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sabato 12 febbraio 2011
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Marie di Francia
Marie visse nella seconda metà del XII secolo. Nata in Normandia, visse e operò in Inghilterra, fu alla corte di Enrico II Plantageneto. Di lei non sappiamo molto. Alcuni studiosi hanno pensato potesse essere la figlia di Luigi VII di Francia e di Eleonora d'Aquitania, oppure di Galeran de Beaumont, ma in realtà non sappiamo nulla su questo. Aveva una buona conoscenza della letteratura francese e provenzale, in particolare di quella cortese, oltre che del latino. Il suo nome è legato a una dozzina di lais, brevi racconti in versi (la parola di origine celtica significava "motivi musicali") di argomento amoroso e d'ambiente fiabesco, avventuroso e romanzesco, derivati dalle fonti più diverse: agiografia, aneddotica storica, tradizionale biblica e cavalleresca, novellistica orientale. Nel prologo alla raccolta dà un orientamento morale alla sua opera («chi vuol sfuggire al vizio deve riflettere e applicarsi a un severo lavoro: solo così potrà difendersi e liberarsi da un gran male»).
"Brevi sviluppi narrativi di una canzone" (come li definisce *Macchia), le storie narrate si snodano con ritmo fluente, il linguaggio essenziale e secco. Cultura dotta e clericale si incontrano con quella folclorica e popolare felicemente. Si tratta soprattutto di storie di amori infelici. La narrazione è immersa in una luce irreale e incantata, l'epilogo (annunciato spesso da una fulminea e enigmatica anticipazione) risulta imprevedibile.
Nei suoi lais più famosi (Il caprifoglio, Eliduc, Il frassino, Lanval) ha tracciato commoventi ritratti di donne abbandonate e perseguitate, rivelandosi poetessa gracile e dolce, molto sobria, elegante.
Nel lais di Bisclavret, che deriva da una leggenda che circolava in Bretagna e Normandia ma che ha radici nelle credenze più antiche della Grecia arcaica, è la storia di un nobile cavaliere molto devoto della sua sposa. Le nasconde però un segreto: ogni settimana andava in un bosco, lasciava i vestiti ai margini e si trasformava in un lupo mannaro. Dopo tre giorni tornava uomo rinfilandosi gli abiti. Una volta, cedendo alle insistenze della moglie, le confessa tutto. La donna sconvolta, lo tradisce. L'amante segue Bisclavret nel bosco, gli sottrae i vestiti così che il lupo mannaro non può più tornare umano. I due amanti si sposano e vivono felici. Un giorno il re durante una battuta di caccia trova questo lupo incredibilmente docile, e che parla. Stupì to del prodigio, lo porta a corte. Il lupo è docile con tutti, ma quando per caso capita a corte l'uomo che gli ha rubato la moglie, gli si avventa contro. Il lupo segue poi il re nei pressi della foresta. La donna si agghinda per rendere omaggio al sovrano: non appena la vede, Bisclavret le zompa addosso e con un morso le stacca il naso. La fiaba termina con il particolare sarcastico: gli amanti banditi dal paese se ne andarono raminghi, ebbero molti figli, riconoscibili perché le femmine nacquero senza naso. In questo lai, i toni crudi, la dolcezza degli affetti sono fusi con grazia a accrescere la magia dell'unione simbolica di naturale e sovrannaturale.
Maria ha composto anche una raccolta di favole, Isopet, rielaborazione di un testo inglese derivato a sua volta da Foedrus e dal "Romulus".
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