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domenica 2 maggio 2010


Trotula de Ruggero e il De Mulieribus  Passionis

Per gentile concessione della editrice Momento Medico srl, tratto dal libro: Angeletti, Cazzaniga, Giambanco, STORIA DELLA GINECOLOGIA.

 
 

La Ginecologia e l'Ostetricia del "de milieribus passionibus"


Quali che ne siano stati gli autori (alcuni ritengono che essi, comunque, si siano basati su scritti originari effettivamente attribuibili ad una donna medico), il "De mulierum passionibus" rappresenta la summa della dottrina e della pratica della scuola medica salernitana nel campo dell'ostetricia e della ginecologia. Il trattato riprende le idee fondamentali della medicina ippocratica e galenica, arricchendole di contributi derivanti dalla tradizione bizantina e soprattutto araba, ricorrendo nei precetti comportamentali e nelle prescrizioni terapeutiche ad una ampia base di medicina popolare nella quale, accanto ai rimedi tratti dall'erboristeria dell'epoca, sotto forma di infusi, decotti e fumigazioni, trovano posto indicazioni magiche, superstizioni, fantasticherie che si spingono fino al consiglio di pratiche decisamente singolari, quali quella, in casi estremi, di bere preparati a base di urina e di feci di animali o della stessa paziente.
La prima parte del testo tratta della fisiologia e della patologia del ciclo mestruale. Per la cessazione del flusso non dipendente dalla gravidanza vengono consigliate, accanto a pratiche certamente inefficaci se pure non dannose, quali un abbondante salasso della safena, fumigazioni con varie erbe applicate sotto una sedia bucata sulla quale, secondo le indicazioni classiche, la donna è fatta sedere, o l'introduzione nella vagina o nell'utero di pessari a forma dell'organo maschile, altre dotate di qualche probabile effetto, come l'uso di pozioni vegetali dotate di dimostrati effetti lassativi e diuretici.
Rimedi analoghi vengono prescritti nel caso di oligo-menorrea: anche in questo caso, oltre ai consueti preparati tratti dalla farmacologia galenica, una prescrizione drastica, quella dell'incremento dei rapporti sessuali. Si ritrova qui l'idea, derivata dalla tradizione medica greca, dell'impurità del sangue mestruale, concepito come una forma di purgazione mensile, e quindi il precetto di ripristinare il flusso in caso di assenza o scarsità. D'altronde, era ancora pienamente in vigore l'idea che dal sangue mestruale derivi direttamente la produzione di latte, e quindi il nutrimento del neonato, non disgiunta dalla preoccupazione che. ove questa trasformazione non si compia secondo natura, ne potrebbero derivare gravi danni al lattante. Un autore coevo al testo ascritto a Trotula, William di Conches, nel suo "De philosophia mundis" afferma che l'uomo non cammina subito dopo la nascita, come fa la maggior parte degli altri animali, perché è stato nutrito in utero del sangue mestruale, e perché questo non sia nocivo al feto ed al neonato occorre che, prima di dirigersi alle mammelle trasformato in latte, il sangue venga purificato mediante il calore in un transito obbligato attraverso il fegato. E ancora, gli animali non hanno mestruazioni, ed è per questo che la loro prole è più vitale di quella dell'uomo.
Il "De mulierum" prende poi in esame il problema delle menorragie. L'eccessiva abbondanza del flusso mestruale viene riferita ad eccesso di cibi e bevande, a eccessivo o scarso calore nel sangue, con conseguente aumento del flusso di bile gialla, bile nera o flegma, o da una patologia intrinseca all'utero, pieno di umori corrotti. È interessante che a questo punto sia indicata la possibilità che a seguito del persistere di tali perdite di sangue la donna dimagrisca, diventi idropica, fino alla morte (la metrorragia come sintomo iniziale di un carcinoma dell'utero ?); così come interessante è che venga prescritta, oltre all'abituale salasso, l'applicazione di ventose tra le mammelle "quae sanguinem superius trahant" (III). È un ritorno alla più classica delle teorie e delle terapie ippocratiche, come del tutto classiche sono le basi di quello che Charcot tanti secoli più tardi avrebbe chiamato isterismo, che si intravedono nei capitoli nei quali vengono trattati gli spostamenti dell'utero (IV e VI). Se questo si sposta in alto, ne possono derivare disturbi cardiaci quali lipotimie con scomparsa del polso, fino a paresi, dimagrimenti inarrestabili e progressivi; ancora, secondo le schema suggerito dal trattato ippocratico sulle malattie delle giovinette:

"Et praecipue accidit illis, quae viris non utuntur... virginibus etiam solet evenire, quae ad annos nubiles pervenerunt, et viris uti non possunt"

Non sembra invece che questa situazione "carenziale" predisponga agli spostamenti dell'utero verso destra o verso sinistra, che causerebbero solo dolore.
Molto interessante è il capitolo V, che tratta del prolasso uterino come possibile complicanza del parto. Infatti questa patologia, che "accade a causa della rilassatezza dei nervi e dell'abbondanza degli umori freddi", può sì derivare dall'esposizione della donna al freddo, ma soprattutto dal "conatum pariendi". E, tra i soliti rimedi popolari, pozioni e fumigazioni di erbe, il saggio consiglio "matrix egressa rnanu apposita restituatur usque ad locum suum concussa", manovra seguita ovviamente dall'applicazione di un pessario. Altrettanto importante è il successivo capitolo VIII, nel quale viene discusso l'"apostema matricis", termine col quale vengono chiaramente indicate - ma confuse - le tumefazioni patologiche dell'organo riferibili a suppurazioni "tuc febre habet" o a cancro. E' descritta con grande precisione la sintomatologia dolorosa:

"Sentit mulier in coxis, anchis et tibiis gravedinem cum multo dolore"

e più avanti:

"si nascuntur in eminentiori vel anteriori parte matricis, dolor sentitur circa vulvam et inde nascitur stranguria... si in parte posteriori dolor sentitur in dorso sub costis"

Che il termine "cancer", che qui come in antico indica anche gravi processi infiammatori destruenti, possa indicare in questo capitolo una reale forma neoplastica è forse accennato alla fine del capitolo stesso, in cui si accenna alla possibilità di un disfacimento dell'apostema, che riversa in vescica una materia corrotta, e può causare la morte.
Grande attenzione è dedicata ai problemi relativi alla sterilità ed al suo trattamento. Nel capitolo "De impedimento conceptionis" la sterilità è attribuita sia alla donna che all'uomo. Sterili sono spesso le donne "nimis tenuae et macrae, vel quia sunt nimis pingues", queste ultime per mere difficoltà meccaniche a portare a termine un normale rapporto sessuale. Altra possibile causa la matrice troppo liscia, troppo umida o troppo calda, comunque inidonea a trattenere il seme: può essere sterile una donna di circa trenta anni, con "labia vulvae ulcerata...cum maculis rubeis...sitis assidua et casus capillorum" (viene naturale pensare al diabete giovanile ! ). Ovviamente le prescrizioni saranno diverse a seconda che il medico ritenga che la causa sia l'eccessivo calore o l'eccessiva umidità della matrice. In quest'ultimo caso la donna lacrima continuamente: "Oculos habebit lacrimosos assidue. Cum enim matrix cerebro per nervos alligata sit, necesse est ut cerebrum matrici compatiatur" (un altro omaggio all'isteria ippocratica ?). Più concreti i tre possibili meccanismi di sterilità maschile, sui quali qualsiasi andrologo moderno non può non concordare, che vanno dalla mancanza di appetito sessuale, alla mancata erezione attribuita alla carenza di spirito vitale, fino all'emissione di sperma carente o di poca qualità. Il testo propone anche una variante di quelle molteplici "prove di laboratorio" per accertare a quale dei due coniugi sia da imputare la sterilità, che più volte sono citati nei testi medici a partire dai papiri egiziani di epoca faraonica: qui la prova suggerita consiste nel lasciare l'urina di entrambi in contenitori di vetro per almeno dieci giorni, e nell'osservare se compaiono molti vermi, ed in quale dei contenitori. I vermi appariranno, infatti, solo nel vaso contenente l'urina della persona sterile. E per concepire al meglio, naturalmente un maschio, quasi anticipazione del principio terapeutico dei contrari, l'uomo dovrà bere, disciolta nel vino, polvere di utero e vulva essiccata di lepre; la donna, invece, polvere di testicoli. Al quarto mese di gravidanza è attribuito il movimento del bambino, di cui le nausee sono giudicate una conseguenza. 
Molte prescrizioni riguardano la condotta della gravidanza, argomento che ricorre in molte opere di medicina altomedievale, per esempio nel trattato medico di Hildegarda di Bingen (1098-1179), il "Liber subtilitatum diversarum naturarum creaturarum". L'attenzione si concentra soprattutto sul parto diffidi le, ritenuto causato da umori freddi che si "coagulano" ad impedire la viabilità dei canali del parto, per cui vengono prescritti impacchi e decotti caldi a base di finocchio e di edera terrestre, che con il loro calore moderato riescono ad allentare la tensione del corpo della donna (Schipperges H.).
Riprendendo concetti già chiaramente affermati da Ippocrate e da Galeno, in Trotula viene richiamata l'attenzione sul fatto che una dissenteria possa causare, se grave, un aborto, donde la proibizione dell'uso dei lassativi. Le "voglie" debbono essere rispettate ed esaudite:
"non nominetur coram ipsam quod non possit haberi quia, si postulaverit et non detur ei, dat occasionem abortiendi".
In prossimità del parto, quando il bambino "si muove con maggior violenza e si sforza di uscire", oltre ad una intensificazione del ricorso alla più varia terapia a base di sostanze vegetali, si consiglia alla donna la vecchia tecnica sternutatoria, con narici e bocca chiusa, per accelerare l'espulsione del feto. In aggiunta, fumigazioni a livello vulvare con erbe odorose, muschio ed ambra, che potevano essere sostituite con menta ed origano "pro pauperibus", in accordo con l'idea che profumi gradevoli fossero in grado di attirare la matrice verso l'esterno, facilitando in questo modo il parto. Interessante è anche l'idea, di derivazione soraniana, che

"sunt quaedam physicalia remedia, quorum virtus est nobis obscura, quae ab ostetricibus facta proferuntur"

cui segue un elenco di pratiche popolari, quali tenere nella destra una pietra magnetica, bere raschiatura d'avorio, o sterco di nibbio sciolto nell'acqua, portare un corallo al collo. Le ostetriche sono sì detentrici di un sapere popolare, di livello inferiore a quello che i medici da soli attribuiscono alla loro arte, ma sono anche esperte in pratiche di assistenza psicologica, quelle stesse che Sorano, pur giudicandole inutili, consentiva venissero praticate sulle sue pazienti, se esse ne potevano in misura anche minima venir consolate e rassicurate.
Il capitolo XVII tratta ampiamente della patologia del parto; di nuovo grandi responsabilità vengono attribuite alla grassezza della donna o alla ristrettezza del canale del parto, dipendente per lo più da quelle che possiamo supporre malformazioni del bacino. Il ricorso a Dio è, ancora, in questi casi, la prima misura da adottare, seguita da bagni, frizioni, unzioni, il tentativo di indurre la sternutazione, certamente utile in fase espulsiva per aumentare la pressione endoaddominale e, secondo il consiglio soraniano, "ducatur mulier lento passu per domum". Segue un accenno, peraltro molto chiaro, al fatto che le ostetriche, in caso di presentazione di spalla o podalica, sapessero o almeno tentassero di effettuare un rivolgimento manuale - manovra tra le più difficili anche nell'ostetricia moderna:

"Si autem puer non egrediatur eo ordine quo debet, ut si prius tibiae vel brachia exeant, assit obstetrix cum parva et suavi manu, humectata in decoctione seminis lini... reponendo puerum in locum suum, ordine recto"

Il secondamento, nel caso di ritenzione di placenta, sarà favorito dalla solita manovra di Valsalva ottenuta con sternuti a bocca e naso chiusi, o inducendo il vomito. Anche suffumigi fetidi sono consigliati, in questo caso a livello delle narici, mentre quelli odorosi, si è visto, erano principalmente raccomandati a livello vulvare per indurre il travaglio; si utilizzano a tale scopo

"...subtus oculis de ossibus piscium vel de ungula cavallina, vel de stercore cati vel agni: ista enim secundinam educunt" 

Le complicanze del parto sono elencate nel ventesimo capitolo, in cui è descritta la possibile lacerazione grave del perineo, per cui "Sunt quaedam quibus vulva et anus fiunt unum foramen...unde istis exit matrix" e a cui segue la descrizione dell'intervento chirurgico, dopo la riposizione manuale dell'utero in sede: 

"...tunc suaviter eam reponimus. Postmodum ropturam intra anum et vulvam tribus locis vel quatuor suimus cum filo de serico, deinde pice liquida linimus, hoc enim facit matricem retrahit"

Finalmente la donna viene mantenuta, oggi diremmo in Trendelenburg, evitando tosse ed indigestione, tranquilla nel letto con i piedi più alti, senza possibilità di alzarsi per otto o nove giorni consecutivamente. Per prevenire la lacerazione del perineo viene fornito un utile consiglio, male interpretato da alcuni traduttori:

"Ad praedictum igitur periculum evitandum... praeparetur pannus in modum pilae oblongae et ponatur in ano ad hoc ut in qualibet conatu ejiciendi puerum, illud firmiter ano imprimatur, ne fiat huius modi continuitatis solutio" 

E' evidente che la "pila oblonga" era fortemente premuta sulla regione anale, cosa oltremodo utile, e non già introdotta nel retto (Radicchi R.). Una vicenda poco chiara invece, ma degna di essere menzionata in quanto viene espressamente citato l'intervento di Trotula per risolvere un problema, è quella di una giovane che avrebbe dovuto essere operata "cum enim puella debes incidi" a causa di una "ventositas" dovuta alla penetrazione di aria nell'utero. Trotula, ricoverata la fanciulla nella sua casa, la guarì con la semplice pratica di bagni, massaggi e con l'applicazione di empiastri. Si tratta dell'unica diretta citazione di Trotula in qualità di "medico operante" all'interno del De mulierum passionibus". 
Tra le complicanze del parto viene ricordato il prolasso uterino per il quale si prescrive un pessario e quiete per nove giorni, come nel caso della lacerazione del perineo; e ancora, vengono suggeriti bagni ed empiastri in caso di profuse emorragie post-partum o di protrusione emorroidaria. 
Le solite prescrizioni farmacologiche vengono suggerite nel caso di prurito vulvare e di leucorrea che viene imputata soprattutto ai disordini del flusso mestruale, ed in particolar modo all'amenorrea; ed è ancora classico il consiglio di ricorrere a rapporti sessuali frequenti nel caso di prolasso uterino o di sindrome isterica.

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