L'istituzione del divorzio durante l'età medioevale.
Durante il primo periodo storico del medioevo,dal VI al X secolo,sostanzialmente la chiesa romana accettò le regole del diritto germanico sull'istituzione matrimoniale.
Secondo il diritto germanico il matrimonio era un contratto civile completamente,a volte,svincolato dalla volontà dei contraenti,che avveniva in due fondamentali tappe:la prima ,detta"desponsatio" era un contratto notarile stipulato dalle due famiglie degli sposi,nel quale atto avveniva un legale passaggio di potestà ,anche economica della donna che era trasferita dalla giurisdizione paterna a quella maritale.
Tale passaggio contrattuale di potere era definito "mundio":nel mundio era il marito ,al contrario del diritto romano,che pagava una dote al padre per assumere posizione legale.
La mundio veniva sottoscritta da un notaio o da un funzionario incaricato .
La seconda tappa era le "nuota che si concludevano con "la traditio puellae"atto conclusivo e simbolico del contratto che consisteva nel condurre la sposa nella camera nunziale.
Tutto questo percorso era svolto senza alcuna celebrazione religiosa e a seconda della potenza economica dei contraenti ,con cerimonie più o meno fastose ,senza però mai arrivare alle grandiosità celebrative che contradistinsero il rito matrimoniale in epoche successive.
Il tutto veniva gestito come un altro qualsisi atto di compravendita o di passaggio di proprietà.
Il diritto germanico comprendeva però,ed è chiaro trattandosi di atto contrattuale notarile,la possibilità di scioglimento del contratto stesso a livello consensuale e bilaterale,come comprendeva sia il ripudio,sia della donna che dell'uomo,sia la possibilità,in questo caso solo per l'uomo di avere più concubine.
Lo stesso Carlo Magno arrivò ad avere fino a quattro concubine contemporaneamente.
La chiesa,già nel VII secolo cominciò ad opporsi a questi due aspetti del diritto germanico e a rivendicare competenze morali ed etiche sul rito matrimoniale.E' indubbio che il contollo della coppia matrimoniale assunse per Roma il primo gradino per la possibilità di un controllo più esteso a livello politico e ,nel pensare questo ,occorre contestualizzare in modo particolare le grandi alleanze tra dinastie dalle quali dipendeva l'equilibrio e l'assetto polito dell'Europa e della chiesa romana stessa.
Controllare i matrimoni reali o dei grandi feudatari significava avere una posizione di assoluto potere sullo scacchiere della politica tra stati.
Niente quindi di morale,etico o religioso,tant'è che la chiesa partì da lontano,cioè dall'allargare il concetto di incesto.
Questa giurisdizione sulla consanguineità degli sposi avrà enormi aspetti di potere per Roma nello scioglimento o meno di alleanze tra poteri ,si pensi al rifiuto dell'annullamento,che per altro proprio per le sue regole sarebbe stato dovuto,tra Enrico VIII e Caterina D'Aragona.
Durante i secoli al VII al IX obbiettivo della chiesa fu dunque quello di estendere il concetto di incesto;il diritto romano vietava i matrimoni tra consanguinei,ma Roma estese il concetto di consanguineità fino al settimo grado di parentela:ad esempio i figli di due cugini erano parenti di terzo grado(e non di sesto come nel diritto romano)e quindi il loro matrimonio era viziato di grave incesto.
Attraverso i capitolari carolingi fu affidato al clero la competenza di indagare sull'eventuale consanguineità dei promessi o sposi con la possibilità ,non contestabile,di separare i coniugi ed annullare nozze anche in presenza di figli.
Ma la chiesa andò oltre comparando la consanguineità con l'affinità.
Nello stesso tempo,con mossa politica magistrale,nell'866 ,papa Nicolò I con una lettera pontificia affermò il fondamento morale del consenso matrimoniale decontestualizzando l'atto dal contratto notarile e impose la benedizione come prova di validità ai fini della legittimazionella prole.
Atti apparentemente marginali ,ma che in realtà dettero alla chiesa il potere unico di legiferare sui matrimoni.
Teologi,giuristi e naturalmente il papato affermarono e sottoscrissero la natura sacramentale dell'atto matrimoniale e la dispensatio civilmente contratta tra famiglie,o tra singoli,cessò di esistere ed il matrimonio divenne la cerimonia religiosa ,nel quale ,il prete ,dopo avere accertato secondo le regole di Roma la possibilità di esecuzione,diviene unico artefice e dispensatore anche di protocolli comportamentali interni.
Il matrimonio diviene così sacramento e materia di diritto canonico,lo scioglimento dello stesso viene ad essere di fatto ,non solo negato,ma considerato peccato grave,ed ogni possibilità rispetto all'annullamento competenza assoluta della chiesa di Roma.
Susanna Franceschi
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