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lunedì 3 gennaio 2011


LA PROFEZIA DI SAN MALACHIA
NOTE STORICHE


San Malachia nacque nella cittadina irlandese di Armagh, nel 1094. Di lui si conosce la grande passione per lo studio fin dalla prima giovinezza. Suo padre, lettore presso l’università, è uomo di grande fede e di origini nobili.
Malachia viene ordinato prete nel 1119 e diventa vicario della diocesi di Celsus in Armagh. La sua opera di riformatore, che culmina con l’avvicinamento della chiesa locale a quella di Roma, viene approvato dal soglio pontificio, tanto che di lì a poco, nel 1124, viene nominato Vescovo di Connor, villaggio nei pressi di Ballymena. A lui si deve, con molta probabilità, la costruzione del monastero di Ibrack.
Nel 1132 diventa primate d’Irlanda ad Armagh, dove si distingue come un forte riformatore. Nel 1138, rinuncia al titolo vescovile e torna ad essere un semplice monaco per desiderio di umiltà e per amore della preghiera, che lo porta a bandire ogni onore terreno. Hanno così inizio i suoi viaggi per l’Europa. In uno di essi, a Clairvaux, incontra San Bernardo, con cui intreccerà una profonda amicizia. Bernardo, peraltro, sarà il suo primo biografo ufficiale.
A Roma, Papa Innocenzo II lo accoglie con grandi onori.
In tutto il vecchio continente, la fama di Malachia viene amplificata: "Aveva predetto tutto, aveva visto tutto e previsto ogni cosa fin nei minimi particolari", dicono di lui. Ma il prete irlandese non sopporta il titolo di profeta che gli viene sovente attribuito.
Compone testi religiosi di vario argomento affrontando temi come la riparazione dei peccati ed il celibato. Introduce i Cistercensi nel suo Pase d’origine e si dedica a praticare la pietà fino a quando le forze gli vengono meno.
Tra le braccia di San Bernardo, Malachia esala l’ultimo respiro, il 2 Novembre 1148. Si dice che — conoscendo il giorno della sua dipartita terrena — abbia fatto chiamare l’amico al suo capezzale, il quale ne raccolse le ultime parole.
Quarantadue anni dopo, nel 1190, viene canonizzato da Papa Clemente III, per le sue grandi virtù di riformatore della chiesa irlandese e per la fedeltà al Soglio di Pietro.
Nel 1595, inizia a circolare la Prophetia de summis pontificibus. Il testo, solo attribuibile a Malachia, contiene la descrizione dei papi da Celestino II (Guido di Città di Castello, novembre 1143 - marzo 1144) fino ai giorni nostri, e costituisce una delle più terribili profezie riguardanti il futuro della Chiesa e della città di Roma, destinata ad essere distrutta subito dopo l’avvento dell’ultimo Papa, Pietro romano (Pietro II?). Quella data dovrebbe segnare (sempre secondo la profezia) anche la fine del mondo.
Il fatto curioso sta nella diffusione della profezia in epoca così tarda. San Malachia dovrebbe averla scritta negli ultimi anni della sua vita. Per quale motivo vede la luce ben cinquecento anni dopo? Con tutta probabilità, lo scritto è da ritenersi apocrifo, in parte redatto secondo il De vitae Pontificum di Platina, e quindi non attribuibile al santo.
Secondo la tradizione, comunque, il testo sarebbe stato composto da Malachia nel 1139, a Roma, e stampato a Venezia a cura del benedettino Arnold de Wion che la inserì nel suo libro Lignum vitae.
Secondo altri, la profezia sarebbe "un documento apocrifo apparso nel 1590 e redatto durante il conclave nel quale fu eletto Papa Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati, 1590-1591). Il documento fu presentato e diffuso dai partigiani del cardinale Simoncelli di Orvieto. Non fu altro che un documento occasionalmente inventato a scopo di corruzione elettorale".
Il testo, come accennato, indica 111 nomi simbolici di Papi fino all'età moderna e contemporanea per chiudere con la fine dei tempi e la caduta del papato. I Pontefici sono designati in modo figurato o allusivo con brevi proposizioni latine formate da due o tre parole, di solito da due nomi (ad es. "Crux de cruce" riferito a Pio IX) o da un nome ed un aggettivo ("Ignis ardens" con cui viene designato S. Pio X) oppure da due nomi ed un aggettivo (ad es. "Vas trinum in porta" riferito a Papa Innocenzo XII, Antonio Pignatelli (1691-1700) la cui famiglia aveva come stemma tre vasi o pignatte).
Leone XIII, Gioacchino Pecci (1878-1903) designato come "Lumen de coelo" con riferimento anzitutto alla cometa che caratterizza la parte alta dello stemma, ma anche alle qualità morali dell'autore della Rerum novarum.
Quello che dovrebbe essere il penultimo Papa, viene indicato con la proposizione De gloria olivae (La gloria dell'ulivo). E' assolutamente incerto stabilire se si riferisca allo stemma o alle qualità morali del pontefice destinato a succedere a Giovanni Paolo II.
L'ultimo Vicario di Cristo viene indicato in Pietro romano. Cosa alquanto curiosa, dal momento che vige l'uso di non assumere - tra i pontefici - il nome del primo Papa.
SBF

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