sabato 11 dicembre 2010
Eremiti….al femminile
L’habitat eremitico coincideva spesso con l’immediata periferia extra-urbana, senza necessariamente evocare l’horridum di foresta o dell’inabitato. E sotto quest’ultimo aspetto è particolare l’esperienza delle cellane e recluse. Come afferma André Vauchez, «pour le femmes, la forme normale de la vie religieuse n’etait pas l’érémitisme, mais la réclusion». Se inizialmente solo di Chiara d’Assisi potevamo conoscere esattamente la biografia, nel corso degli ultimi anni uno studio sistematico e approfondito ha portato alla conoscenza di molte recluse. In realtà le donne eremite o cellane esistevano da sempre, solo che dal XIII secolo in poi cominciarono a moltiplicarsi delle recluse urbane viventi sia sole che con una o più compagne, spesso vicino alle porte di una città, di ponti, di ospedali o di cimiteri. E la loro sussistenza materiale era assicurata dagli stessi fedeli, mentre l’assistenza spirituale era data loro da vescovi della zona o dal clero.
Vari sono i documenti in cui si può trovare menzione delle incarcerate: ad esempio nel 1303 Francesco, vescovo di Gubbio, emanava delle disposizioni per regolamentare la situazione delle incarcerate nella sua diocesi; nel processo di canonizzazione del beato Simone da Collazzone (1252) si ricorda una reclusa da lui miracolata e due sue compagne; dai documenti notarili fiorentini si apprende di una Firenze “infestata” da minuscoli reclusori femminili; la Roma post-giubilare vantava un numero impressionante di recluse, tanto da crearne una contrada. Basta comunque ricordare anche la Leggenda Maggiore di san Bonaventura, in cui è riportato l’episodio di Prassede, incarcerata romana miracolata da Francesco.
Nella frammentarietà delle fonti, eccezione è rappresentata senza dubbio dal caso di Chelidonia. La sua Vita, scritta da un anonimo, riporta quanto la santa, nata a Cicoli, in Abruzzo nella seconda metà dell’XI secolo, fosse animata dalla vocazione per la vita solitaria. S’insediò così a Mora Ferogna, presso l’abbazia sublacense, dove interruppe la sua solitudine solo per affrontare un pellegrinaggio a Roma.
Riporta l’anonimo scrittore che affrontò digiuni, freddo e animali selvatici. Inoltre ci informa di come i suoi vicini le chiedessero consigli e preghiere, remunerandola con doni alimentari.
Purtroppo la mascolinità richiesta per la vita eremitica provocava una sostanziale diffidenza da parte della società ecclesiastica del tempo nei confronti delle donne, e questo può forse spiegare la penuria di storie di sante.
Tuttavia c'è da notare che la situazione della donna eremita varia da paese a paese. Se in Germania non troviamo menzione di donne eremite, altrettanto non si può dire dell’Inghilterra: per esempio sappiamo di una reclusa, Christine, divenuta priora di una comunità di benedettini, «la première prieure» in assoluto.
Molto singolare la sua vicenda. Giovane ragazza di Huntingdon, dopo una visita all’abbazia di St. Albans, fece a quindici anni voto di castità per darsi completamente a Dio, e testimone di questo voto fu un canonico regolare dell’abbazia, Suenon, peraltro suo confessore.
Tutta la prima parte, se così si vuol dire, della sua vita, fu una lotta eroica per prestare fede a quel giuramento. I suoi genitori infatti volevano farla sposare. E anche il vescovo di Durham, Raoul Flambard, la invitava a prender marito. Dopo molte vicissitudini, suo malgrado, contrasse matrimonio.
Tuttavia desiderando ardentemente prestare fede al giuramento almeno nella forma ascetica, s’incontrava clandestinamente con un venerato eremita di nome Edwin.
Approfittando poi di una visita che i suoi parenti fecero ad un altro eremita, Guy, che viveva a poche miglia da Huntingdon, riuscì a fuggire, rifugiandosi presso una reclusa, Alfwen. Dopodiché fu avviata alla totale esperienza eremitica da Roger, ex monaco di quell’abbazia di St. Albans dove anni prima aveva fatto il voto. Questo Roger, dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, si era ritirato a vita eremitica insieme ad altri cinque ex monaci a Markyate.
Dopo vari anni di vita in condizioni estreme, Christine riuscì a farsi annullare il matrimonio dall’arcivescovo di York, Thurstan.
Per tutte le sue vicissitudini, ella fu ricompensata con la visione di Gesù Bambino, seguita da altri eventi miracolosi che la vedevano protagonista. A seguito di tali eventi, molti capi di monasteri, provenienti da tutta l’Inghilterra, le rendevano visita. Infine fu scelta come priore.
E sempre in Inghilterra troviamo un’altra peculiarità dell’eremitismo “britannico”: molti eremiti trovano nelle piccole isole il luogo perfetto per la meditazione. Così come sant'Henry de Coquet Island, un laico nato in Danimarca, poco prima del suo matrimonio capì che la vita da seguire doveva essere quella eremitica, e si rifugiò nella suddetta isola.
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