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mercoledì 25 luglio 2012
domenica 22 luglio 2012
mercoledì 18 luglio 2012
A Re Conchobar
A Re Conchobar
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Choncobuir, cid no taí,
do-rurmis dam brón fo chaí? Is ed ám; cein no mair do serc lim níba romáir. |
Conchobar, che cosa vuoi? Tu che mi gravasti di dolore e di pena? Davvero: se anche a lungo vivessi mai avrei vero amore per te. |
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In rop áilliu lim fo nim
ocus in rop inmainim; ruccais úaim mór in bét, connách aicciu co m'éc. |
Colui che sotto il cielo era più
bello, e colui che più mi era caro, tu mi strappasti (grave misfatto) e non lo rivedrò fino alla morte. |
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A ingnais is torsi lemm
tucht do-m-adbat mac Uislenn; caurnán círdub tar corp n-gel ba suachnid sech ilar †mban [fer?]. |
Davvero pesante è l'assenza di lui, del viso che il figlio di Uisliu mostrava; nerissime rocce sul candido corpo; tra folle di donne [uomini?] egli eccelleva. |
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Dá gruad
chorcra cainiu srath, béoil deirg, abrait fo daildath; déthgein némanda fo lí amail sóerdaith snechtaidi. |
Due
guance arrossate più belle dei prati,
le labbra vermiglie, le ciglia corvine, le file di denti che eran gioielli, splendenti di puro biancore di neve. |
giovedì 12 luglio 2012
I Santi taumaturghi e le malattie mentali
I Santi taumaturghi e le malattie mentali |
Nel Medioevo la perdita
delle antiche certezze e l’angosciosa ricerca di verità e conoscenza portarono
l’arte medica a percorrere nuove strade per il raggiungimento del sapere; ma per
quanto riguarda la cura delle malattie mentali si assiste ad una involuzione del
pensiero medico: infatti i disturbi della sfera psichica sono relegati nell’area
religiosa con la conseguenza che gli interventi terapeutici diventano oggetto di
esame e cura esclusiva dei ministri della fede. La follia era ritenuta un vizio
giustificato dall’intervento del demonio; così per cacciare il maligno
dall’anima, gli amuleti e le terapie usati nell’antichità vengono sostituiti con
altri riti religiosi come il segno della croce, l’aspersione dell’acqua
benedetta, l’intercessione dei Santi Taumaturghi. I santuari in cui si
conservano le reliquie dei Santi considerati protettori delle malattie nervose,
diventano meta continua di pellegrinaggi per ottenere la guarigione. Nei
trattati di medicina si tenta comunque di dare alcune spiegazioni dei diversi
turbamenti cerebrali: a seconda della gravità del disturbo, i folli vengono
sottoposti a percosse e ad esercizi coercitivi. Un esempio significativo dei
medicamenti più comuni per la cura delle malattie mentali è il trattato di Pietro Ispano (1226-1277) conosciuto sotto
il nome di THESAURUS PAUPERUM. In un’epoca in cui
dilagava la terapia preziosa con l’utilizzo dell’oro e delle pietre preziose,
Ispano cercò di fornire un manualetto di rimedi a poco prezzo, facili da trovare
e alla portata di tutti. Si trattava di una medicina empirica ma non certo
immune da credenze superstiziose. La carne del lupo, per es., era considerata un
toccasana per guarire i “ fantastici “ ma nei casi di pazzia conclamata, l’unica
cura possibile era l’esorcismo; convinzione ancora radicata nel Seicento in una
parte dell’ambiente medico, sicuro che questo tipo di malattia fosse da
imputarsi a possessioni demoniache. Secondo la medicina popolare, la malattia proveniva da forze malvagie provocata dall’invidia e dal malocchio o conseguenza dell’ira divina per i peccati commessi. In questi casi si ricorreva all’opera del guaritore dotato di “fluido benefico” o al mago capace di interrogare le stelle e creare amuleti apotropaici. A tale riguardo segnaliamo che forse l’amuleto apotropaico più famoso è l’Occhio di Santa Lucia; indossato, portato al collo o inserito nei brevi scaccia il “mal occhio” ( è una conchiglia che sezionata assomiglia ad un occhio). Quando il medico, l’erborista, la medichessa, il guaritore o il mago avevano fallito, al poverino non rimaneva che affidarsi con fiducia all’intercessione di qualche Santo Taumaturgo specializzato nella guarigione del suo disturbo. La fede riposta nelle immaginette devozionali (santini), nelle medagliette sacre, negli scapolari o nei “ brevi” sono una antica usanza pagana, frutto di superstizione, che opera un potente effetto “placebo” portando al miglioramento dei disturbi nervosi e talvolta, producendo il “miracolo”. I brevi, o brevetti, sono dei sacchetti di stoffa contenenti frammenti di pane, canfora, cenere di olivo, immagini sacre ecc. Ma spesso la vera fede cede il passo a pratiche magico-religiose come per es., l’usanza legata ai talismani eduli (edulus, commestibile). Queste piccole immagini sacre raffigurate su sottilissimi foglietti di carta erano chiamati dal popolo “ bocconcini “ , perché venivano mangiati in caso di malattia. |
lunedì 9 luglio 2012
Almalberga
Antichissima era la tradizione di questo nome tra gli Ostrogoti, tanto che la
loro dinastia era appunto quella degli ‘Amali’. Il nome è attualmente scomparso,
mentre si è molto diffusa la forma abbreviata di ‘Amalia’.
Di s. Amalberga ve ne sono tre, di cui due contemporanee fra loro, e si festeggiano lo stesso giorno il 10 luglio, a volte anche sotto il nome di ‘Amalia’.
S. Amalberga vergine, secondo una ‘Vita’ scritta da un monaco dell’abbazia di S. Pietro di Gand, era nata nelle Ardenne, nella ‘villa Rodingi’ (Belgio), allevata a Bilsen da santa Landrada e avrebbe ricevuto il velo monacale da s. Willibrordo.
Visse tra il VII e l’VIII secolo; trascorse i suoi ultimi anni nella cittadina di Tamise, dove morì nella seconda metà del secolo VIII ed a Tamise fu sepolta. Un secolo dopo le sue reliquie furono traslate nel monastero di S. Pietro di Gand (Belgio), dove furono solennemente esposte nel 1073.
Di lei parla anche un diploma di Carlo il Calvo imperatore (823-877), che in data 1° aprile 870, attesta che le reliquie di s. Amalberga vergine, erano conservate in quel tempo, dai monaci di S. Pietro di Monte Blandino a Gand. La festa si celebra il 10 luglio.
Dell’altra s. Amalberga detta di Maubeuge, le notizie pervenutaci e redatte da un monaco di Lobbes, sono ritenute in gran parte leggendarie e non affidabili. Nacque a Saintes (Brabante) nei Paesi Bassi, fu sposa di Witger e madre di Emeberto (che diverrà poi vescovo di Cambrai) e delle sante Reinalda e Godula.
Amalberga, dopo la nascita di Godula e dopo che suo marito era morto, lasciò il mondo per abbracciare la vita religiosa a Maubeuge; ella avrebbe ricevuto il velo monastico dalle mani di s. Oberto e sarebbe morta alla fine del secolo VII.
Da Maubeuge il suo corpo fu trasportato all’abbazia di Lobbes (Hainaut) attuale Belgio. La sua festa si celebra il 10 luglio.
Di s. Amalberga ve ne sono tre, di cui due contemporanee fra loro, e si festeggiano lo stesso giorno il 10 luglio, a volte anche sotto il nome di ‘Amalia’.
S. Amalberga vergine, secondo una ‘Vita’ scritta da un monaco dell’abbazia di S. Pietro di Gand, era nata nelle Ardenne, nella ‘villa Rodingi’ (Belgio), allevata a Bilsen da santa Landrada e avrebbe ricevuto il velo monacale da s. Willibrordo.
Visse tra il VII e l’VIII secolo; trascorse i suoi ultimi anni nella cittadina di Tamise, dove morì nella seconda metà del secolo VIII ed a Tamise fu sepolta. Un secolo dopo le sue reliquie furono traslate nel monastero di S. Pietro di Gand (Belgio), dove furono solennemente esposte nel 1073.
Di lei parla anche un diploma di Carlo il Calvo imperatore (823-877), che in data 1° aprile 870, attesta che le reliquie di s. Amalberga vergine, erano conservate in quel tempo, dai monaci di S. Pietro di Monte Blandino a Gand. La festa si celebra il 10 luglio.
Dell’altra s. Amalberga detta di Maubeuge, le notizie pervenutaci e redatte da un monaco di Lobbes, sono ritenute in gran parte leggendarie e non affidabili. Nacque a Saintes (Brabante) nei Paesi Bassi, fu sposa di Witger e madre di Emeberto (che diverrà poi vescovo di Cambrai) e delle sante Reinalda e Godula.
Amalberga, dopo la nascita di Godula e dopo che suo marito era morto, lasciò il mondo per abbracciare la vita religiosa a Maubeuge; ella avrebbe ricevuto il velo monastico dalle mani di s. Oberto e sarebbe morta alla fine del secolo VII.
Da Maubeuge il suo corpo fu trasportato all’abbazia di Lobbes (Hainaut) attuale Belgio. La sua festa si celebra il 10 luglio.