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domenica 11 marzo 2012


MARY SHELLEY

Quando Mary Shelley scrive il suo romanzo è influenzata dalle scoperte scientifiche avvenute all'inizio del diciannovesimo secolo. Proprio in questo periodo gli scienziati cominciarono a chiedersi seriamente se fosse possibile riportare in vita i morti e se la vita potesse tornare spontaneamente da materiale inorganico. Infatti, gli scienziati e i fisici del suo tempo, tormentati dalla sfuggente linea di separazione tra vita e morte, analizzando organismi minori e facendo esperimenti di anatomia umana, tentarono di resuscitare persone annegate o morte recentemente con delle scosse elettriche. L'autrice di Frankenstein segue soprattutto i principi di Galvani. Si capisce chiaramente che Mary Shelley è stata influenzata da questo scienziato dall'espressione "scintilla di vita alla cosa inanimata che giaceva ai miei piedi" usata per descrivere la nascita del mostro. In ogni modo, quando "Frankenstein" fu pubblicato, la parola galvanismo era implicitamente sulla bocca di tutti; infatti, l'elettricità era considerata una misteriosa forza vitale che aveva l'apparente capacità di ridare vita ai morti. La popolazione era talmente interessata ai principi galvanici che nel 1836 un cartone politico trattava di cadaveri "galvanizzati". Le persone, però, si preoccupavano anche del problema etico delle nuove scoperte; infatti, molti si chiedevano come sarebbe stata la psicologia degli esseri che si sarebbero potute creare con i principi di Galvani. Mary Shelley, grazie al suo libro, risponde a questi dubbi morali dando vita ad una creatura complicata in grado di parlare, leggere, pensare e soffrire; in questo modo supera immaginariamente il tanto sospirato confine tra vita e morte, e mette in guardia gli scienziati troppo ambiziosi sulle probabili conseguenze che potrebbe portare una "creatura di laboratorio", come il mostro cui Victor Frankenstein dà vita. Nel libro Frankenstein, il mostro, intelligente e sensibile, legge il romanzo scritto in poesia "Paradise Lost" (Paradiso Perduto) il cui autore è John Milton. L'orribile creatura si riconosce nelle forti emozioni descritte dal libro; infatti paragona la sua situazione a quella di Adamo, ma il mostro non "è nato dalle mani di Dio come una creatura perfetta", l'essere di Victor è creato orrendamente. Abbandonato dal suo creatore, il mostro si sente sciagurato, inutile e solo. Mary Shelley vuole far capire che dare vita ai morti è una cosa macabra; infatti decide di prendere dei pezzi di corpi differenti per poi legarli insieme (invece di prendere semplicemente un unico corpo), non solo per facilitare il lavoro di Victor Frankenstein, ma anche per dare vita ad una creatura mostruosa, suscitando molto disgusto nel lettore. Infatti, il corpo umano, vivo o morto, diviso in pezzi, può fare sorgere forti emozioni. Bisogna però ricordare che l'autrice di Frankenstein non usa soltanto le nuove scienze di chimica e elettricità per descrivere la creazione del mostro, ma anche la vecchia tradizione rinascimentale della ricerca alchimistica di evocare la possibilità prometeica di rianimare i corpi dei morti.
Da sempre gli scienziati sembrano determinati a rompere le sacre barriere tra vita e morte, una prospettiva che occupa sia la mente che l'immaginazione della popolazione. Ancora oggi i giornali speculano liberamente sull'ipotesi che un giorno si potrà far resuscitare i morti, raggiungendo l'immortalità grazie all'utilizzo di organi artificiali, e alterando la forma genetica delle generazioni future con l'eugenetica. Inizialmente (quando la scienza iniziò ad essere considerata un'importante disciplina) le scoperte furono primitive e molto semplici, come quella di Robert E. Cornish che uccise un cane con il gas neutrogeno e poi lo fece resuscitare, lo sviluppo del "cuore di vetro" (una pompa fatta di vetro Pyrex, destinata a sostenere gli organi rimossi dal corpo per lo studio o il trapianto), oppure il riuscire a tenere in vita cuori, reni, ovaie e altri organi per un lasso di tempo apprezzabile. Tutte queste scoperte contribuirono a far sembrare realizzabile l'antico sogno di alchimisti e scienziati e a cercare nuove tecniche per dare vita a uomini creati in laboratorio.
Nel XX secolo i fautori dell'eugenetica volevano migliorare il genere umano attraverso la sterilizzazione dei criminali, dei ritardati mentali, e altri considerati fallimenti della società; facendo un calcolo approssimativo, due terzi degli americani avrebbero dovuto sostenere queste misure. Questo genere di collegamenti ordinati tra biologia e destino andavano di moda tra gli intellettuali negli anni '2O; tutto ciò, nel suo piccolo, aiuta a completare la trasformazione del mostro creato da Mary Shelley in un'icona culturale.
La scienza corre in fretta e la popolazione ha tuttora, alle soglie del nuovo millennio, paura di una nuova tecnologia che può mettere a rischio l'umanità e che sfida i suoi ideali di esseri umani. Bisogna quindi porsi dei quesiti etici: "Che cosa è accettabile nella scienza e nella medicina? Chi lo decide?" I ricercatori si sono subito posti queste domande psicologiche. La dissezione dei corpi umani per la ricerca medica, come i trapianti di tessuti da una specie all'altra risollevano questa questione. Nel 1993, dei tecnici americani tagliarono in migliaia di pezzi il corpo di un assassino condannato a morte; ci fu un generale malcontento a causa di questo esperimento. Oggi, grazie alla fotografia e alla digitazione è possibile insegnare anatomia e chirurgia; infatti le persone possono prendere visione di documenti che raffigurano pezzi di corpi umani gratuitamente sulla "World Wide Web". Con questo metodo non si deve più tagliare il corpo delle persone e quindi non si va incontro a problemi sociali. I ricercatori che si impegnarono a fare il "Visible Human Progect" (un progetto per la visione dei tessuti umani) ricevettero il permesso dell'uomo condannato ad usare il suo corpo. Il consenso sociale sulla domanda per la dissezione umana, però, ripresentò il dibattito, esistente da prima del tempo di Mary Shelley, nel nostro. Il processo di risoluzione di queste due domande sfociò in un pubblico dibattito; si parlò anche di Victor Frankenstein, solo nel suo laboratorio, dove non avrebbe mai potuto immaginare le terribili conseguenze della sua creazione. Comunque ancora oggi queste domande non hanno avuto una risposta.
Grazie all'avanguardia biomedica si possono trasportare organi di animali di specie diverse per salvare persone ammalate; questo trapianto si chiama "xenograft" (dal greco xenos, straniero o ospite), cioè un trapianto eteroplastico. Questo significa che potremo avere un cuore di babbuino, un fegato di maiale, e altri organi animali. Numerosi sono gli esempi contemporanei che si possono fare per ricordare il mostro descritto da Mary Shelley. Ad esempio un neonato, conosciuto solo con il nome di "Baby Fae" per proteggere la sua privacy, nacque con un fatale difetto cardiaco. Nel 1984, divenne il primo neonato a ricevere il cuore di un babbuino, ma morì venti giorni dopo. Anche Jeff Getty, un paziente ottimista malato di AIDS, nel gennaio del 1996, subì un trapianto eteroplastico. Ricevette il midollo di un babbuino, con il fine di aiutare a incentivare il suo sistema immunitario. Getty è ancora vivo. La domanda che ci sorge spontaneamente è: "Quali sono i rischi che può correre un uomo con un trapianto di questo tipo? Può essere contagiato da virus che colpiscono solo gli animali? E i pericoli morali che nascono dal violare l'ordine naturale?" Le domande rimangono ovviamente irrisolte.
Il mito del mostro creato da Victor Frankenstein si può ricollegare non solo con le scoperte sopra elencate, ma anche con la clonazione della pecora "Dolly", una vera e propria creatura di laboratorio, un vero mostro. Nel 1997, per una fuga di notizie, il mondo seppe che alcuni ricercatori scozzesi avevano clonato una pecora; ci furono stupore e gioia in tutto il mondo per la creazione della pecora. Giornali, riviste e altri mass-media affermarono i dubbi sulla clonazione. Nelle settimane successive alla comunicazione i giornali annunciarono che la scoperta era fondamentale: in Scozia erano riusciti a clonare una pecora con successo. La domanda etica che molti iniziarono a porsi fu: "Possiamo lasciare che gli scienziati che sono a conoscenza del segreto della clonazione procedano senza contrasti? Osiamo abbracciare un beneficio emergente senza curarci dei suoi rischi?" Questa volta la società rispose, senza mezzi termini, "no" ad entrambe le domande. Le persone scrissero lettere al capo redattore del progetto, chiamarono i talk show, entrarono in rete. In quei pochi mesi, la clonazione divenne una preoccupazione sociale; bisognava quindi intervenire immediatamente per decidere come governare le conseguenze dell'inquietante cambiamento scientifico. Mentre lo scienziato di Mary Shelley, Victor Frankenstein, aveva fatto semplicemente ciò che voleva, segretamente, con disastrose conseguenze su sé stesso e sui suoi cari, oggi gli scienziati possono procedere alla loro ricerca solo se il governo è a conoscenza delle loro azioni. Poiché la scienza farà sempre più chiarezza sui segreti della natura, i quesiti morali, come è avvenuto per la clonazione, risorgeranno ancora. Ogni volta che la conoscenza supererà i limiti, Frankenstein farà sentire le sue note di avvertimento.

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