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venerdì 12 novembre 2010


La storia del gaelico irlandese

Parte prima: storia e sviluppo

Il gaelico irlandese trae la sua origine da una radice comune di lingue indoeuropee, chiamata per l’appunto tronco indoeuropeo. Questa lingua, verosimilmente parlata all’incirca 5000 anni or sono nelle steppe a nord del mar Nero, ha dato origine a quasi tutte le lingue usate oggi in Europa (con l’eccezione dell’ugro-finnico in Finlandia, del magiaro in Ungheria e del basco nella regione a cavallo tra Spagna e Francia), e a molte lingue dell’Asia meridionale e del sud-ovest (Asia Minore).

L’origine comune è messa in evidenza in modo netto dalle notevoli somiglianze presenti nelle varie lingue europee: “fratello” si dice così brother in inglese, bruder in tedesco, brat in russo, breur in bretone, bráthair in gaelico irlandese, e così via.

Di questa lingua indoeuropea, anche detta “proto-indoeuropeo”, non rimane oggi alcuna traccia scritta. Per questo motivo, a partire dalla fine del XVIII secolo, in particolare grazie all’opera dello studioso inglese William Jones, i linguisti hanno potuto lavorare solo su ricostruzioni e comparazioni per giungere, alla fine, esclusivamente a probabilità teoriche, seppur molto forti.

Si ritiene innanzitutto che questa lingua abbia conosciuto una prima suddivisione all’inizio del terzo millennio a.C., frammentandosi in conseguenza delle migrazioni delle varie popolazioni in Europa e in Asia.

Le principali branche di questa “lingua originaria” sono il celtico (che darà origine all’irlandese, allo scozzese, al bretone, al gallese e alle lingue della Cornovaglia e dell’isola di Man); il greco (antico e moderno); l’italico (da cui provengono il latino e le lingue di origine latina: il francese, l’italiano, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno, ecc.); il germanico (il tedesco, l’inglese, l’olandese e le lingue scandinave) e lo slavo (il russo, il ceco, il polacco, il serbo-croato).

Sono da aggiungere a questo elenco l’indo-iraniano (il sanscrito – lingua estinta – l’hindi e il persiano), l’armeno, l’albanese, il baltico (prussiano antico – oggi estinto – il lituano e il lettone) e l’anatolico (ittita).

Per quanto è dato sapere, questa lingua preistorica era già molto complessa: i nomi, gli aggettivi e la maggior parte dei pronomi distinguevano otto casi e tre numeri (singolare, plurale e neutro). Anche i generi erano tre (maschile, femminile e neutro), e i verbi venivano coniugati non solo in funzione della persona e del numero, ma anche a seconda dell’aspetto (imperfetto, perfetto, stativo), dei tempi (passato, non passato), della voce (passiva, medio-passiva) e del modo (indicativo, imperativo, ottativo).

La branca celtica

La lingua progenitrice di tutte le lingue celtiche, attuali ed estinte, è denominata “celtico comune”. In ordine di tempo la prima famiglia delle lingue celtiche era costituita dalle lingue celtiche continentali, oggi del tutto estinte: si tratta del gallico, del celto-iberico e del leponzio. Le prime tracce scritte di quest’ultima lingua, risalenti all’inizio del VI secolo a.C., sono state ritrovate in Italia del Nord.

Queste lingue continentali ebbero la loro massima diffusione intorno al III secolo a.C., dalla penisola iberica (a sud) fino alla Galazia (regione corrispondente all’attuale Turchia), passando per la Gallia.

Le tracce di queste lingue si possono ritrovare in un gran numero di nomi propri di origine celtica, in particolare fiumi, luoghi e città di tutta Europa. Per contrasto, le tracce scritte sono estremamente rare, a causa della riluttanza dei Celti a fissare il proprio sapere in forma scritta. Giulio Cesare ne spiega il motivo, nel corso del primo secolo d.C., dicendo a proposito dei druidi:

“Essi ritengono che la loro religione non consenta loro di affidare alla scrittura l’oggetto dei loro insegnamenti, mentre per tutto il resto si servono dell’alfabeto greco. A me sembra che abbiano stabilito questo stato di cose per due motivi: sia perché essi non vogliono che la loro dottrina sia divulgata, sia perché affidandosi alla scrittura, la memoria sarebbe di conseguenza trascurata; perché è evidente che quando ci si affida a testi scritti ci si applica in maniera minore a ritenere le questioni a mente, trascurandone la trasmissione a memoria” (Giulio Cesare, De Bello Gallico, VI, 14).

Queste opinioni, è bene ricordare, sono espresse da un avversario delle popolazioni celtiche, e non rappresentano necessariamente la verità.

Le lingue celtiche ancora oggi in uso, ivi compreso il bretone di Armorica (l’odierna Bretagna continentale), derivano tutte dal celtico insulare. In Irlanda esse sono identificate per la prima volta a partire dal IV secolo a.C., probabilmente a provenienza dalle regioni occidentali della Francia odierna; quest’onda linguistica si prolungherà in seguito verso l’isola di Man e la Scozia a partire dal V secolo d.C.. Un’altra propaggine si diresse verso l’odierna Inghilterra e verso il Galles, per ripropagarsi, sempre verso il V secolo, verso l’Armorica. Nello stesso periodo le lingue celtiche continentali scompaiono, insieme alla decadenza dell’impero romano.

A partire dal V secolo d.C. le lingue celtiche insulari si separano in due famiglie. Le lingue britoniche (brythonic in inglese), comprendenti la lingua in uso nella Cornovaglia (scomparsa nel corso del XVIII secolo), il bretone ed il gallese, queste due ultime per molto tempo (fino al XV secolo) molto simili e mutualmente comprensibili.

Le lingue gaeliche (in inglese goidelic) comprendono oggi la lingua dell’isola di Man (quasi estinta), il gaelico irlandese ed il gaelico scozzese. Queste due ultime condividono fino al XVII secolo regole strutturali molto simili, grazie agli stretti legami culturali, economici e politici esistenti tra le due regioni. Ancora oggi le due lingue sono abbsatanza “vicine”, al punto da essere reciprocamente comprensibili.

Talvolta si utilizza il termine di “Q-celtico” per il britonico e di “P-celtico” per il gaelico, a causa di una mutazione fonetica comparsa in epoca abbastanza precoce: così, ad esempio, il termine indoeuropeo ekvos (cavallo) diventa equos in Q-celtico e epos in P-celtico. Più recentemente “testa” diventerà penn in bretone e ceann in gaelico irlandese, e alla stessa maniera il numero “quattro” diverrà rispettivamente pevar e cathair.

Alla fin fine le lingue bretone e gaelica, pur essendo tra loro lontane parenti, sono comunque oggi troppo differenti per risultare mutualmente comprensibili. Al contrario probabilmente un bretone avrà più facilità a comprendere un gallese, così come la lingua italiana risulterà abbastanza comprensibile ad un francese, o la lingua olandese ad un tedesco.

Le prime tracce scritte relative alla lingua gaelica in Irlanda risalgono al IV secolo d.C., sostanzialmente su alcune pietre funerarie (dette “ogamiche”), ma la maggior parte delle attuali conoscenze al riguardo proviene dai manoscritti redatti dai monaci irlandesi nel corso del Medio Evo: anche se quasi sempre scritti in latino, questi manoscritti avevano tuttavia alcune annotazioni in gaelico. La prima elegia interamente redatta in gaelico risale al 597, ed era dedicata a San Colombano.

Il più antico manoscritto di cui disponiamo, il manoscritto di Würzburg, risale al VII secolo. Con l’eccezione di esso, i primi manoscritti si collocano nel periodo del XII secolo, perché un gran numero di essi venne distrutto durante le invasioni vichinghe, dall’ottavo al decimo secolo. È proprio grazie a questi manoscritti, la cui tradizione continuerà nell’Irlanda monastica fino al XVIII secolo, che la prima fase evolutiva del gaelico irlandese (l’”Antico Irlandese”, 700-950) è potuta restare nota sino ai nostri giorni. In seguito la lingua irlandese evolverà in “Medio Irlandese” (950-1350), “Moderno Precoce” (1350-1650) e “Moderno Tardivo” (dal 1650 ad oggi).

Durante il primo periodo è possibile ritrovare il gaelico in poesie di grande semplicità, spesso molto brevi, come l’esempio seguente:

Un suono di zufolo

È sfuggito, dal becco dorato

Di un uccellino

Il merlo, dall’alto del suo albero ingiallito

Lancia i suoi fischi al di là del Loch Laigh.



A seguito delle invasioni vichinghe un’influenza scandinava si farà sentire a partire dall’VIII secolo: come la popolazione gaelica assorbirà questo apporto del popolo invasore, allo stesso modo la lingua gaelica integrerà questo apporto linguistico, la cui più netta influenza può oggi ritrovarsi maggiormente nei nomi di località della costa occidentale irlandese: Wexford, Waterford, Wicklow, etc.

I popoli anglo-normanni arrivarono in Irlanda a partire dal 1169, e due secoli dopo le autorità inglesi fecero votare lo statuto di Kilkenny (1366), tendente ad impedire che i cosiddetti “inglesi degenerati” adottassero i costumi tipici dei clan gaelici: i matrimoni misti furono proibiti e l’abbigliamento tipico della gente gaelica venne interdetto, insieme all’uso della lingua gaelica da parte degli anglo-normanni. Si tentò in altri termini di impedire, con il mescolarsi delle popolazioni, un processo naturale: in realtà questo editto si mostrò, alla luce dei risultati, scarsamente efficace.

Con l’uso sempre più frequente dell’alfabeto latino, a partire dal XVI secolo, la scrittura della lingua gaelica pose alcuni problemi. Così, il punto posto al di sopra di alcune consonanti per addolcirne il suono fu rimpiazzato, a partire dal 1567 dalla lettera “H” posizionata dopo la consonante in questione, ed ancora oggi utilizzato con questo scopo. L’accento lungo sulle vocali, detto fada (á, é, í, ó, ú) è invece perdurato sino ai nostri giorni.

Dal XVII al XIX secolo la lingua gaelica rimane in sostanza ciò che è sempre stata: una lingua rurale trasmessa oralmente. In particolare, la poesia rimane molto vivace nonostante la scomparsa del mondo gaelico, dei capi-clan e dei poeti ufficiali delle grandi dinastie gaeliche (i filí, al singolare file). In questo periodo fa anche la sua comparsa un personaggio molto importante, l’insegnante-poeta, spesso itinerante, di cui si trova un ottimo esempio nel grande romanzo di Thomas Flanagan The Year Of The French (Arrow Books, London, 1989). È anche in quest’epoca, tra il XVI e il XIX secolo, che la lingua gaelica, vittima delle separazioni subentrate tra le varie regioni irlandesi, si separa in svariati dialetti (Connaught, Ulster, Munster), ancora oggi ben difficili da riunire in un corpus d’inquadramento unico.

Inoltre la lingua inglese, lingua dell’amministrazione e dell’economia, iniziò progressivamente a guadagnare terreno anche nelle campagne, in particolare a seguito delle disastrose carestie della metà del XIX secolo. Molte altre ragioni possono essere addotte a spiegare la progressiva scomparsa del gaelico in Irlanda: sopra tutte il ruolo delle National Schools, fondate nel 1831, in cui l’insegnamento ufficiale avveniva esclusivamente in inglese. Va però anche detto che, a differenza di altri Paesi di origine celtica, in Irlanda non esiste una tradizione di divieto dell’uso della lingua gaelica nelle aule scolastiche e nei luoghi di ricreazione. È possibile che anche il clero abbia svolto un ruolo nella propagazione dell’inglese, semplicemente perché quasi tutti i preti non erano in grado di parlare la lingua (o il dialetto) delle regioni in cui essi dovevano recarsi a predicare la religione cattolica.

Di certo uno dei motivi principali deve essere messo al passivo dell’opera di Daniel O’Connell, insigne avvocato e uomo politico irlandese, considerato uno dei più strenui sostenitori dei diritti dei cattolici nel corso del XIX secolo. Sebbene fosse bilingue, O’Connell considerava la battaglia per la lingua una battaglia persa in partenza, e la sua importanza politica fu così grande (specie all’inizio del diciannovesimo secolo) che la sua visione a tal riguardo perdurò ancora per molti anni, lasciandosi alle spalle una lingua abbandonata dalle popolazioni rurali e disprezzata dalle classi sociali più agiate delle zone urbane. I cattolici più ricchi, in particolare, miravano a dare ai propri figli una buona educazione anglofona, con lo scopo di facilitare loro l’accesso ai posti più importanti dell’amministrazione anglo-irlandese.

Il risultato di tutto ciò si ebbe con il censimento che si svolse alla fine del XIX secolo: nel 1891 solo lo 0,2% della popolazione non parlava l’inglese, e solo il 14,5% degli irlandesi parlava il gaelico. È in questo contesto che nasce, nel 1893, il principale movimento per la rinascita della lingua gaelica, la Liga Gaelica.

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