B i o g r a f i a di Mary Louise Brooks
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Mary Louise Brooks nasce a Cherryvale, nel Kansas, il 14 Novembre 1906. Il padre, Leonard Porter Brooks, è un onesto avvocato di provincia; la madre, Myra Rude, donna colta, amante della musica classica e delle buone letture, avrà una grande influenza sul carattere di Louise spingendola, peraltro, sin da giovanissima, alla danza. | ||
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Infatti, a soli quindici anni, Louise abbandona il liceo per recarsi a New York dove entra a far parte della compagnia Denishawn. Da qui allontanata a causa del suo atteggiamento insofferente e anticonformista, lavora dapprima per i George White Scandals, quindi, dopo una breve parentesi al Café de Paris a Londra, viene ingaggiata nelle riviste Ziegfeld Follies. "feci il mio ingresso nel mondo con una radicale abitudine alla verità che ha automaticamente eliminato dalla mia vita quella piatta monotonia che devono provare i bugiardi (...) e così sono rimasta, in una crudele ricerca di verità e perfezione, come il carnefice inumano di ogni ipocrisia , evitata da tutti, tranne da quei pochi che hanno vinto la propria avversione alla verità per poter liberare quanto di buono c'è in loro"
Tuttavia il carattere irriducibile e disinibito fa della Brooks il prototipo perfetto della ragazza flapper, caratteristica che riuscirà a trasferire nelle prime commedie della propria carriera cinematografica. La flapper girl, ispirata da una novella di Francis Scott Fitzgerald, This side of Paradise, si distingue per la gioventù, l'indipendenza, la capricciosa volubilità e fiducia nel futuro nonché per l'assenza delle tradizionali virtù femminili (quali la fedeltà) e, nel tipo fisico, per una figura snella e quasi da ragazzo sottolineata dal corto taglio di capelli acconciati a caschetto. | ||
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Louise fissa definitivamente il tipo della maschietta anni '20 : il caschetto di capelli neri e lisci, gli occhi vivissimi e una vitalità irrefrenabile; nel film, dove interpreta la pestifera sorella minore della virtuosa Evelyn Brent, semina a ripetizione seduzioni, fatali intrighi, falsi pentimenti e malversazioni con deliziosa amoralità (restando oltretutto impunita): il versante leggero dell'età del jazz si ritrova anche qui. "[lo sposai] perché era un uomo attraente che mi aveva ricoperta d'oro. Apparteneva anima e corpo a Hollywood, e io, là, mi sentivo un'estranea: lui amava le feste, io la solitudine"
La Brooks non credette mai nel matrimonio (nell'ottobre del 1927 aveva intrecciato una relazione con l'uomo d'affari e cinefilo George Marshall) e nell'aprile del 1928 divorzierà, abbastanza tumultuosamente: appare comunque già qui la sua insofferenza per l'impersonale macchina hollywoodiana rispetto ai giorni felici di New York. |
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La seconda parte risente della pervasiva gigioneria di Wallace Beery e, tuttavia, la scena in cui i vagabondi improvvisano una Corte di Giustizia sul treno (tre anni prima di M) e il tono generale del film che anticipa certi temi della Depressione lo impongono come pellicola da scoprire e, negli USA, da riscoprire (c'è da dire che Louise elogiò con enfasi Beery sino a definire la sua caratterizzazione "un piccolo capolavoro"). |
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Nel film, che procede per quadri descrittivi, per slanci improvvisi, le istituzioni vengono necessariamente svelate nella loro menzogna, dall'arte (il teatro, la rivista) al matrimonio, dal mondo degli affari (rappresentato da Schön) alla Giustizia (nella scena del processo), dalla putrescenza dell'aristocrazia alla ipocrita filantropia dell'Esercito della Salvezza sino al pervertimento del sesso. |
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Nel successivo capolavoro di Pabst il personaggio di Louise Brooks si raffina ed il tono appare più controllato rispetto all'incandescenza di Die Büchse der Pandora. Infatti in Das Tagebuch einer Verlorenen (Diario di una donna perduta) la protagonista Thymian è, al principio, nettamente inserita nella società borghese: solo dopo esserne stata espulsa in nome di una rispettabilità esteriore (viene infatti sedotta e messa incinta) saprà riconoscerne la sostanziale falsità. Non solo, ma ciò che la società addita come male (in questo caso il bordello) appare invece come fondamentalmente sincero e riposante rispetto all'inferno delle istituzioni classiche (la famiglia, la Casa di correzione, le dame di carità...). Appare: il breve attimo in cui Thymian riconosce una piega avida nella bocca della tenutaria del bordello (e Thymian passa dal sorriso alla tristezza), danno il senso del film: non c'è differenza tra bene e male: tutto è involto nella meschinità del male, senza salvezza. Il finale, con la redenzione, conferma paradossalmente le scene che lo precedono. |
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Hollywood non attira Louise, così, nel 1930, ella gira, a Parigi, Prix de beauté (Miss Europa), per la regia del nostro Augusto Genina (su sceneggiatura di Pabst e René Clair). |
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Genina forse non si rese conto di aver girato il miglior film della sua carriera e, nonostante fosse colpito da Louise, distillò giudizi duri sull'attrice:
"Molto bella, straordinariamente fotogenica, sarebbe stata un'ottima attrice se non avesse avuto il vizio di bere. Non faceva che inghiottire cognac e champagne. La sua ubriachezza cominciava alle quattro del mattino [...] Dormiva sempre [...] si svegliava solo per girare la scena; dopodiché tornava a bere e si rimetteva a dormire. Era l'amante di un barman. Il giorno in cui dovevamo fare l'ultima scena, sparì di scena. Fu necessario affidarsi alla polizia, che la trovò in un castello, naturalmente ubriaca"
Interessante ricordare ora la succitata lettera a Guido Crepax:
"[...] c'è stato un momento a Parigi nel 1929, quando giravo Prix de beauté e vivevo in pace con me stessa: credo che fosse perché non parlavo il francese. Il fatto di essere perduta era perfettamente naturale tra quelle persone con cui non potevo esprimere né pensieri nè sentimenti [...] Louise Brooks si considerava irrimediabilmente perduta e anelava, senza saperlo, alla propria autodistruzione: i seguenti anni congiureranno velocemente a questo. |
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Da notare che, finita la spensieratezza degli anni '20, il pubblico della Depressione sembra orientarsi su attrici più clamorosamenti fatali. Come ammetterà la stessa Louise in un articolo su Marlene Dietrich:
"Le attrici brune, di piccola taglia si eclissarono o si fecero bionde e si ridisegnarono le loro sopracciglie con archi stretti e con false ciglia. Davanti alla macchina da presa lanciavano in primi piani sguardi misteriosi, gettando la testa indietro ad ogni momento e afflosciandosi su letti o divani, prive di difesa"
Sarà proprio da un tipo d'attrice come quello appena descritto che Louise si vedrà soffiare il posto come protagonista di The public enemy (Nemico pubblico) con James Cagney. Il regista William Wellman si era ricordato di lei, ma la Brooks decise che era meglio correre tra le braccia di George Marshall (o fu forse lui a consigliarla in tal senso) che girare un film che si rivelerà storico. "[...] mi resi conto che l'unica carriera ben retribuita che mi si offriva era quella della squillo. Cancellai il mio passato, mi rifiutai di vedere i pochi amici che mi legavano ancora al mondo del cinema, e cominciai ad affezionarmi a delle bottigliette piene di piccoli sonniferi gialli"
Louise cerca ancora l'oblio, la dimenticanza, ma sarà la grigia quotidianità a scovarla. E' costretta a lavorare alla radio in alcune soap operas, per la pubblicità e ai grandi magazzini Saks, presso il negozio della Fifth Avenue (lei, che era inetta al lavoro manuale). |
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Card, una figura misteriosamente affascinante e passionale, con cui Louise intreccerà una relazione tempestosa, non solo le aprì le porte degli archivi (dove vide per la prima volta le sue pellicole), ma, colpito dalla qualità della sua prosa, la incoraggiò a scrivere. "scrivere la verità per lettori nutriti dalle sciocchezze della pubblicità è un esercizio senza senso"
Gravemente malata per un enfisema, non acconsentì a lenire i dolori con i farmaci rimanendo lucida sino alla fine. Muore l'8 Agosto 1985. |
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