Il tiepido sole stava appena sorgendo all'orizzonte,là dove le cime delle montagne si inchinavano come una culla rocciosa e lui si stava apprestando a montare il suo turno di osservazione.
Non era cosa che lo entusiasmasse particolarmente,quella mattina:avrebbe preferito rimanere ancora un po' nella cella termica a riposare.
Ma il lavoro doveva essere terminato nei tempi,e i tempi oramai erano quasi scaduti.
Presto tutta l'attrezatura doveva essere smantellata e tutto il gruppo si sarebbe trasferito altrove per osservare ,osservare ancora fino ad essere in grado di decidere.
Decidere cosa lui non lo sapeva e nessuno glielo aveva detto né lui si era sognato di chiederlo.
Era solo un tecnico,un bravo lavoratore ,un professionista con anni di esperienza,molto apprezzato dai superiori,ma niente di più.
Altri decidevano e sapevano.
Si sistemò più comodamente possibile sull'erba umida e tirò fuori i "ferri"del mestiere.
Tra poco sarebbero usciti dalle loro tane e lui doveva essere pronto e vigile.
Ma i suoi occhi sapevano già cosa guardare,dopo tanti anni,quasi indipendentemente dalla sua attenzione o dal suo impegno.
Il raggio del sole nascente brillava rendendo la brina magicamente colorata da mille riflessi.
Era ancora fanciullescamente affascinato da quel fenomeno di luci riflesse.
Sapeva da quel rifrangersi di luci che sarebbe avvenuto tutto nel giro di qualche attimo di tempo.
Ed infatti tutto cominciò rapidamente e con il ritmo di sempre.
Le tane spalancarono contemporaneamente,o quasi,le aperture,e le creature cominciarono ad uscire.
La sequenza era la stessa di sempre:alcuni isolati,altri a coppia,altri ancora in piccoli gruppi.
Tutti si muovevano in direzioni prestabilite.
Una era preferenziale e portava ad una piccola radura nella quale le creature si ammassavano una contro l'altra in attesa del grosso tronco:o perlomeno così lo aveva soprannominato lui,perché proprio un grosso e tozzo tronco sembrava.
Quando il tronco scivolava verso la radura le creature sembravano risvegliarsi dal torpore e si cominciavano ad agitare.
Lui presupponeva che quel tronco fosse molto importante per loro,vista l'agitazione.
Forse era una specie di totem tribale.
Forse le creature erano abbastanza evolute da avere un totem:non era risposta che poteva dare lui.
Il tronco scivolava via con lentezza esasperante:si era sempre stupito della lentezza con la quale le creature si spostavano.
Si poteva seguirle nel movimento per molto tempo
Alcune però rimanevano nelle tane,potevano uscire in un secondo momento,o ancora non uscirne affatto per tutto un tempo di sole o ancora di più.
Quelle che uscivano nel secondo turno parevano meno agitate dei primi e si muovevano ancora con più pacatezza.
Si trascinavano dietro quelli che lui pensava fossero i cuccioli della specie,ragnetti mobilissimi ed imprevedibili
Che solitamente venivano trattati con molto riguardo.
A volte sembravano dominare le creature più grosse,ma ciò contraddiceva ogni regola da lui conosciuta e quindi la riteneva onestamente impossibile.
Il sole cominciava ad asciugare la terra e intorno si cominciavano a creare nell'erba piccole pozze di acqua.
Mise un dito nella pozza vicina e poi succhiò con piacere il liquido freddo
Tutto il suo corpo rabbrividì di piacere e si sentì subito in colpa.
Le creature bevevano molto senza nessun problema,con buone probabilità il loro corpo era formato in gran parte di acqua
Bevevano quindi spesso,ma rieliminavano con altrettanta frequenza il liquido.
Appoggio la testa alla terra erbosa e guardò verso il cielo azzurrissimo:il sole inondò i suoi occhi,ma lui non ebbe bisogno di chiuderli a difesa.
Il cuore gli si fece pesante,le pietre pesanti dei ricordi gli tolsero quasi il respiro e per un attimo si scordò il lavoro e le creature.
Era tempo di tornare.
Troppi anni aveva vagato ad osservare creature in ogni parte delle galassie.
A cercare con gli scienziati della sua spedizione un pianeta che potesse essere compatibile.
Compatibile con le caratteristiche della sua specie.
E le immagini della sua terra arida e morente scorsero davanti ai grossi occhi privi di palpebre.
Le sconfinate terre del grande deserto,dove ogni goccia di acqua era un bene prezioso e dove da centinaia di anni non cresceva più un solo filo di erba.
Penso al suo tenero amore e a quell'ultima volta che l'aveva vista:piccola indifesa con la pelle rugosa appena colorata di terra gialla come nella tradizione delle loro spose.
Lei con il suo serbatoio di liquido agganciato alla tuta termica,lei che lo guardava andare via.
Quanti anni erano passati'?
Quanti millenni di luce erano corsi ormai tra loro?
Mai nessuna creatura,e ne aveva viste,oh se ne aveva viste,le era sembrata più bella
Lei che si stagliava coraggiosa nell'ombra del loro grande sole nero morente.
Le pietre pesavano si nel suo cuore e i ricordi erano piccole e feroci lame,ma si girò e cominciò come tutti i giorni a scrivere gli appunti per la missione.
"giorno 146 di osservazione
Pianeta 568 della galassia yjw
Le creature che lo abitano lo denominano come terra………
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