giovedì 9 dicembre 2010
*Luglio 1375: il taglio della lingua per la strega Gabina degli Albeti**
Gabina degli Albeti, nella viscontea Reggio Emilia, il 13 Luglio del 1375 venne portata in tribunale come fattucchiera di fronte a una corte civile, non ecclesiastica, presieduta da un vicario del Podestà.
Evitò il rogo perché fu processata in anni in cui la procedura dell’Inquisizione brancolava
tra incertezze di vario genere e indecisioni di poteri; infatti i due ineffabili Domenicani Sprenger e Kramer, autori del “Malleus Maleficarum”, l’onnipotente manuale antistrega, non erano stati ancora concepiti.
Se in alcune regioni d’Europa e d’Italia le streghe venivano già spedite al rogo dagli inquisitori civili a braccetto con quelli ecclesiastici, in altre le serve del Demonio se la cava-
vano con poco, o meglio, come scrive Tommaso da Camerino, venivano trattate con “misericordia”.
Tornando a Gabrina, che avesse o meno stipulato un patto col Diavolo poco importava al tribunale laico, che aveva avuto sentore della sua fama crescente come fattucchiera.
Lei era guaritrice ed erbaiola nota ma, per chi la giudicava, i suoi medicamenti e le formule propiziatorie sussurrate mentre somministrava i farmaci erano un esercizio di magia, vietato dalle leggi civili.
Se poi la donna violava anche le leggi ecclesiastiche tanto meglio; questo avrebbe giustificato ulteriormente la condanna.
Perché la pena che le sarebbe stata inflitta doveva servire a quanti credevano di potersi
arrogare un potere che doveva essere solo dei medici e dei preti.
In effetti l’Inquisitio- cioè l’atto dell’istruttoria giunto fino a noi nell’archivio di Reggio- giudicava Gabrina colpevole di essere stata scelta da Satana per agire contro Dio a danno delle anime.
Attenzione: se di anima parla un tribunale civile, la sua distanza da quello ecclesiastico è più breve di un sospiro.
La strega non guariva per danaro e questo aggravò la sua posizione: infatti i giudici dichiararono che per pura scelleratezza incantava femmine e maschi.
Per che altro, se non si faceva pagare?
La cercavano soprattutto le donne, come già Benvenuta 5 anni prima a Modena.
Ecco il grande peccato della strega, essere la padrona di un mondo sommerso, quello femminile, già di per sé diabolico...
Ma come si faceva a confessare al Prete la paura di restare gravida, di venire tradita, di perdere l’amore di chi si ama, o il terrore di vedersi morire un figlio sotto gli occhi?
Lei, la guaritrice, sapeva ascoltare, esser sorella, madre, medico, amica, complice, sempre solidale mai infida, convinta come era che l’amore fosse importante quanto la morte, cosa che il prete pareva non capire.
- Alzate gli occhi al cielo- così esortava le donne il ministro di Dio- e accettate la vostra croce-
la qual croce, per quei tempi magri, era assai più quotidiana del pane.
E chi cercava di sfuggire a Dio aggirando il proprio triste destino con l’aiuto di una guaritrice di tutti i mali, avrebbe di certo anche cercato di sottrarsi al potere delle leggi.
Questa fu la convinzione profonda dei giudici laici ed ecclesiastici, per questo furono perseguitate le streghe: quei roghi insegnavano al popolo ad appecorarsi ben più efficacemente che una costosa e complessa repressione.
Gabrina fu quindi accusata di essere “donna malefica”.
L’Inquisitio che la portò a questa sentenza riferisce che parecchie persone degne di fede a Reggio Emilia testimoniarono contro di lei.
La colpa della povera donna fu quella di essere erbaiola cioé raccoglitrice di erbe medicinali con l’aiuto delle quali tesseva i suoi malefici.
Perché le sue pozioni non potevano essere altro che malefiche visto che i giudici non riconoscevano a esse alcuna virtù risanatrice.
Del resto un certo frate di Siena, tale Filippo, autore intorno al 1400 degli “Assempri”, scriveva nel suo testo che le erbaiole altro non erano che streghe e come tali andavano punite,
essendo esse veri e propri “medici del diavolo che dan da credere che quello che Dio non vuol fare, esse possono farlo con l’aiuto del Demonio”.
Aggravò la posizione di Gabrina la sua confessione di aver insegnato alle donne, tra i tanti modi per conquistare un uomo, anche quello di ungersi la bocca con l’olio santo prima di baciarlo.
In tal modo si rendeva colpevole di un delitto intollerabile per la Chiesa: usare il sacro per scopi di molto profani.
Come per Benvenuta di Modena il tribunale si ritenne clemente per aver steso una sentenza che non infliggeva la morte.
Fu infatti condannata al taglio della lingua perché non diffondesse più il veleno della propria arte.
Inoltre doveva essere marchiata a fuoco, non sappiamo dove.
Pochi giorni dopo il processo in quell’estate del 1375 a Reggio Emilia Gabina uscì dal tribunale marchiata, e con la lingua amputata.
Questa pena non fu scelta casualmente: la povera donna non sapeva né leggere né scrivere.
In tal modo venne ridotta all’eterno silenzio.
Testo di riferimento “Il libro nero della caccia alle streghe, la ricostruzione dei grandi processi” di Vanna De Angelis.
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