mercoledì 25 aprile 2012

Cantarono i poeti

Cantarono i poeti Potevano I poeti scrivere con i corpi dilaniati dei ragazzi, viscere aperte proiettili a perforare i cervelli lame a straziare? Potevano I poeti scrivere con donne violate e torturate cuori grondanti di sangue? Potevano i poeti cantare i loro versi Con bimbi dentro cancelli d’orrore E vecchi attoniti senza ricordi? Eppure scrissero I poeti E riempirono di suoni Il vuoto del tempo confuso del putrido odore Della violenza. Ora I poeti Scrivono d’amori infelici Di piegate passioni Di sogni infranti Si voltano Sdegnosi Alla mesta e dolorante miseria. Susanna Berti Franceschi Copyright

martedì 17 aprile 2012


MARIA BAKUNIN

«Marussia per gli amici, la Signora per gli altri» [Nicolaus, 2003, p.29], come la ricorda il Professor Alessandro Rodolfo Nicolaus, suo allievo all’Università di Napoli, è la terzogenita del filosofo e rivoluzionario russo Michail Bakunin (1814-1876). Nata in Siberia il 2 febbraio 1873, alla morte del padre, avvenuta a Berna nel 1876, segue a Napoli la famiglia accolta dall’avvocato socialista Carlo Gambuzzi, che sposa la madre.
I fratelli Bakunin frequentano il Liceo classico Umberto I; Carlo si dedica agli studi di ingegneria, Giulia Sofia si laurea in medicina e chirurgia all’Università di Napoli nel 1893, mentre Maria intraprende gli studi di chimica nella stessa università. Già “preparatore” all’Istituto di chimica dal 1890, si laurea nel 1895 con un lavoro Sugli acidi fenil-nitrocinnamici e sui loro isomeri stereometrici.
Pochi anni dopo sposa Agostino Oglialoro-Todaro (1847-1923), direttore dell’Istituto, di cui era diventata collaboratrice. Nel 1909 inizia ad insegnare chimica applicata alla Scuola superiore politecnica di Napoli e nel 1912 vince il concorso di professore ordinario per la cattedra di chimica tecnologica applicata presso la medesima scuola. Nel 1940 si trasferisce alla cattedra di chimica organica della Facoltà di scienze dell’Università di Napoli dove lavora fino al 1947. Nel 1949 le viene conferito il titolo di “professore emerito”.
Maria Bakunin svolge le sue ricerche prevalentemente nei campi della sterochimica e della fotochimica. Nell’ambito della chimica applicata, all’interno di un progetto del Ministero della pubblica istruzione per una mappatura geologica del territorio nazionale, si occupa tra il 1909 e il 1910 degli scisti bituminosi dell’Italia meridionale. Compie studi preliminari nella catena montuosa di Karvedel in Tirolo, dove già dall’Ottocento venivano sfruttati i giacimenti di scisti bituminosi per la produzione di ittiolo, un olio di origine fossile che veniva utilizzato a fini medicinali; si interessa quindi dei giacimenti di scisti nei Monti Picentini, nella provincia di Salerno, lavorando per alcuni anni come consulente del Comune di Giffoni Valle Piana per lo sfruttamento industriale dei giacimenti locali e la produzione di ittiolo. Nel 1925 partecipa al secondo congresso di chimica pura ed applicata a Palermo, portando un contributo sugli scisti siciliani dei Monti Peloritani.
Donna dalla forte personalità e dal carattere deciso, estremamente popolare nell'ambiente napoletano, Maria Bakunin è una figura di rilievo non solo per la sua figura di scienziata e di "maestra" temuta e stimata, ma anche per il ruolo di direzione di varie istituzioni scientifiche. Nel 1919 diviene vice presidente della Sezione di chimica di Napoli, di cui faceva parte fin dal 1912, anno in cui era stata fondata sotto la presidenza di Arnaldo Piutti (1857-1928). Nel 1932 viene eletta presidente della sezione di scienze fisiche e matematiche della Società di scienze, lettere ed arti di Napoli (1932-1952); socia dell’Accademia pontaniana fin dal 1905, ne assume la presidenza per un mandato nel 1944, alla sua riapertura dopo la sospensione sotto il fascismo. È la prima donna socia dell’Accademia nazionale dei Lincei nella classe delle scienze fisiche nel 1947. La sua fama cittadina è legata alla difesa del "suo" Istituto di chimica durante la Seconda guerra mondiale; come ricorda Nicolaus, «quando i tedeschi misero a fuoco le biblioteche di via Mezzocannone, la Bakunin si sedette in prossimità delle fiamme incrociando le braccia. Il tenente tedesco comandante, stupefatto da tanto coraggio, dette ordine di ritirarsi e i danni furono meno gravi» [Nicolaus, 2003, p. 30]. Maria ha un ruolo importante anche nella vita – personale e professionale – del nipote a cui era molto legata, il noto matematico Renato Caccioppoli (1904-1959) figlio di Giulia Sofia e del chirurgo napoletano Giuseppe Caccioppoli (1852-1947): nel 1938 interviene presso le autorità per impedirne l’arresto per attività antifascista.
Muore nella sua abitazione in via Mezzocannone a Napoli nel 1960.

lunedì 9 aprile 2012


Santa Casilda di Toledo Vergine

9 aprile

Toledo-Briviesca (Spagna), secolo XI

Casilda è una giovane musulmana, figlia del governatore di Toledo, l'allora capitale religiosa della Spagna, che gli Arabi hanno conquistato nel 711, e che resterà in mano musulmana fino al 1085. (Secondo certi racconti, suo padre sarebbe addirittura «re» di Toledo). In città tutti conoscono la ragazza per la sua generosità, e soprattutto perché è sempre pronta a soccorrere i cristiani prigionieri, porta soccorsi, e insospettisce suo padre, che comincia a farla controllare. Un giorno la sorprendono mentre porta del pane a quegli infelici; ma, al momento della perquisizione, le pagnotte che porta con sé si trasformano in rose. Accade poi che Casilda sia colpita da una malattia misteriosa, che nemmeno i più famosi medici arabi del tempo riescono a curare. Consigliata dai suoi amici cristiani, lei si fa portare nella zona di Burgos, a Briviesca, per immergersi nell'acqua della fonte San Vincente. Quell'acqua la guarisce, e Casilda decide di farsi cristiana. Ma senza clamore: ricevuto il battesimo, abbandona la vita della città e dei palazzi, scegliendo la condizione anacoretica. Si ritira cioè in un eremo, come ha sentito raccontare che facessero gli antichi Padri del deserto. E nel suo eremo rimane fino alla morte. )
La vergine spagnola Casilda (Casilla) visse probabilmente nell’XI secolo; i primi documenti storici che parlano di lei, risalgono però al XV secolo; il culto fu abbastanza popolare anche se le biografie successive riportano fatti incredibili.
Eliminando gli episodi leggendari, si può dire che Casilda, figlia dell’emiro di Toledo al-Mamun (ma secondo altri, figlia del governatore di Cuenca, Ben Cannon), fu educata nella religione musulmana, nonostante ciò, sin dalla prima giovinezza mostrò compassione verso i cristiani imprigionati dal padre, aiutandoli come poteva.
Siamo al tempo della dominazione araba in Spagna; un giorno si ammalò e non avendo fiducia nei medici arabi, decise di recarsi in pellegrinaggio al santuario di S. Vincenzo di Briviesca (Burgos), molto celebre per le sue acque, ritenute prodigiose, cui facevano uso i pellegrini specie quelli affetti da emorragie.
Anche Casilda guarì, decidendo poi di farsi cristiana e di condurre una vita solitaria e penitente presso la fonte miracolosa che in seguito prese il suo nome.
La vergine penitente visse molti anni, si dice centenaria; l’anno della sua morte non è stato possibile individuarlo; il suo corpo fu sepolto nella chiesa di S. Vincenzo.
Il 21 agosto del 1750 le sue reliquie ebbero una solenne traslazione in un nuovo santuario. La sua festa liturgica si celebra il 9 aprile.
Artisti famosi per lo più spagnoli, come il Murillo, Zurbarán, Bayeu y Subias, la raffigurano vestita con gli abiti sontuosi e regali, della loro epoca.