furono coltivati altrove.

Da allora l'attrazione e la curiosità nei confronti di questi prodotti affascinanti non ha mai avuto fine. All'inizio del secolo, grazie agli imperi coloniali, si sviluppò l'interesse per la gastronomia esotica;

oggi, la mondializzazione degli scambi ha portato ad una maggiore mobilità delle popolazioni, che diffondono le proprie abitudini culinarie.

Le Spezie, per i grandi chef occidentali, sono sinonimo di una certa apertura, culturale e moderna. Essi, giocano sulla variazione di aromi e sapori, che si fondano semplicemente su prodotti naturali di qualità.

Finché l'uomo saprà servirsi della sua immaginazione per soddisfare la ricerca dell'ignoto e quella di nuovi piaceri, la storia delle Spezie non avrà mai fine.


 

SCHEDE TECNICHE:


 


 

CHIODI DI GAROFANO


 

    


 

Nome scientifico: Syzygium aromaticum

Famiglia: Mirtacee

Habitat: La pianta è originaria delle isole asiatiche sudorientali, soprattutto delle Molucche; è stata importata nelle Antille, nelle zone orientali dell'Africa e in Cina.
Caratteristiche: La pianta è un albero sempreverde, a piramide; le foglie sono ovato-oblunghe, lisce, lucide, acuminate e coriacee, assottigliate alla base.
I fiori sono di colore cremisi o violetto, in racemi terminali ramificati; i germogli sono rosa se freschi, bruno-rossastri se essiccati al sole.
Coltivazione: La pianta è spontanea. È coltivata su scala commerciale nelle regioni marittime tropicali. In Italia la coltivazione risulta assai difficile.
Raccolta: Si utilizzano i germogli essiccati, i "chiodi" di Garofano, e l'olio. I germogli si colgono nelle giornate non troppo umide, due giorni prima della fioritura, quando sono rosati.

Curiosità: I Chiodi di garofano sono utilizzati per aromatizzare salse, curry, vini speziati, e come preservante nelle preparazioni sott'aceto.

Proprietà salutari e utilizzo: I Chiodi di garofano svolgono un'attività stimolante, aromatica e antispasmodica, carminativa e antiirritativa.
E' utilizzato soprattutto come digestivo e come antisettico del cavo orofaringeo.

Nei casi di vomito e nausea: masticare lentamente un Chiodo di garofano.


 

CANNELLA


 



 

Nome scientifico: Cynnamomum zeylanicum Nees

Famiglia: Lauracee

Habitat: La Cannella è originaria di Ceylon, cresce spontanea nell'India meridionale e in Malaysia.
E' coltivata anche in altri Paesi tropicali: isola di Réunion, Guadalupa, Guyana, Brasile, Giamaica. Si può trovare nelle foreste, fino a 1000 m di altitudine.
Caratteristiche: E' un albero sempreverde, che può raggiungere anche 15 metri, allo stato spontaneo; i rami sono lisci. Le foglie hanno il picciolo corto, coriacee, caratterizzate da tre o cinque nervature; la faccia superiore è glabra, di colore verde scuro.
I fiori sono inseriti nell'ascella delle foglie, hanno un involucro diviso in cinque o sei lobi, e sono di colore bianco-giallino, di profumo sgradevole.

Coltivazione: Spontanea.
Raccolta: E' utilizzata la corteccia dei rami, che si ottiene esclusivamente da piante coltivate.
Si tagliano i rami di due anni, si staccano rametti e foglie, si taglia la corteccia in pezzi lunghi 20-30 cm, e si lascia asciugare per un giorno.
Successivamente, si raschia la parte superiore della corteccia per eliminare lo strato suberoso, si dispongono le cortecce una sopra l'altra, e si lasciano essiccare all'ombra, al riparo dalla polvere.
Proprietà salutari e utilizzo: La Cannella, ha proprietà antisettiche e vermifughe. Deve essere utilizzata a piccole dosi. E' tonificante per l'intero organismo, digestivo, cardiotonico, antianoressico.
E' utilizzato nei casi di astenia, fermentazioni intestinali, ipotensione, cattiva digestione.
Tintura per le gengive ulcerate: ponete 20 g di corteccia in 100 ml di alcool di 70°, a macero per 8 giorni. Utilizzatela, a gocce, in un bicchiere d'acqua, più volte al giorno.
Curiosità: La corteccia della Cannella è utilizzata per la preparazione di dolci, conserve, salse e condimenti, e come aromatizzante nella preparazione di liquori.


 

SALVIA


 


 


 

Nome scientifico: Salvia Officinalis

Famiglia: Labiate

Habitat: regioni mediterranee

Caratteristiche botaniche: è una pianta cespugliosa da 30 a 70cm suffruttice, fusto ramificato, pubescente;

Foglie: grandi oblunghe, spicciolate, verde-biancastre, persistenti, spesse, crenato;

Fiori: blu-violacei (maggio-giugno), grandi da 3 a 6 per verticillo in spighe terminali con brattee violacee, caduche, con calice bilabiato, corolla lunga a 2 labbra, l'inferiore trilobato.

Odore e sapore: aromatici.

Parti utilizzate: foglie mondate (prima della fioritura), sommità fiorite;conservare in recipienti a chiusura ermetica.

Moltiplicazione: divisione di ceppo o per talea e raramente per seme.

Piantagione: autunno o in primavera.

Utilizzazione: è utilizzato per aromatizzare le vivande, per proteggere i tessuti e indumenti dalle tarme, come cura di bellezza e per vincere i malesseri.

Proprietà: antisudorifero, antisettico, antispasmodico, coleretico, ipogligemizzante, stimolante, stomachico, vulnerario.

Costituenti: oli essenziali, flavonidi, saponina; acido organico.


 

Curiosità: il suo profumo intenso e il suo gusto sono invitanti ma non bisogna abusarne perché la salvia contiene le stesse sostanze tossiche dell'assenzio, ed è perciò controindicato ai temperamenti sanguigni e ipertesi.

Azione terapeutica: è efficace per curare stati di malinconia e calmare le crisi d'asma.


 


 

BASILICO


 



 

Nome scientifico: Ocimum Basilicum

Famiglia: Labiate

Habitat: Paesi caldi, è diffusa in Liguria(quella in serra) Origine: India e Africa

Caratteristiche del terreno: la coltura richiede buon terreno fresco, fertile e di facile scolo.

Semina: essa si esegue da aprile ad agosto, a spaglio usando 2-3 gr di seme per metro quadro di terreno. Si ricopre con un sottile strato di terra facendo pressione sul terreno stesso. Quando le piantine hanno raggiunto un certo sviluppo, si diradano lasciandole alla distanza di 25-30cm.

Per la coltura anticipata: la semina si esegue in una serra riscaldata tra dicembre-gennaio e febbraio-marzo: Si trapianta ad aprile.

Consociazione: la coltura in serra è molto redditizia e non pregiudica le caratteristiche aromatiche della pianta.La consociazione si fa generalmente con zucche, pomodori o cetrioli.

Varietà: "Basilico verde comune" a foglie medie molto profumato, "Basilico a foglie di lattuga" aroma fine e delicato, "Basilico di Genova",
"Basilico fine verde comune" a foglie piccole, "Basilico fine violetto/verde nano compatto" varietà con foglie piccole profumatissime.

Proprietà: stimolante, antispasmodico, sedativo, starnutatorio.

Curiosità: un tempo vaniva prescritto anche per la cura dell'isterismo.

Azione terapeutica: le foglie fresche calmano le irritazioni cutanee.


 


 

CIPOLLA


 


 


 

Nome scientifico: Allium coepa

Famiglia: Liliacee

Habitat: La Cipolla è originaria della Persia. E' diffusa in tutto il mondo, in numerose varietà.

Caratteristiche: E' una pianta erbacea perenne, che può raggiungere un metro di altezza. Il bulbo è sferoidale e squamoso, formato da numerose squame bianche e carnose; è avvolto da una tunica di colore differente a seconda della varietà.
Le foglie ricordano vagamente un cilindro, la superficie è glabra ed è coperta da uno strato ceroso. I fiori sono riuniti in un'infiorescenza a ombrella, di colore bianco.

Lavorazioni: si inizia scegliendo un terreno fertile e fresco per l'impianto del semenzaio,e si effettuano le sarchiature e le azotature (a parte quelle vernine); si impiegano 3-4grammi di seme per ogni metro quadro, da cui in seguito si ricavano circa 700-800 piantine.Il trapianto si esegue in maggio in file alla distanza di 20-25cme di 15 nella fila; le piantine dopo aver cimato le radici e le foglie vengono immesse nel terreno precedentemente lavorato.Il diradamento si esegue dopo la semina e consiste nel distanziare le piantine l'una dall'altra,serve a rimpiazzare vuoti.

Coltivazione: La Cipolla è una pianta che raramente si trova allo stato selvatico.
Numerose coltivar sono formate da soli fiori fertili che producono i semi con cui la pianta può essere riprodotta; altre varietà, insieme ai fiori, portano bulbilli che, interrati, consentono la produzione agamica.
Raccolta: La parte utilizzata è il bulbo. La raccolta avviene tra maggio e agosto, secondo la varietà, quando la parte aerea è quasi secca. Dopo che la pianta è fiorita, il bulbo non contiene più i principi attivi.

Proprietà salutari e utilizzo: La Cipolla ha proprietà diuretiche, vermifughe, antisettiche e ipoglicemizzanti. E' utilizzata nei casi di ipertensione arteriosa, per regolare le funzioni intestinali, nelle bronchiti e nei casi di tosse persistente; per depurare l'organismo.

Varietà: da inverno(gennaio-febbraio), da estate(agosto), da conserva,ovvero i sottaceti(febbraio-marzo);a bulbo bianco o a bulbo colorato, a bulbo grande e a bulbo piccolo.

Malattie: sono di natura fungina la ruggine, che danneggia la scapo fiorale delle colture da seme,il bacillus cepivorus ,che attacca i bulbi conservati.Tra gli insetti patogeni ricordiamo la crociera, la tignola del porro, che danneggiano le giovani piantine rodendone la parte centrale del germoglio.

Diserbo: si effettua con insetticidi a base di gammesano o di esteri fosforici.

Curiosità: La Cipolla è utilizzata notevolmente nelle preparazioni alimentari di tutto il mondo. Si preparano condimenti, salse, minestre e zuppe, ed è utilizzata come aromatizzante nelle insalate, e per accompagnare carni, pesci, crostacei.


 


 

ROSMARINO


 



 


 


 


 


 


 


 

Nome scientifico: Rosmarinus officinalis

Famiglia: Labiate

Habitat: Liguria, italia centro meridionale e isole

Caratteristiche botaniche: è una pianta suffrutticosa da 50cm a 1.50 m. Arbusto, fusti legnosi, fogliosi;

Foglie: sessili, coriacee, strette con margini rivoltati, verde scuro sopra, biancastre sotto, persistenti;


 

Fiori: quasi tutto l'anno in piccoli grappoli ascellari, calice bilabiato, con labbro superiore intero e con tre dentini piccolissimi, l'inferiore diviso in due lunghi denti, corolla di colore viola-azzurro pallido, 2stomi.

Odore: di incenso, conforato

Sapore: aromatico, astringente

Parti utilizzate: pianta fiorita e foglie

Moltiplicazione: avviene per talee che si attua in autunno o a fine inverno.

Raccolta: tutto l'anno

Utilizzazione: viene utilizzato in cucina come aromatico, ma può essere destinato a produzione industriale estraendo l'essenza di rosmarino.

Proprietà: Antisettico, antispasmodico, diuretico, stimolante, tonico, stomachico.

Costituenti: olio essenziale, acidi organici, glucosidi, saponite, colina.

Curiosità: le api bottinaio avidamente sui suoi fiori e producono un miele molto ricercato. L'olio essenziale di rosmarino viene anche utilizzato nella preparazione di alcuni insetticidi. In tempi passati questa pianta ha dato adito a numerose superstizioni: il suo aspetto sempreverde, l'aveva eletto pianta della fedeltà coniugale che in un sublime anelito era capace di superare anche la morte.

Azione terapeutica: agisce sul sistema nervoso ; stimola gli astienici, rinfranca la memoria debole, restituisce fiducia ai depressi.


 


 

ALLORO


 



 

Nome scientifico: Laurus nobilis

Famiglia: Lauracee

Caratteristiche: E' un arbusto sempreverde; le foglie sono lanceolate, con il bordo leggermente ondulato. La pagina superiore è lucida e di colore verde intenso, mentre quella inferiore è di un verde opaco. I fiori sono di colore giallognolo, raccolti in fascetti ad ombrella all'ascella fogliare. Il frutto è una bacca ovoidale con la forma di piccola oliva, dapprima verde e quindi, a maturazione, nero-bluastro. Contiene un solo seme. La pianta fiorisce in primavera e può raggiungere i 10 metri d'altezza.
Habitat: L'alloro è originario dell'Asia Minore e dell'Europa. E' comune delle zone mediterranee, dove nasce spontaneo, e si rinviene con frequenza lungo le coste tirreniche, adriatiche e in Sardegna. Al nord, si localizza in prossimità dei laghi subalpini. E' una pianta ornamentale, frequente nei parchi.
Coltivazione: L'alloro è spontaneo. Gli arbusti sono piantati in primavera inoltrata o a metà autunno, in terreni soleggiati e non soggetti a gelate, e il terreno deve essere ricco; può essere piantato anche per talea, durante l'autunno.
Raccolta: Si utilizzano le foglie senza picciolo, e i frutti. Le prime si raccolgono tutto l'anno e vanno fatte essiccare al sole, mentre la raccolta dei frutti deve essere fatta in autunno, con successiva essiccazione in luogo riparato dalla luce.
Proprietà salutari ed utilizzo: L'alloro vanta importanti proprietà salutari: è antisettico, antidepressivo, blandamente insetticida, stimolante, carminativo e colagogo; viene utilizzato come rimedio nelle insufficienze epatobiliari, nelle depressioni psichiche e nervose, nei casi di meteorismo e per alleviare i dolori reumatici.
Infuso contro l'inappetenza e debolezza generale: mettete 2-3 foglie di alloro in 250 ml di acqua bollente, lasciate riposare per 10 minuti, filtrate; bevetene 2-3 tazzine al giorno.
Curiosità: Le foglie fresche vengono utilizzate per lessare i pesci, per profumare i fichi, nei funghi sott'aceto, e per aromatizzare arrosti, minestre e salse di pomodoro.


 


 

ORIGANO



 


 


 


 


 


 


 

Nome scientifico: Origanum volgare

Caratteristiche : Pianta aromatica a fusto eretto, ramificato nella parte superiore, con portamento cespuglioso. Ha foglie picciolate di forma ovale. I fiori, di un bel colore rosato, sono raccolti in pannocchie terminali. La fioritura avviene in estate. La pianta può superare i 70 centimetri di altezza.

Habitat : Pianta comune delle regioni mediterranee, predilige i luoghi solatii, le colline soleggiate, le montagne aspre e riarse dal sole. E' coltivata anche negli orti per le proprietà aromatiche che la rendono preziosa in cucina.

Raccolta :   A scopo medicinale si utilizzano le foglie e soprattutto le sommità fiorite che vanno raccolte d'estate allorché la pianta è in piena fioritura. Si fanno essiccare in luogo ombroso e ventilato legandole in mazzi lenti.

Proprietà : Celebre pianta aromatica, emana un intenso profumo simile a quello della maggiorana, con la quale spesso viene confusa. Dall'origano in farmaceutica si estrae un essenza che ha proprietà similari a quelle estratte dal timo. A scopo terapeutico si mostra utile nei casi di digestione lenta e difficile, combatte l'aerofagia, i disturbi di stomaco e l'emicrania. Per uso esterno un tempo si sfruttavano le proprietà cicatrizzanti della pianta per pulire le ferite.

 Curiosità :   in profumeria si utilizza il distillato mentre in cucina l'origano è largamente conosciuto


 


 

MENTA


 


 


 

Nome scientifico: Menta piperita

Famiglia: Labiate

Habitat: Paesi a clima temperato

Origine: Inghilterra

Coltivazione: Piemonte

Caratteristiche botaniche: è una pianta sterile, come parecchi ibridi, fu propagata per talea nei paesi a clima temperato.

Parti utilizzate: foglie

Utilizzazione: se ne estrae il mentolo, sostanza dall'aroma forte e inteso, usato in liquoreria e profumeria. E' impiegata nell'industria farmaceutica e in confetteria.

Proprietà: antalgico, antisettico, antispasmodico, digestivo sedativo, stimolante.

Costituenti: la pianta contiene flavonidi; è un eccitante del sistema nervoso periferico, ha un effetto moderatore sulle reazioni nervose in caso di eccitazione patologica.

Curiosità: il profumo della menta piperita è dovuto a un'essenza che è dotata di proprietà antisettiche, per questo in Inghilterra assunse il nome di peppermint.

Azione terapeutica: è stimolante,sedativa, antispasmodica, oltre che attivante delle funzioni digestive.