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lunedì 20 dicembre 2010


UGO DI TOSCANA (Ugo dei Tusci)

La Firenze contemporanea può ammantarsi dell'onore di essere il capoluogo della Regione Toscana grazie, in un certo senso, a quanto decise un "antico toscano", vissuto in un periodo storico lontano, in cui l'Europa moderna ha radice trovando numerosi assetti politici e territoriali fondamento, denominato convenzionalmente Medioevo.
In epoca alto medievale insieme a ` tanti Papi, Imperatori, Re e cavalieri operò un uomo d'alto lignaggio, fra i più illustri e autorevoli del suo tempo, I quale Ugo Marchese di Tuscia, della Toscana (953/4-1001), nome un tempo leggendario nella memoria dei fiorentini, a differenza d'oggi, i quali, fino a circa duecento anni fa, solevano radunarsi al cospetto del sepolcro del Marchese alla Badia fiorentina nel giorno dell'anniversario della sua morte avvenuta il 21 dicembre del 1001.

I cittadini di Firenze furono, infatti, per lungo tempo grati al loro signore non solo per il buon governo che seppe instaurare ma anche per avere fatto della loro urbe la sua sede, trasferendovi la corte da Lucca, tradizionale città dei Marchesi di Toscana, i quali, prima di lui, si intrattenevano a Firenze soltanto per le sedute del tribunale e per altri incarichi amministrativi.
Il Marchese Ugo, al quale piaceva la Toscana tutta, ebbe una predilezione per Firenze: "e a costui piacque la stanza di Toscana, e massimamente nella città di Fiorenza, fececi venire la moglie, e in essa fece suo dimoro, siccome Vicario di Otto Imperatore", come ricorda lo storico Malespini.

Un legame stretto e indissolubile con la città lo leggiamo nei colori dello stemma del Marchese appartenente al casato tedesco dei von Brandenburg, il bianco e il rosso, che da allora sono divenuti i colori di Firenze.
A buon diritto, il Marchese Ugo deve essere considerato l'antenato storico della moderna Firenze che allora toccava il punto più basso della sua lunga storia: poco più di tremila abitanti ritiratisi all'interno dell'antica cerchia romana; una città piccola e in decadenza che all'alba dell'anno 1000, grazie anche al suo nuovo status politico, iniziò a dare segni di ripresa. Con il passaggio al secondo millennio incominciò un periodo di fioritura culturale che ebbe le sue stupende espressioni nel Battistero e nelle Chiese di San Miniato e dei Santi Apostoli, primissime testimonianze di una peculiarità creativa tipicamente fiorentina, alla quale fecero riferimento gli architetti del Rinascimento.



Dalla Toscana la storia del Marchese Ugo, figlio di Uberto e di Willa di Bonifacio Duca di Spoleto e Marchese di Camerino, nipote di Ugo di Arles Re d'Italia, imparentato con le più nobili famiglie dell'epoca e discendente da Carlo Magno, si intreccia con gli intensi rapporti che questa regione ebbe coll'impero di Germania e col papato.

In un tempo di torbidi e di violenze quale il secolo decimo passato alla storia come "il secolo di ferro", quando crisi economiche e politiche si sovrapposero a crisi morali e religiose, il Marchese scelse di non essere soltanto, come il suo alto ruolo imponeva, un valente uomo d'arme. Ugo di Toscana eccelse ancor di più per le sue doti diplomatiche e per la sua equità nelle cose del governo, verso i sudditi. A lungo, dopo la sua morte, venne considerato il prototipo del perfetto principe.

Al governo della Toscana fu uno dei principi laici più potenti del tempo e per un certo periodo uno dei primi personaggi dell'impero, schierandosi apertamente con il programma politico della dinastia sassone. Profondamente convinto del primato imperiale su quello del Papa, divenne un fedelissimo degli Ottoni schiacciando nel proprio territorio la recalcitrante feudalità, privandola di molti privilegi. Restaurando comunque e dovunque l'autorità imperiale accanto all'Imperatore Ottone III, viene considerato il fondatore della compagine della moderna Toscana.

Fecero parte integrante della sua strategia politica il riconoscimento di alcune attribuzioni laiche alle più "duttili" autorità ecclesiastiche, che si impegnò a riformare, e le numerose fondazioni monastiche che volle nel territorio, poiché esse non divennero siti monastici sotto tutela personale di importanti famiglie, com'era solito, bensì furono abbazie marchionali o imperiali, costituite, quindi, per riaffermare il potere dei sovrani e non per indebolirlo. La riforma ecclesiastica era per lui di precipuo interesse politico oltre che religioso. Legato alla figura di San Romualdo, iniziatore dei camaldolesi, fondò ben sette abbazie a partire da Firenze con l'erezione della Badia, i cui monaci, fino oggi cultori della sua memoria e a lui devoti e riconoscenti, ogni anno, a partire dal primo anniversario della sua morte, il 21 dicembre, celebrarono, e ancor celebrano, una messa in suo ricordo, in antico col concorso di molto popolo ed ora alla presenza di autorità e di una rappresentanza in costume rinascimentale del Corteo della Repubblica Fiorentina.

Per la sua saggezza nel governare, caso piuttosto unico fra i potenti del suo tempo, lasciò "per molti secoli di sé grata memoria ai fiorentini"; la fama di Ugo di Toscana si dilatò presso i posteri e su fatti accertati si innestarono numerose leggende a testimonianza di quanta ammirazione aveva suscitato e continuava a suscitare. Lo stesso Dante, che componeva in versi due secoli dopo la sua morte, collocò "il Gran Barone", come lo appellò, nel suo `Paradiso' (XVI, 127-129) e Mino da Fiesole, nel 1481, per lui fu l'artefice del monumento funebre, tuttora visibile alla Badia fiorentina. Ancora alla Badia, a emblema del sempre vivo ricordo, Raffaele Petrucci nel 1618 scolpì la statua con le sembianze del Marchese che venne allocata nel chiostro grande.

SBF
nella foto lo stemma di Ugo dei Tusci

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