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mercoledì 20 ottobre 2010


Francesco I de’ Medici e Bianca Capello: veleno o febbre terzana?
Ecco a voi una vecchia storia di amori e veleni nella Firenze granducale rivisitata grazie all’aiuto di Luca Filippi medico appassionato di indagini sui fatti del passato ed autore del testo in corsivo nel quale ripercorre le tappe di una famosa indagine.

Nel gennaio del 1565 Francesco de’ Medici sposa l’arciduchessa Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando I e nipote di Carlo V. Un’alleanza prestigiosissima per l’erede del granduca Cosimo I e per la famiglia che si governa Firenze, ma nel frattempo non ha mai abbandonato l’attività mercantile e bancaria considerata all’epoca particolarmente inappropriata per una casa regnante. Giovanna infatti si sente decisamente “svenduta”, ma anche lo sposo non è che faccia i salti di gioia: l’arciduchessa è bruttina e petulante e lui da un anno è perdutamente innamorato di un’altra. La donna che occuperà per tutta la vita il cuore di Francesco I de’ Medici si chiama Bianca Capello, è veneziana, bellissima e già sposata con un giovanotto fiorentino. Bianca proviene da una famiglia prestigiosa e il matrimonio “riparatore” con Pietro Bonaventura non è un successo, anzi tutto il contrario. A Firenze la splendida veneziana langue fino al momento in cui il suo sguardo incrocia quello del giovane de’ Medici che perde la testa all’istante. I due diventano amanti con il tacito assenso del Bonaventura al quale il favore (e il denaro) granducale fa dimenticare le corna. Quando Francesco si sposa nulla cambia nella relazione appassionata con Bianca che fra l’altro rimane opportunamente vedova poiché il marito viene ucciso in una rissa. Ogni notte il Granduca folle di passione si reca dall’amante, senza che ciò naturalmente gli impedisca di fare il suo dovere di marito. Giovanna mette al mondo una dietro l’altra una serie di bambine (una di queste, Maria, sarà regina di Francia accanto a Enrico IV, un’altra Eleonora sposa il Vincenzo Gonzaga quello della prova di virilità) e infine un giorno, mentre è incinta per la undicesima volta, cade e il parto prematuro la uccide. Pochi mesi dopo Bianca, odiata dai fiorentini (che la accusano di stregoneria) e detestata dalla famiglia de’ Medici al gran completo, sposa Francesco I al quale, fra l’altro, aveva tentato di rifilare un figlio “fasullo” inscenando una falsa gravidanza. Gli anni di regno di regno dei due ex amanti non sono fra i migliori nella storia di Firenze, Francesco è un uomo intelligente e appassionato di scienze, ha ereditato il carattere dissoluto e tirannico del padre ma non la sua indiscussa abilità politica ed amministrativa. Il Granduca muore nella villa di Poggio a Caiano nell’autunno nel 1587 e la moglie Bianca gli sopravvive di sole dieci ore.

Non riposano in pace i granduchi di Toscana. Da quasi cinque secoli il sospetto dell’omicidio aleggia sulla morte di Francesco I de’Medici e della sua seconda moglie Bianca Cappello. Il principale indiziato, all’epoca, fu il fratello del granduca, Ferdinando, cardinale di Santa Romana Chiesa, che per succedere al trono di Firenze dismette la tunica porporata e assume il governo dello Stato. Ma andiamo con ordine. La sera dell’8 ottobre 1587, dopo una giornata di caccia proprio in compagnia del cardinale Ferdinando, i due coniugi cominciano a sentirsi male. Vomito, e febbre elevata e intermittente: in soli undici giorni di agonia entrambi i granduchi rendono l’anima al creatore, senza che l’uno venga a sapere della morte dell’altra. Il primo sospetto fu, neanche a dirlo, che fossero stati avvelenati dal cardinale Ferdinando, il quale era prestante, amante delle belle donne, e la tonaca porporata gli stava decisamente stretta. Pare che avesse perso la testa per la bellissima Clelia Farnese, figlia del suo acerrimo nemico il grancardinale Alessandro. Alla morte di Francesco I, Ferdinando salì al trono di Toscana, ebbe una sposa legittima e molte amanti, ma Clelia, a quanto pare, non cedette mai alle profferte del potente granduca. Dopo secoli di silenziose illazioni, l’ipotesi dell’avvelenamento ritorna prepotentamente alla ribalta in seguito alla pubblicazione di uno studio del tossicologo Francesco Mari. In un articolo apparso sulla prestigiosa rivista British Medical Journal (BMJ 2006, 333), Mari e collaboratori affermano di aver trovato prove a supporto della tesi dell’arsenico. Lo studio, ripreso da diversi quotidiani e oggetto di una grande inchiesta di Archeologia Viva (Francesco e Bianca: arsenico e vecchi merletti) si basava sull’analisi di alcune formazioni pilifere trovate sul teschio di Francesco e sull’esame dei visceri dei defunti granduchi. Dopo l’autopsia, infatti, le auguste frattaglie della coppia vengono riposte e conservate in alcuni vasi all’interno della chiesa di Santa Maria a Buonistallo. L’analisi tossicologica delle viscere avrebbe rivelato la presenza di arsenico, e lo studio del DNA antico avrebbe consentito di attribuire le viscere proprio al corpo d Francesco I. Lo studio di Mari e collaboratori, tuttavia, suscita alcune perplessità in ambito accademico e, su un numero successivo della medesima prestigiosa rivista, compaiono delle contestazioni da parte del professor Gino Fornaciari (Università di Pisa) e della professoressa Laura Ottini (Università di Roma “La Sapienza”). Le principali critiche mosse allo studio del tossicologo riguardano le non appropriate tecniche di scavo nella cripta e di recupero dei vasi con le viscere. La concentrazione di arsenico potrebbe essere spiegata dai metodi usati per trattare e conservare le viscere, metodi che prevedevano l’impiego di composti a base di arsenico. Inoltre, al momento dell’esumazione dei resti mortali del granduca non era stata rinvenuta alcuna formazione pilifera. Il DNA analizzato da Mari e colleghi, dunque, potrebbe essere legato a contaminazione accidentale da parte degli operatori o della flora batterica. Dunque, emergono nuovi dubbi e il lavoro interpretativo ricomincia. L’equippe del Professor Fornaciari riprende a indagare dai momenti iniziali, quella fatidica giornata di ottobre che segna l’inizio dell’agonia del granduca. Francesco de’Medici, secondo gli archiatri di corte, comincia a star male l’8 ottobre del 1587 dopo tre giorni di intensa caccia nella tenuta di Poggio a Caiano, allora territorio coltivato a risaia. La febbre, accompagnata da vomito e diarrea, sale vertiginosamente fino al giorno 9, per poi risolversi nei giorni successivi. Spossato dai salassi, estenuato dalle sudorazioni e dalla perdita di liquidi, Francesco si sente meglio, nei giorni 10 e 11. Ma di nuovo la febbre e i sintomi a essa associati ricompaiono il giorno 12 e perdurano per i successivi due giorni. Questa altalena va avanti fino al giorno 19, quando il granduca, ormai allo stremo delle forze, chiede l’estrema unzione, detta le sue ultima volontà. Poco dopo, spira. La stessa sorte, con qualche giorno di differenza, tocca alla granduchessa Bianca a cui Ferdinando, che odiava la cognata, nega la sepoltura accanto al legittimo consorte. All’epoca gli archiatri di corte diagnosticano una febbre malarica, una febbre dal tipico andamento alternante detta, appunto, terzana. Nel 2009 le analisi condotte dal Laboratorio di Parassitologia della Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Torino ripropongono la tesi della morte per malaria. L’esame dei campione di tessuto osseo spugnoso estratto dallo scheletro del ganduca è risultato positivo per la ricerca delle proteine del Plasmodium falciparum, l’agente causale della malaria. nsomma, a distanza di quasi cinque secoli, la Scienza sembra scagionare definitivamente Ferdinando, e l’arsenico e I vecchi merletti, a braccetto, abbandonanto il palcoscenico di questa movimentata saga familiare.

Effettivamente Ferdinando odia la cognata che chiama “la pessima Bianca” e di lei cancella ogni traccia. Ai funzionari che gli chiedono istruzioni per la sepoltura il nuovo granduca risponde “dove volete, ma non con noi”, cioè non nelle tombe medicee. La corte viene in un certo senso “bonificata” e lo Stato fiorentino, governato da un nuovo sovrano generoso, equilibrato e saggio, guadagna il rispetto ed il prestigio che erano venuti meno negli anni precedenti a causa del temperamento del fratello e dello scandalo legato alla presenza di Bianca. Ferdinando I sarà l’unico dei discendenti di Cosimo a lasciare di sé una fama duratura. Egli restituisce al paese l’ordine e al governo l’integrità, promuove una riforma fiscale, sostiene il commercio, incoraggia il progresso tecnico e scientifico. Il suo nome è legato a grandi opere pubbliche, quali la bonifica della Val di Chiana e il potenziamento del porto di Livorno. Della città, che al tempo del padre era un modesto villaggio di pescatori, egli fa, mediante una legge speciale, un asilo aperto ad ogni sorta di perseguitati religiosi e politici: ebrei, ugonotti in fuga dalla Francia, cattolici dall’Inghilterra, profughi di tutti i paesi.

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