Nicolau Eymerich – l'Inquisitore
Nicolau Eymerich nacque a Gerona nel 1320.
All'età di quattordici anni entrò nel locale convento dei domenicani, dove seguì, durante il noviziato, i corsi di teologia tenuti da frate Dalmau Moner (1291-1341).
Perfezionò i suoi studi prima a Tolosa e poi a Parigi, dove nel 1352 ottenne il dottorato.
Sostituì frate Moner nell'insegnamento a Gerona.
Nel 1357 Eymerich fu nominato inquisitore generale del regno d'Aragona, in sostituzione di Nicolau Rossell (nei romanzi dei Valerio Evangelisti l'evento è anticipato al 1352, con un richiamo alla data di nascita dell'autore).
I primi processi importanti, contro eretici e bestemmiatori, li celebrò nel 1358.
Subito dopo ricevette il titolo onorifico di Cappellano del papa.
La protezione del pontefice e del suo legato mise al riparo Eymerich dai tentativi di rimuoverlo dalla carica attuati, fin dal 1358, dal re d'Aragona Pietro IV il Cerimonioso.
L'ostilità del re si accentuò nel 1360, quando l'inquisitore iniziò a perseguitare gli spiritualisti francescani, e soprattutto il beghino Nicola di Calabria, al centro di un clamoroso processo.
Due anni dopo, Eymerich fu nominato vicario generale dei domenicani a Gerona, ma il papa Urbano V invalidò l'elezione e un capitolo del suo ordine gli tolse l'incarico di inquisitore generale.
Questo fu attribuito a Bernat Armengol (Bernardo Ermengaudi), suo rivale di lunga data, appoggiato da Pietro il Cerimonioso.
Eymerich fece però intervenire i vertici dell'ordine domenicano, che annullarono la nomina del rivale e gli restituirono il governo dell'Inquisizione aragonese; però recuperò pienamente la carica solo nel 1365.
Subito ricominciarono le lagnanze del re per la sua eccessiva intransigenza (sotto Eymerich, l'Inquisizione aveva preso a comminare pene inaudite, come il rogo e lo scorticamento)..
L'ostilità del monarca raggiunse il culmine nel 1366, quando l'inquisitore iniziò ad attaccare gli scritti di Raimondo Lullo (filosofo francescano morto nel 1316, considerato il massimo esponente della cultura e della lingua catalane) e a perseguitare i suoi seguaci.
Pietro IV ordinò che Eymerich fosse esiliato, ma l'inquisitore disobbedì e, dopo un periodo di latitanza, riprese le proprie funzioni.
Subito ricominciò a vessare i lullisti, proprio nel momento in cui il re d'Aragona rendeva ufficiale l'insegnamento delle dottrine del filosofo francescano.
Non ci fu verso, per la corona, di ottenere la destituzione di Eymerich. Questi arrivò a mettere sotto processo il giurista di corte Francesco Roma, tanto da suscitare la rivolta del Consiglio dei Cento di Barcellona.
Il re proibì a Eumerich di predicare in quella città, ma il domenicano disobbedì clamorosamente e, dal pulpito della cattedrale di Barcellona, scomunicò il giurista.
Successivamente appoggiò la rivolta della diocesi di Tarragona contro il monarca, scomunicando tutti coloro che si mantenevano fedeli a Pietro IV. Il governatore di Catalogna circondò il convento dei domenicani con duecento uomini a cavallo.
Eymerich, incarcerato, fu nuovamente esiliato, e così il suo "luogotenente", frate Pedro Bagueny.
Dal 1376 Eymerich risedette ad Avignone, dove completò la più nota delle sue opere: il Directorium Inquisitorum.
Nel 1377 accompagnò il papa Gregorio XI a Roma.
Nello scisma d'Occidente, che ebbe inizio dopo la morte di questi, prese decisamente le parti di Clemente VII e della sede avignonese, pronunciando anche un atto d'accusa contro Vincenzo Ferrer, che per un poco era sembrato simpatizzare per il partito opposto.
Soprattutto, però, Eymerich continuò la propria campagna contro Raimondo Lullo e i lullisti, raccogliendo citazioni e prove per dimostrarne l'eresia.
Riuscì, a suo dire, anche a strappare al papa una bolla di condanna.
In Aragona, essa fu giudicata un falso redatto dallo stesso inquisitore.
Eymerich rientrò nel regno aragonese (rimasto neutrale durante lo scisma) nel 1381.
Vi scoprì che i domenicani scismatici lo avevano deposto, ed eletto inquisitore generale Bernat Armengol.
Non riconobbe la nomina e, nel 1383, notificò agli abitanti di Barcellona la messa al bando delle opere di Raimondo Lullo.
Furioso, Pietro IV ordinò che Eymerich fosse annegato, e solo dietro pressione della regina accettò di mutare la condanna nell'esilio perpetuo. L'inquisitore, ancora una volta, ignorò la condanna e rimase in patria, grazie anche all'appoggio di Giovanni, figlio del Cerimonioso.
Alla morte di re Pietro, nel 1386, il successore Giovanni reintegrò Eymerich nelle proprie funzioni.
L'Inquisizione riprese a punire gli eretici, veri o presunti, con pene crudeli, che il re eseguiva puntualmente.
Fu per incitamento di Eymerich che venne reintrodotto l'uso di trapassare la lingua dei condannati con un chiodo, perché non potessero profferire frasi blasfeme.
Sulle prime, Giovanni assecondò anche la repressione dei seguaci di Lullo, ma l'idillio durò solo fino al 1388, quando l'intera cittadinanza di Valenza si ribellò all'inquisitore e lo mise sotto processo.
Il re intervenne per liberare il rettore dell'università di Cilla, incarcerato come eretico, e chiese al pontefice di frenare le violenze di Eymerich.
Domandò anche che le opere di Lullo venissero nuovamente esaminate
Dopo una nuova rivolta di Valenza e una presa di posizione del Consiglio dei Cento di Barcellona, nel 1891 Eymerich fu definitivamente sostituito da Bernat Armengol e proscritto.
Cercò di sottrarsi all'ordine rifugiandosi in una chiesa, ma due anni più tardi dovette decidersi a riparare ad Avignone, inseguito anche da una paradossale accusa d'eresia.
Poté tornare a Gerona solo nel 1396, dopo la morte di re Giovanni. Risiedette nel convento dei domenicani fino alla morte, avvenuta il 4 gennaio 1399.
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