sabato 23 ottobre 2010


L’INTRAMONTABILE FASCINO DI MOSTRI E VAMPIRI
Da Frankenstein a Batman
Festival della creatività, Istituto degli Innocenti 22 ottobre 2010-10-06


Ero una bambina solitaria e amavo leggere. In particolare amavo Sindbad il marinaio e Aladdin le cui avventure avevo trovato adattate per i bambini in un libro che mi avevano regalato. Il Genio trasformista che si ribellava al suo destino di prigioniero della lampada per esaudire i desideri degli altri,le avventure marine di Sindbad, a me che ero nata e crescevo sul mare piacevano ed emozionavano, e poi il tappeto volante, l’uccello che ti portava in groppa in volo sulla città erano per davvero consolatori ed esaltanti.
Mi piacevano le avventure, i corsari di Salgari, mi identificavo con Sussi e Biribissi e mi appropriavo della loro sconclusionata sete d’avventura e la loro ironia verso il mondo dei grandi. La stessa ironia che mi faceva diventare Gianburrasca, con il gusto allo sberleffo di quel mondo piccolo borghese -si direbbe oggi- da cui mi sentivo oppressa e limitata, quel mondo pieno di tic e impedimenti, assurdo e impacciato dai limiti auto-imposti che ho ritrovato, adulta, nel divertente libro di Marchesa Colombi, Un matrimonio di provincia.
Mi piacevano molto anche le novelle che mi raccontava nonna Elsa, che veniva dalla provincia pistoiese: nei suoi racconti spadroneggiavano i gatti neri e le streghe, i vampiri succhia- sangue, che di notte mentre uno dormiva arrivavano leggeri a tirargli i piedi per spaventarlo, i fantasmi e tutti gli altri numerosi abitanti il mondo della notte. Mi affascinavano quelle storie e ancora oggi hanno lasciato in me un retaggio di fascinazione e curiosità antropologica. Non mi spaventavano affatto, mi catturavano e stimolavano verso sogni proibiti, verso il mondo struggente e affascinante della natura decadente e dei cimiteri. Lo sfioravo con la fantasia e mi rassicuravo che il male ed il dolore erano solo finzioni, che la morte non mi riguardava, apparteneva a tombe vecchissime, reperti archeologici, apparteneva ad un racconto bello e spaventoso e finiva con quella storia.
Le novelle tradizionali non mi piacevano. Il lupo cattivo era lontanissimo da me, Cenerentola, Biancaneve mi annoiavano. Invece Pollicino, Hansel e Gretel mi spaventavano a morte. Avevo terrore d’essere abbandonata come loro. Ma perché, mi domandavo un babbo lascia nel bosco da solo, in mezzo a tremendi pericoli il suo bimbo? E perché me lo raccontano proprio a me? Sarà per caso un ammonimento? E quella strega che vuol far ingrassare Hansel per mangiarselo, non farebbe meglio a rubare un pollo, che so io…Era tutta una storia troppo violenta e assurda e davvero cattiva. Meglio le storie dei mostri e dei vampiri di nonna Elsa,che mi raccontava le storie che i nonni avevano raccontato a lei, loro erano figurazioni di un mondo inventato, in poche parole erano l’incarnazione di un prodigio, che suscitava spiazzamento e paura sulle prime ma indicava anche qualcosa di estraneo, unico, raro. Affascinante. Nasceva dalla pura invenzione. Ecco perché mi piaceva insieme ai draghi dal fiato fiammeggiante che l’eroe Beowulf sconfiggeva e mi faceva venire a mente l’illustrazione di un San Giorgio raffigurato in un santino, e la spada nella roccia che avevo visto a San Galgano: gli eroi buoni c’erano, la spada l’avevo vista e loro ti salvavano sul serio. Verso i dieci anni mi appassionai alle avventure di Batman, il supereroe misterioso, idealista, coraggioso, dotato di superpoteri, di poche parole e molti fatti, in lotta col male dei mafiosi, terroristi e soprattutto con il male metafisico, irragionevole incarnato da Joker, il malvagio dal sorriso indelebile del clown stampato sul volto. Mi rendevo conto che il volto di un clown non rassicurava più né divertiva, anzi era triste, malinconico, forse pericoloso e il volto del malvagio era quello di un uomo qualunque. Al circo non ci volevo andare. Poi da adulta ho riflettuto sul fatto che la figura tradizionale del malvagio viene sovvertita nel mondo contemporaneo il mostro può essere un dolce e indifeso alieno come ET, un orco un divertente e generoso irsuto abitante dei boschi come Shrek, un vampiro un magro e pallido dolce e indifeso personaggio come Edward manidiforbice e persino il fantasma che abita le notti e gli incubi appare ora di giorno, diventa allegro e spiritoso come il fantasma di Canterville di Wilde o assume una missione di riscatto sociale come nel racconto di Natale di Dickens. .
Oggi i cattivi sono altri ed hanno aspetti familiari: sono il vicino di casa, l’uomo che regala le caramelle, lo sconosciuto gentile che pretende di portarti a casa in macchina. Sono loro gli orchi . I loschi seduttori. Gli imbonitori. Anche se nelle vesti rassicuranti di un clown, come in IT di Stephen King. In tantissime fiabe, di ogni epoca si ha la certezza che il vero pericolo è la seduzione. Sì, la seduzione. Lo percepivo anche da piccola che il pericolo reale stava nella seduzione. Anche nelle fiabe tradizionali si mettevano in guardia i bambini. Attenti: le Sirene, il Pifferaio, il Lupo, il Gatto Mammone, l’Uomo nero, usano raffinate arti seduttive come il canto, la musica, la parola mielosa per compiere i loro delitti. La seduzione è quell’arte maligna che il babau, il mangia- bambini, l’uomo nero conoscono bene per irretire le vittime.
Una fiaba terribile sul tema della seduzione e dell’incesto è Pelle D’Asino. Qui il gioco è scoperto, il padre è preso da un incontrollabile desiderio per la piccola figlia, tanto da dichiarare di volerla sposare e questa deve imbruttirsi, nascondersi per sfuggire alle oscene voglie del genitore. Non capivo bene perché ma se quella novella era oscena perché la raccontavano ai bambini?
L’Orco, brutto, irsuto, non mi spaventava. Apparteneva ad un mondo che non conoscevo. Mi piaceva il fatto che parlasse una sua lingua per non farsi capire. C’era magia nella lingua del mostro orco. Tolkien, che era un filologo, aveva creato una neo-lingua orchica, ispirato dai suoi studi linguistici del currito, lingua non indoeuropea. Perché anche la lingua è fascino, magia e mistero, e per tradurre, dispiegare l’oscuro e minaccioso senso di terrore che ci prende durante un racconto l’uso di una lingua poetica insolita e sconosciuta accresce la tensione, crea un climax drammatico e sospeso.
Per inciso anche la formula Abracadabra forse di derivazione araba o aramaica che veniva trascritta a forma di triangolo, un triangolo magico è affascinante nel suo mistero linguistico, e proprio perché insolita e ambigua traduce il mistero e la magia del mistero.
Che piaccia o meno il vampiro e la sua controparte femminile sono nostri compagni di strada, nostre ombre, fanno parte di quella società di non morti, ingordi di vitalità a cui noi stessi apparteniamo. Il vampiro, così spesso evocato nella comunicazione di massa è personaggio ambiguo e misterioso, equivoco, che ha origine dai tetri non luoghi del nostro sistema morale. Nella sua contraddittorietà ha talvolta la dignità e il fascino di un mito insieme antichissimo e moderno. Non porta con sé solo il retaggio di angoscia del morto che torna attraverso le nebbie del tempo, ma ha la vitalità del mito che si rinnova attraverso l’elaborazione simbolica dei contenuti esistenziali e i riferimenti religiosi, antropologici, sociali. Se il Vampiro della tradizione è legato ai ritmi dell’agricoltura il vampiro moderno, il vampiro letterario nasce con la rivoluzione industriale. E’ infelice, insoddisfatto, si muove in un mondo invitante, forse affascinante nel quale, lui eroe o antieroe non riesce a trovare pace, sosta, lenimento al dolore, all’insoddisfazione di vivere. L’idea della mortalità è estranea all’inconscio, si sa,ecco perché gli uomini hanno inventato religioni, dei, aggrappandosi ad una religione che affermasse la prosecuzione della vita oltre il suo termine. La malinconia è il sentimento prevalente e condiviso da tutti coloro che si sentono prossimi alla rovina, annientati, svuotati , dispersi ed è sentimento legato alla visione delle rovine di un mondo disgregato, di una storia sfilacciata nella quale non si riesce a cogliere la trama, il messaggio. E.A.Poe ha saputo tradurre mirabilmente il senso di questo smarrimento nel racconto Il crollo di casa Usher. E’ lui che mi ha regalato il piacere della scrittura in quei ahimé anni remoti.
Il Settecento segna il trionfo della ragione, della moderna ricerca scientifica finalmente affrancata dai veti religiosi; è il secolo delle scoperte di nuove galassie e di mondi nuovi, ma è anche il periodo storico che vede nascere una letteratura vampirica che non svolge soltanto trame terribili e sanguigne ma storie con rimandi a fatti e situazioni reali, a riflessioni sull’esistenza e la convivenza. Al razionalismo Illuminista corrisponde l’oscura, atrofizzante paura di una parte di Europa, Ungheria, Boemia, Moldavia, dove proliferano i racconti dei non morti che compiono efferati e immotivati crimini, fenomeno questo che testimonia che il momento storico che propone l’uomo e la ragione al centro dell’universo, spesso nasconde al suo interno un rigurgito d’irrazionale, di esoterismo, di paranormale. Sono tuttavia gli anni segnati da un grande slancio scientifico e tecnologico. È grazie alle nuove sofisticate tecnologie che si fabbricano automi, bambole meccaniche, prototipi dei futuri robot. Sono stupefacenti marionette animate che preannunciano la creazione di nuove forme vitali, per la soddisfazione di scienziati che con l’elettricità sperano di creare vita, gettando le basi della cibernetica e della biologia contemporanea. Nel Ottocento il Vampiro non è dunque solo un succhia- sangue ma un essere disperato e malinconico che vorrebbe sfuggire al destino che lo segna, e la Cosa, il mostro creato da Mary Shelley vorrebbe una compagna per trovare pace negli affetti famigliari. Tra Mary ed il mostro sembra stabilirsi una relazione empatica, mediata da tenerezza e compassione, forse per lei lo scriverne è l’occasione di tentare una rappresentazione altra di sé. Questi sentimenti ridimensionano l’elemento conturbante, spaesante, straniante di quella sfumatura dello spaventoso e di quella inquietudine che contrassegna tanta letteratura fantastica, di primo ottocento,i racconti di Hoffman ad esempio che lei ben conosceva
Nel mondo dei supereroi è il personaggio di Batman, nato alla fine degli anni trenta in contemporanea con Superman. Il suo ideatore Bob Kane miscelò nel personaggio icone e fonti diverse: L’uomo volante di Leonardo da Vinci, Zorro, l’eroe solitario che combatte le ingiustizie, l’uomo ombra, personaggio ammantato della stessa aura leggendaria che sarà la caratteristica di Batman, il cavaliere oscure e il Bat, il pipistrello che ne ispira il travestimento. Batman combatte i criminali, Joker, il Pinguino o l’assurdo Uomo Lampadina, o minacce fantascientifiche. Batman viaggia nel tempo e nello spazio.
E’ un Beowulf attuale che lotta col mostro Grendel, un novello San Giorgio che vince il drago, l’incarnazione dell’eroe mitico delle saghe e delle fiabe.
Nella saga di Batman che si svolge nell’arco di settant’anni, compaiono richiami ad alcuni personaggi di Alice nel paese delle meraviglie: lo Stregatto, il Cappellaio Matto, o i tre fantasmi del racconto di Natale, con caratteri esasperati e sovvertiti. E’ un segno che introduce Barman nella tradizione del racconto fantastico.
E’ negli anni trenta che inizia il processo di sovvertimento dei ruoli a cui accennavo precedentemente: se il mostro, la creatura ibrida e abnorme era adatta nel passato a trasmettere la raffigurazione del male, associata al brutto e all’abnorme, è proprio negli anni trenta che l’abnorme, l’anomalo il freak assume il ruolo positivo. Il film Freaks che vedremo è del 1932, King Kong è del 1933. (Tratti del suo carattere si ritrovano nella figura del Selvaggio in A brave new world di A.Huxley.)
King Kong e il Selvaggio trovano una fine ingloriosa, l’uno in cima all’Empire State Building assediato dagli aerei che gli contro sparano senza sosta, l’altro in cima ad un faro dove si è rifugiato terrorizzato.
Da prendere nota è il fatto che Batman nasce nel 1939. Flash Gordon è del 1934.
I mostri sono buoni e sempre animati da spirito solidale, generosi, aperti, d’ora in poi..
E’ la società dei normali ad essere violenta, cattiva, irragionevole, assurdamente feroce. E’ in quella società, stretta ai suoi dettati morali, al suo perbenismo zeppo di luoghi comuni, ottusa e vuota che nascono i veri mostri E’ quella la società dei normali che si prepara ai massacri della seconda guerra mondiale.

KIKI FRANCESCHI-

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