giovedì 30 settembre 2010
La donna celta
Come vivevano le antenate delle attuali donne europee?
Pur essendo quella celtica una civiltà di origine indoeuropea come quelle greca, romana, germanica, slava, trace, iberica, armena, iranica e ittita, e molte altre, il ruolo della donna ed il suo peso sociale all'interno di queste culture era spesso profondamente diverso.
Lontana dall'essere confinata come le sue contemporanee romane nel gineceo o ridotta in schiavitù come in certe civiltà poligame, la donna celta godeva di ampie libertà e i suoi ambiti erano considerati tanto privati che neanche i curiosi storici greci ebbero la possibilità di esservi ammessi. Ma da Diodoro Siculo sappiamo per esempio che esse erano tanto coraggiose e altezzose quanto gli uomini, e Ammiano Marcellino rende ancora meglio questa idea di nobiltà e forza affermando che intere schiere di guerrieri non avrebbero potuto tener testa ad un solo gallo che avesse chiamato in suo aiuto la moglie!
Che le donne celtiche fossero anche temibili regine e guerriere ce lo conferma anche lo storico romano Dione Cassio con la descrizione della celebre Boadicea, che guidò i britanni in una coraggiosa rivolta contro i romani: "Boudicca era alta di statura, con uno sguardo che incuteva paura, una voce roca e una massa di capelli rosso brillante che le scendeva fino alle ginocchia. Portava una collana d'oro dagli anelli intarsiati, una veste variegata e, sopra questa, un manto chiuso da una fibbia. Stringeva nella mano una lunga lancia, che incuteva timore a quanti la osservavano". Boadicea diede filo da torcere agli invasori conquistando diverse oppida romane come Colchester, sede del governatorato, distruggendo Londinum (Londra), occupando Verulasimium (St. Albans nell'Hertshire) e quando le cose girarono al peggio si diede la morte per veleno, negandosi al nemico per entrare nella leggenda.
La donna celta aveva proprietà e domini, che manteneva anche in caso di divorzio (la società celtica di 25 secoli fa già contemplava questa istituzione) e che all'interno del matrimonio le potevano anche permettere di essere l'elemento dominante della coppia. Ciò nonostante era in vigore presso alcune rare popolazioni il sacrificio rituale della sposa in caso di morte del marito, soprattutto se quest'ultimo era di alto rango, allo scopo di condividerne il destino nell'aldilà. Un esempio di questo costume lo si trova nel campo funerario di Hohmichelle, nella Germania meridionale.
Il matrimonio era, infatti, soprattutto un contratto che legava due famiglie o due domini e non una questione di sentimenti, tant'è che nell' irlandese precristiano lo stesso termine che designava sia il matrimonio che il contratto era "caratrad", che significava "amicizia". L'attuale termine "pòsadh" per indicare il matrimonio infatti deriva dal latino "sponsus", mentre il termine utilizzato allora per indicare l'amore era "serg", ovvero "languore", ma anche "malattia" ad indicare una vera e propria affezione dell'animo. Il letto era insomma per la donna celtica non tanto un luogo di piacere quanto quello del dovere coniugale. E' interessante notare che per quanto riguarda il costume del matrimonio, presso i celti non esisteva l'equivalente della "conferreatio" romana e non vi erano esigenze riguardo la purezza, o verginità, della sposa od altre qualità particolari.
Nelle società indo-europee la monogamia era un regola giuridica che non conosceva eccezioni, benché il concubinaggio, che comunque non metteva mai in causa il patrimonio individuale della sposa, e la poliandria, cioè la possibilità per una donna di avere più amanti, erano conosciuti, praticati a volte per per necessità e più o meno tollerati. Ciò in effetti rispondeva soprattutto ad esigenze di sopravvivenza, poiché spesso gli uomini, decimati da guerre continue, erano in numero talmente esiguo che allo scopo di assicurare la continuità di certe famiglie come di certi clann e la sopravvivenza stessa della tribù dovevano in qualche modo adattarsi ed unirsi in matrimonio con più donne, molto spesso vedove.
Mentre la poliandria, di cui si ha qualche traccia storica, sembrava soprattutto un' usanza sociale in vigore presso alcuni popoli, soprattutto sulle isole, essendo motivo di orgoglio e di grande onore per una fanciulla concedersi di sua spontanea volontà ai guerrieri più coraggiosi.
La posizione della donna celta, che a tutti gli effetti era uguale a quella degli uomini, la poneva però anche nell'obbligo di servire come guerriero, ed a quanto riferitoci dagli autori latini e greci che ne parlarono, queste temibilissime guerriere ispirarono o perlomeno rafforzarono il mito greco delle Amazzoni, senza dimenticare che altre donne guerriero, le celebri Valkirie, erano già presenti da molto tempo anche nella mitologia nordica.
Le guerriere celte continuarono per lungo tempo a combattere anche dopo la conquista romana e a dispetto del cristianesimo. In Irlanda per esempio le donne proprietarie di beni fondiari erano obbligate per legge al servizio di leva e tale costume resistette fino alla sua abolizione con l'editto di Tara nel VII secolo.
Nella mitologia celtica e soprattutto in quella irlandese, di cui ci resta più ampia testimonianza, non è azzardato dire che tra i temi più fecondi vi erano quelli che esaltavano la femminilità, e la stessa letteratura latina e greca è ricca di aneddoti sulla fedeltà, devozione, intelligenza e bellezza delle donne celtiche. Persino Cesare, ben conosciuto per la sua misoginia, esaltò il coraggio e la devozione delle donne che durante gli assedi di Avaricum e Bratuspantium, così come in quello più celebre di Alesia, con il petto nudo ed i seni in vista lo supplicavano di risparmiare le loro città.
Insomma, una figura quella della donna celta che se immaginata come vuole la tradizione, libera, sicura di sé, bellissima e armata di lancia o della grande spada celtica, forse oggi potrebbe incutere qualche fondato timore agli uomini moderni, abituati da molti secoli ormai a una donna sottovalutata e subordinata dalle convenzioni e dalla religioni a ruoli sociali di secondo piano.
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