martedì 29 giugno 2010


DA "CIVILTA'PERDUTE"


 



 



 

domenica, 30 maggio 2010

SINCRONICITA' , relazione di significato e acausalità


Prosegue lo studio sulla Sincronicità, e sui rapporti tra lo psicologo Carl Gustav Jung e il fisico teorico Wolfgang Pauli.
Il testo da noi tradotto lo trovate al seguente indirizzo:
http://www.metapsychique.org/Synchronicite-et-Hasard.html

3. Sincronicità come relazione di significato

Nelle sue prime opere, Jung parlava di "sincronico" volendo generalmente dire "simultaneo". Qualche tempo dopo, divenne evidente che con l'aggettivo "sincronico", bisognava piuttosto intendere "con lo stesso significato."L'aspetto essenziale della sincronicità, è quindi la relazione di senso tra gli avvenimenti, non la loro simultaneità. Così Pauli scrisse a Jung nel 1949:

"La parola sinchron mi sembrava ... illogica in un certo senso, a meno che non vogliate vedere un rapporto col termine chronos che sia sostanzialmente diverso dal concetto di tempo ordinario... Non è evidente, a priori, capire come mai avvenimenti che 'esprimono la presenza di una stessa immagine e/o uno stesso significato' dovrebbero essere simultanei: il concetto di tempo mi è più difficoltoso che il concetto di senso."

Qual è il rapporto tra Senso e Tempo? Provvisoriamente, interpreto la vostra concezione all'incirca così: innanzitutto, avvenimenti che condividono uno stesso senso possono essere percepiti più facilmente se sono simultanei. Inoltre, la simultaneità è anche la qualità che costituisce l'unità dei contenuti della coscienza. Pauli preferiva parlare soltanto di una relazione di senso, e lo sottolinea nell'ottobre 1949, in una lettera a Fierz:

"Per me, la novità in questo modo di vedere le cose, è che utilizzando il concetto di 'relazione di senso', non avverto una distinzione troppo marcata tra il [fenomeno] riproducibile e il caso individuale, come si aveva potuto supporlo in precedenza. Jung è veramente tanto lontano dalla meccanica quantica quando suppone un legame di senso tra la situazione psichica ('stato di coscienza') dell'osservatore, e ciò che succede al suo esterno?"




Jung e Pauli credevano che le coincidenze significative potrebbero dare un contributo essenziale alla spiegazione delle relazioni tra la psiche e la materia. Calcolarono approssimativamente che, integrando il principio di azione causale nell'ambito della descrizione spaziotemporale, era necessaria una corrispondenza tra la psiche e la materia, attraverso un senso pre-esistente, per una comprensione più estesa della natura. Jung ha anche proposto di staccare il fattore della significazione dall'opinione soggettiva umana, e di elevarlo fino a farne un principio metafisico generale:

"La sincronicità presuppone un senso a prescindere dalla coscienza umana, un senso il quale, apparentemente, si trova fuori dell'essere umano." Ma un senso [al di fuori della coscienza umana] non ha senso nella nostra attuale visione scientifica del mondo.
Jung dichiara: "Si è abituati a considerare che il concetto di 'senso' implichi un fenomeno o un contenuto psichico di cui non si suppone che possa esistere anche all'esterno della nostra psiche... Quando viene considerata l'ipotesi che uno stesso senso (trascendente) può presentarsi contemporaneamente nella psiche umana e nella disposizione di un avvenimento simultaneo esterno e indipendente, allora si entra in conflitto con le nostre ricerche scientifiche epistemologiche tradizionali."

Già nel 1934, Jung insisteva, durante la sua conferenza su Eranos, nell'idea che il "senso" è un archetipo.
Tale concezione platonica di un senso preesistente [alla coscienza umana] dà luogo, ovviamente, a grandi difficoltà, dalle quali Jung non è riuscito a scappare.In uno scambio di lettere rivelatore con Erich Neumann, Jung scriveva nel 1959:




"Il senso sembra sempre essere prima di tutto incosciente e non può quindi essere scoperto che dopo di questo; è perchè si rischia sempre dove non c'e nulla di questo genere. Si ha bisogno delle esperienze sincroniche per poter giustificare l'ipotesi di un senso latente, [nascosto] che è indipendente dalla coscienza. Come una creazione non ha senso discernibile senza la coscienza umana che la riflette, l'ipotesi del 'senso latente' attribuisce all'essere umano un significato cosmogonico, una vera raison d'être."

Sotto l'influenza di Pauli, Jung considerò successivamente il concetto di sincronicità caratterizzata attraverso un senso preesistente, come caso particolare di una disposizione più generale chiamata ORDINE ACAUSALE. Anche l'acasualità della meccanica quantistica, regolata da strette leggi statistiche è - secondo Pauli - un caso particolare di questo "ordine acausale."

"Per me non ci sono dubbi che la 'corrispondenza statistica' della meccanica quantistica sia più vicina al vecchio determinismo che ai fenomeni sincronici. Dal punto di vista di questi ultimi, la meccanica quantistica deve apparire come una debolissima generalizzazione della vecchia causalità. Nonostante ciò, anche la meccanica quantistica sembra diretta verso l'altra direzione, dove non si può più parlare della riproduzione a volontà dei risultati. La meccanica quantistica avrebbe una specie di posizione intermedia."

4. Sincronicità e acasualità

Anche se Pauli considerava l'idea della sincronicità di Jung come un passo geniale nella buona direzione, la quale ha avuto un'influenza essenziale nelle riflessioni di Jung, non bisogna supporre che Pauli fosse del tutto soddisfattodelle formulazioni [al riguardo] compiute da Jung.

In effetti, la caratterizzazione junghiana della sincronicità come "la simultaneità di due fenomeni i quali condividono un senso, ma sono legati in modo acausale" non è adeguata. Ovviamente, Pauli criticò dall'inizio l'utilizzo particolare della definizione "acausale" che Jung faceva:

"Mi pare che il concetto di 'acasualità' e l'utilizzazione particolare del concetto di tempo abbiano bisogno di essere chiariti più dettagliatamente. Secondo la vostra concezione del fenomeno 'sincronico'... quest'ultimo si produce grazie alla duplicazione o moltiplicazione d'un 'organizzatore astratto' dall'aspetto esteriore esattamente doppio o triplo. In questo senso si potrebbe anche qualificare tale 'organizzatore' come la [stessa] causa del fenomeno sincronico. Questa causa non sarà dunque più nello spazio-tempo."




Possiamo quindi vedere, in seguito alla lettura dei messaggi di Pauli, come lui e Jung avessero delle opinioni considerabilmente differenti sul concetto di causalità. Jung non precisò mai cosa intendesse per "causale" e "acausale". In una lettera a Fierz, Pauli parla di una conversazione con Jung:

"Per Jung è particolarmente importante l'applicazione del concetto di 'causalità' unicamente alle cause 'concrete' o 'misurabili' che si trovano nello spazio-tempo (per escludere dalla causalità le cause 'magiche' o 'simboliche' le quali sono fuori dello spazio-tempo). Questo è naturalmente un punto decisivo poichè è unicamente in questo senso che i 'legami trasversali' degli AVVENIMENTI SIMULTANEI di Schopenauer sono 'acausali' ."

Anche limitando il concetto di causalità agli avvenimenti nello spazio-tempo, l'assenza di un legame causale non può mai essere provata empiricamente perchè una relazione di causalità può essere così complessa da fuggire ai nostri metodi di ricerca. Secondo Jung, il punto essenziale è il fatto che, per comprendere le coincidenze significative, l'impensabilità del legame causale nello spazio-tempo deve obbligare lo spirito arinunciare a ogni discussione su un simile legame. Jung scoprì dei concetti precursori delle sue idee di sincronicitàsu vecchi testi quali la teoria della "simpatia universale" e della "corrispondenza" nelle descrizioni medievali della natura. In breve, si può di conseguenza affermare che, nei fenomeni sincronici, il legame di senso è evidente mentre un eventuale legame causale spazio-temporale non è importante e, generalmente, non discernibile. Bisogna, però, sottolineare come un legame di causalità nei fenomeni sincronici non sia escluso a priori.


 

postato da: Rossegal alle ore 23:43 | link | commenti
categorie:
controcorrente, sincronicità, fisica quantistica, elettromagnetismo

lunedì 28 giugno 2010


La brigantessa Michelina De Cesare.Fu uccisa durante un combattimento e dopo fu fatto scempio del suo cadavere esposto per giorni come monito alle popolazioni ribelli.
Nelle fattezze sconvolte del viso di Michelina si leggerà tutta la disperata sofferenza delle popolazioni del sud
LA RESISTENZA DEL SUD
C'è stata nella storia assai giovane della nazione italiana,un'altra resistenza,oltre quella nota e celebrata della lotta al nazifascismo.
Una resistenza forse più dura e disperata che fu repressa senza pietà nel sangue.
Nel 1861 all'indomani dell'unità,l'esercito sabaudo,un esercito"straniero",si trovò a dover combattere contro un esercito irregolare,ma coraggioso che non accettava la caduta del Regno delle due Sicilie e considerava invasori i piemontesi.
Quell'esercito di resistenza venne denominato dai nuovi governanti "briganti"e di loro è rimasto solo leggenda.
Tra questa truppa etereogenea molte furono le donne,donne del sud,forti,coraggiose,libere che seguirono gli uomini nella macchia e sulle montagne.
Quasi tutte,senza pietà,vennero torturate e uccise con ferocia.
Susanna Franceschi
riproduzione vietata
Alla memoria di queste dimenticate donne ,ecco alcune delle loro storie.

ALCUNE BRIGANTESSE

Maria Maddalena De LELLIS:

Nella banda di Andrea Santaniello aveva una posizione preminente Maria Maddalena De Lellisi detta la Padovella, una specie di segretaria della comitiva, e forse amanuense perché, si dice, era l'unica che poteva usare un pezzo di matita fra tanti analfabeti. Dalla montagna di Mignano in Campania la Padovella aveva scritto una lettera al prete don Leone chiedendo una forte somma di danaro e mandandogli un'orecchia del nipote catturato. Non rimase contenta delle 900 piastre ricevute e proruppe: "ammazziamone uno, e mandiamo un'altra orecchia a don Leone". Il povero don Leone finì ucciso, dopo i pagamenti. Era isterica e sanguinaria. Le lettere della Padovella, suscitarono polemiche letterarie nei salotti.


Luigia CANNALONGA:

contadina di Serre, madre del capobrigante Gaetano Tranchella. Manifestava antipatia per Garibaldi, ed aveva inculcato quest'odio nell'animo dei figli Rosario e Gaetano. Dei due, Rosario finì presto in galera; Gaetano divenne capo di una banda di cui la madre era l'effettiva organizzatrice. Già imputata nel 1862 di corrispondenza con banda armata, somministrazione di viveri ed alloggio, fu successivamente assegnata a domicilio coatto quale "sospetta manutengola di brigantaggio", per deliberazione della Prefettura di Salerno. All'isola del Giglio Cannalonga incontrò altre donne compromesse con il brigantaggio, Giovannella Mazzeo la donna di Giuseppe Sofia, Angela Iacullo fidanzata di Vito Palumbo, Sofia Martuscelli favoreggiatrice e spia, ed altre. Quando Gaetano Tranchella venne ucciso il 14 agosto 1864, cessò la ragione del domicilio coatto e Luigia Cannalonga venne rilasciata. Non ritornò a Serre, fece perdere le sue tracce. Andò sulla montagna dove era stato il figlio, e qui trovò una giovane donna che ne era diventata l'amante ed aveva da poco partorito. Con la nuora e la nipotina rientrò finalmente a Serre, ed il Prefetto di Salerno annotava sul fascicolo: "27 marzo 1865, essendosi rinvenuta la sunnominata Cannalonga, è cessato il bisogno di continuare le pratiche". Così Luigia Cannalonga potè presentarsi a testimoniare nel processo contro i briganti Rosario e Gennaro Passamandi.



Maria OLIVIERO:

Maria o Marianna Oliviero detta Ciccilla sposò Pietro Monaco. Questo suo matrimonio era stato preceduto da una tragedia. Il Monaco aveva già sposato Concetta Oliviero, sorella di Ciccilla, ma le sue attenzioni erano per Ciccilla non per la moglie Concetta, e Ciccilla folle di gelosia, attrasse in inganno la sorella in casa e la uccise a coltellate. Poi raggiunse il suo uomo e divenne brigantessa, prendendo parte a sequestri ed uccisioni. Fra l'altro, i coniugi briganti sequestrarono il vescovo di Nicotera e il canonico Benvenuto; riuscirono ad arraffare 15.000 ducati, ma, durante un conflitto con la Gguardia Nazionale, i due religiosi riuscirono a fuggire. La banda ne aveva fatte tante che alcuni gregari si lasciarono convincere a far fuori il capo. Pietro Monaco infatti fu ucciso, e Ciccilla, benchè ferita, fuggì per la campagna, Divenne lei il capo della banda. Catturata infine da un reparto del 58° fanteria comandato dal capitano Dorna, fu rinviata a giudizio e condannata a morte dal tribunale di Catanzaro, pena commutata in quella dei lavori forzati. Fu una brigantessa "bella e crudele", come raccontavano i suoi paesani, donna di fede con "carattere di comando". …….. Maria Oliviero preparò la catasta di legna per bruciare il corpo del marito, come si usava per i briganti uccisi in combattimento, ed al capitano Dorna disse: "se non era per quel traditore, anche con Pietro Monaco morto la banda restava, la guidavo io Maria Oliviero moglie di Monaco". Arrestata fu deferita, al tribunale di Catanzaro, dove arrivarono altre brigantesse tutte vestite in nero. La gente di Calabria cantava: "la fimmina di lu brigante Monaco murìu, lu cori comu na petra mpttu tinia". L'amore spinse Maria Oliviero al brigantaggio. Sua sorella Concetta era stata moglie amante di Pietro Monaco, e Maria non glielo perdonò, la uccise, e, con uno scoppio e con vestiti maschili, si mise su un mulo e raggiunse il suo uomo.



Maria BRIGIDA:

brigantessa calabrese compagna di Domenico Strafaci detto Palma. La loro relazione amorosa fu funestata dall'uccisione del padre di Maria. La storia di questa donna comincia con un incontro furtivo con il brigante; appare improvvisamente il padre, e Vulcano, il compagno di Palma, che era addetto alla vigilanza gli vibra una coltellata. Maria Brigida sperava che Palma la sposasse, ma Palma correva verso altri delitti ed altre donne. Palma e Vulcano decisero di sbarazzarsi di Maria Brigida, diventata fastidiosa, e, con il pretesto di accompagnarla per una missione, l'abbandonarono in un burrone. Maria Brigida riuscì a riguadagnare la strada del paese, e si mise a servizio del capitano della Guardia Nazionale. Una sera Palma, lacero, ferito, affamato, chiese ricovero proprio nella casa del capitano, e Maria Brigida nel vederlo, rimase atterrita e sorpresa. Il brigante ebbe i primi soccorsi, ma il capitano lo fece andar via per non compromettersi. Palma chiese due cavalli, Maria Brigida li preparò, ma avvertì anche alcuni soldati. Una pattuglia irruppe, sparò alla cieca, colpì Maria Brigida ma colpì anche il brigante e il suo amico Vulcano che fuggirono con i cavalli. Maria Brigida morì per dissanguamento, era stata "donna di brigante" ma non crudele come una brigantessa. Palma scontò nel penitenziario di Portoferraio tutte le sue colpe, anche quella di aver profittato dell'amore della ragazza che sperava in lui.


Giuseppina GIZZI:

detta Peppinella "bella di viso e di tratti" era la fidanzata che "serviva solo per lui" di Giacomo Parra detto Scorzese. Il brigante Michele di Gè racconta nella sua autobiografia come una volta Parra mandò a chiamare per la biancheria e i viveri Peppinella che da allora rimase con lui e si aggregò alla banda. Fu una delle tante scelte che facevano madri, sorelle, mogli, amanti di briganti ….. un tale Alfonso Panaro convinse il manutengolo Pasquale Lisanti ad uccidere Parra e Peppinella. Le due teste non furono portate al sindaco di Muro Lucano, che aveva garantito l'impunità al Lisanti, ma al Sindaco di Bracigliano con cui segretamente il Lisanti aveva avuto altri contatti. E ci fu contesa fra i due Comuni, Muro Lucano e Bracigliano, per avere le teste degli uccisi!


Maria Orsola D'AQUISTO:

in un rapporto dei carabinieri reali di Salerno del 18 marzo 1867 si legge: "in seguito di perlustrazioni ed appostamenti, riuscì il 13 andante ai carabinieri della stazione di Acerno e Giffoni imbattersi in otto briganti con a capo Cerino in luogo detto Filettone. Non appena vista la forza i briganti si buttarono per burroni e dirupi spaventosi dirigendosi verso la pianura e la masseria Spaccone, costretti a spogliarsi dei loro mantelli per essere più leggeri; colà giunti, si cacciarono nel fiume, gettando armi ed indumenti che davano impaccio, per riparare dall'altra sponda. Tentarono i briganti, appena giunti in posizione elevata, di far fuoco, ma di nuovo volsero le spalle inseguiti fino a Campo Rotondo". Segue la narrazione del recupero di indumenti ed oggetti abbandonati e del rinvenimento di un brigante ormai senza vita. Non era un brigante, ma la brigantessa Maria Orsola D'Aquisto, di Palinuro, arruolata nella banda da un anno", che (continua il rapporto) "si era data alla campagna col brigante Ielardi Pietro del quale supponesi druda". Un rapporto di qualche tempo prima aveva riferito: "rimane una sola brigante della banda Scarapecchia, ed è la brigantessa D'Aquisto, di cui si fanno le pratiche per indurla a presentarsi o per impadronirsene". Maria Orsola dalla banda Scarapecchia era passata a quella di Pietri Ielardi, che agiva senza legami con altre bande. E un altro rapporto completa la storia: "giova ricordare che la druda D'Aquisto avventuratasi in questo circondario, ne venne scacciata, dopo aver perduto per ferite in combattimento e per presentazione volontarie quattro briganti che l'accompagnavano; non ebbe tempo di consumare alcun reato perché scappò facendo in tempo di cibarsi di carne cruda. Stamane è stato trovato il cadavere di una donna di 27 anni, l'infelice mostrava gravi ferite, un'orecchia recisa, e risultava essere Maria Orsola D'Aquisto, capelli foltissimi, occhi celesti, colorito naturale, vestito centolese". Era morta in combattimento con i Carabinieri Reali, Ielardi era lontano, verso altre avventure. L'avventura di Maria Orsola era cominciata sette anni prima, quando aveva vent'anni. Una notte avevano bussato alla sua porta Salvatore D'Avino e Agostino Visconti; scappavano dal paese ed avevano una "mappata" di biancheria e con trentasei ducati d'argento; Maria Orsola li aveva ospitati fino al mattino; poi se n'erano andati, lasciandole un lenzuolo, due federe, e un ducato.


Maria PELOSI:

druda del brigante salernitano Angelo Croce che terminò la sua carriere nel marzo 1866 dopo che il Sindaco del paese, già in rapporti con la sua banda aveva arrestato l'amante Maria Pelosi, con molte promesse per la collaborazione e la dissociazione. In questa occasione Maria Pelosi si lasciò sfuggire nomi, rapine e il nascondiglio delle provviste. Al processo, celebrato a Salerno, Maria Pelosi rilevò anche i rapporti che il Sindaco aveva avuto con la banda; il Sindaco reagì con un'ingiuria, e Maria Pelosi, esile e mingherlina, divenne una belva, lo afferrò per la gola, gli sputò in faccia, lo pestò, lo graffiò. Il pubblico gridava "Viva Maria". Non era l'invocazione della Madonna, come si faceva nelle processioni, ma l'applauso a Maria Pelosi.


Filomena MIRAGLIA:

anni 20, informatrice di Gennaro Cretella detto Diavollillo; diventò poi la sua compagna secondo un rapporto del funzionario di polizia del salernitano: "era latitante alla montagna e non compariva in paese che per partorire quando era resa incinta".


Maria Luisa RUSCITTI:

nacque il 5 maggio 1844 a Cercemaggiore ed ivi morì il 4 novembre 1903. Fu catturata da Michele Caruso in una delle sue incursioni a Cercemaggiore in contrada Cappella. Aveva diciotto anni e era di condizione fra le più umili, bracciante agricola quando trovava lavoro e donna di fatica nella casa del possidente Leopoldo Chiaffarelli del Paese. La sua bellezza notevole e raccolta; i suoi sentimenti semplici e puri. Costretta a soggiacere a Caruso, era stata da lui rapidamente istruita nell'uso delle armi e sotto la guida di quel maestro, era diventata in pochi mesi di permanenza nella banda, soldato esemplare. Per il suo istruttore ebbe rispetto da subordinato a superiore, nella ingenuità delle anime semplici ed illetterate che capiscono le doti e le limitazioni del prossimo molto prima degli intellettuali tanto proclivi all'analisi dei fatti e pur lenti ed incompleti nelle sintesi. Per lei il colonnello Caruso era un primitivo, duro e spietato perché cresciuto in un ambiente arretrato entro una natura avversa ed inclemente, in cui per sopravvivere, si doveva lottare come nei tempi di molto remoti. Noi lo diremmo un individuo che nella protostoria dei contadini meridionali, anelava al riscatto della servitù, ad una vita civile e più umana. Quali mezzi nativi aveva per lottare? Quelli da fiera selvaggia, dando e ricevendo la morte. Una donna passò attraverso un esercito senza contaminarsi; certo il colonnello non avrebbe tollerato affronti personali, ma gli uomini capivano tante cose, da come fingeva di non guardarla, sentendosi in soggezione, quando si era abbandonato ad una di quelle esplosioni di collera bruta e ruminava forse pentimenti tardivi; era abituato prima a fare e dopo a pensare. Da sempre la natura si ribella, rompe gli argini, distrugge campi e seminati, quando altri ne sovverte l'ordine insito e la rende schiava di assurde sovrastrutture. Tutte queste cose, intuiva Maria Luisa Ruscitti di sanissima morale ed illibatissimi costumi (così dissero di lei nei rapporti, nelle udienze giudici e testimoni), affine per solitudine interiore alla solitudine dell'altro, in quel tenergli testa, pacata e silenziosa. Maria Luisa la briganta è tuttavia per impegno e disciplina, una capitana. Quando uscì di galera nel 1888, era stata condannata dalla Corte di Assise di Trani a 25 anni di reclusione, per avere, durante uno scontro a fuoco, ucciso un ufficiale, sopportò per tutta la vita la sorveglianza speciale.



da: Giovanni De Matteo "Brigantaggio e Risorgimento - leggittimisti e briganti tra i Borbone e i Savoia"" Alfredo Guida Editore, Napoli, 2000

e da: Luisa Sangiuolo "I l Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860 - 1880" "De Martino, Benevento, 1975

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Certo non era semplice fare del sesso durante l'età di mezzo.

Almeno se una coppia ,regolare o clandestina,si atteneva alla regole di romana chiesa.

La chiesa vietava qualsiasi forma di relazione e contatto sessuale,compreso il bacio sulla bocca:la domenica,il mercoledì,il venerdì,i quaranta giorno prima di Pasqua,gli otto giorni dopo Pentecoste,per cinque giorni dopo aver ricevuto la comunione che ,va detto ,non veniva però presa con l'attuale frequenza.

Era proibito far sesso anche alla vigilia di ogni grande festività o alla vigilia dei giorni delle rogazioni.

Facendo due calcoli il rapporto sessuale era vietato per circa duecentoventi giorni all'anno ai quali ,naturalmente ,erano da aggiungere i giorni del flusso mensile.

Non c'era quindi poi molto da scegliere anche se la logica ed il buon senso fa ipotizzare che allora come al giorno d'oggi ,la gente non tenesse di gran conto divieti ed interdizioni legati al piacere del sesso.

La cosa era anche funzionale alla chiesa che per la remissione dei peccati (quelli confessati)legati alla trasgressione sessuale guadagnava soldoni contanti con donazioni e oboli per estinzione di colpa.

Susanna Franceschi

Riproduzione vietata

domenica 27 giugno 2010


La levatrice


 

L'inverno del 1562 fu l'inverno più rigido che la gente di Bagni e di tutta la vallata ricordasse.

Il tredicesimo giorno del secondo mese del nuovo anno la neve copriva tutta la conca e i tetti delle case si piegavano al suo peso .

Era difficile uscire di casa per i cumuli ghiacciati di neve marrone mista a mota che ostruivano e bloccavano le porte di legno rese grosse e pesanti dall'umidità.

Quel giorno ,Gostanza arrancava verso le casa di Fulco,proprio in fondo al villaggio,lungo il viottolo che ,alzandosi ripido tra curve e anse nella boscaglia,portava al vicariato.

Tanto era il gelo che pareva che artigli acuminati le si conficcassero nella carne attraversando il panno di lana dei suoi vestiti e facendosi largo tra i cento rattoppi del mantello marrone.

Le ciglia e sopracciglia erano indurite dal ghiaccio e mani e piedi,appena avvolti in strati numerosi di cenci dolevano e lanciavano fitte dolorose.

Ma non si poteva nemmeno pensare di tornare indietro e chiudere la porta di casa per raccogliersi in un po' di tepore.

Lisida,la moglie di Fulco aveva avuto le doglie assai prima del tempo debito,ma,nonostante questo lasciasse presagire un parto veloce e un bimbo morto,la donna continuava ad avere il travaglio senza aver partorito.

L'uomo,che vendeva carne di capra e di maiale in tutto il vicinato,compreso Lari,era corso la sera prima da Gostanza,preoccupato,non tanto per il neonato che già dava per morto,quanto per la vita di Lisida.

Con altri quattro bambini e i campi e la casa e il macello da portare avanti ,grande sarebbe stata la sua difficoltà se fosse morta sua moglie.

Non si poteva dire di no,anche perché il macellaio era persona importante e,soprattutto perché la levatrice,più del canonico o dell'arciprete ,doveva essere pronta a partire qualunque fosse il tempo.

Mica i bambini potevano nascere solo in primavera o estate!

Una raffica più forte di vento la rese quasi cieca e Gostanza avvertì la paura correrle come una serpe lungo la schiena:il sentiero non si vedeva quasi più e aveva perso l'orientamento.

Non sarebbe stata certo la prima a morire,durante un gelido inverno,smarrita e congelata.

Si costrinse a stare ferma per attendere le le refole del vento cessassero.

Quando la tormenta si spense lentamente,ricominciò a muoversi lungo quel che rimaneva del sentiero.

Non sentiva più né piedi,né mani,ma non ci si poteva più fermare,e ,soprattutto ,occorreva rimanere calme.

Si spinse attraversando un cumulo di neve e ,finalmente,semisepolta,vide la casa.

La porta era ben chiusa,per evitare che il freddo vento si insinuasse dentro,ma Gostanza non bussò neppure:le buone maniere potevano riservarsi a condizioni meno pericolose.

Entrata si fermò cercando di orientarsi in quella semioscurità:anche l'unica piccola finestra era stata sbarrata con assi di legno,e la sola luce proveniva da un camino acceso.

Accanto al camino,seduti sulle pietre di travertino annerite che facevano da base sedevano tre bimbetti assonnati e stretti l'uno all'altro che parevano un mostro con tre teste.

"Il bambino è sceso?"domando'.

"no e la madre urla dalla notte di ieri"rispose il più grande,senza staccarsi dai fratelli.

Tutti e tre erano stati fatti nascere da lei,uno dopo l'altro,con la distanza dell'allattamento e delle feste comandate,tutti concepiti dopo la Pentecoste che vietava i rapporti per una settimana intera.

Gostanza mormorò una preghiera di ringraziamento biascicando le parole:più volte era andata via senza compenso alcuno perché il bambino era nato,vivo o morto,prima del suo arrivo.

Si sedette accanto ai bimbi,ai piedi del focolare e si tolse i cenci mezzi dai piedi.

I suoi piedi la preoccupavano assai:se congelati davvero le dita annerite sarebbero cadute come rami secchi in pochi giorni e una levatrice che non si può muovere è destinata ad infausto destino: a viver di carità o a morire di fame e legnate.

Si pizzicò e si massaggiò le dita e vide che riprendevano un po' di color rosso e cominciavano a pizzicarle forte:almeno erano salve.

La stanza era ampia e dava l'idea di appartenere a gente agiata,e così era:Fulco aveva fatto dei bei soldi con i suoi commerci e ,a volte,pure con i suoi imbrogli.

Addirittura,cosa che solo il canonico aveva,era divisa in tre stanze:una dove dormivano,la stanza del focolare dove vivevano ed una separata dove alloggiavano le bestie di casa:qualche maiale,due capre da laTTE E LE GALLINE.

Un lusso e quindi Gostanza sperava in un bel compenso:magari un bel pezzo di carne affumicata con il quale andare avanti durante l'inverno.

Dalla parte opposta del camino ,sedevano tre donne che mormoravano litanie di preghiere ,accanto ,su una grossa e imponente sedia dai braccioli d'ulivo,il padrone di casa,accigliato e muto.

Gostanza riconobbe le tra donne:una era la madre di Fulco,più che la madre,sogghignò tra sé la levatrice,la padrona assoluta della mente di colui che si credeva il padrone,l'altra una sorella,una gallinella senza un briciolo di senno che non sapeva tirar tre parole giuste in fila ,ma che però,cuciva sentenze su tutto e tutti.

La terza era la zia zitella di Fulco che,forse perché nessuno l'aveva voluta in moglie,era più velenosa di una vipera a maggio.

Gostanza si affrettò oltre il paravento di panno che nascondeva la donna in tavaglio.

Appena la vide si accorse che la donna stava assai male e il parto non sarebbe stato né veloce né facile e che lei rischiava di non avere il suo pezzo di carne affumicata.

I segni sul corpo erano chiari e tempo da perdere non ce n'era.

Svelta aprì il suo mantello e tirò fuori la sacca dell'erbe.

Lisida aveva il viso gonfio e piedi e mani tumefatte,il respiro era affannoso e debole e pareva non riconoscere nessuno.

Per prima cosa tirò fuori lo sterco di colomba bianca che sempre aveva con sé:lo gettò nel fuoco e subito si levò un fumo acre che serviva a scacciare il demonio dalla stanza,nel mentre invocava con una preghiera il santo Cosimo ,protettore delle levatrici e della loro opera.

E che il santo Cosimo ,stavolta,l'aiutasse davvero!

Aveva con sé anche polvere di papavero rosso e con quello,sciolto in acqua di fonte tiepida,avrebbe alleviato il dolore della partoriente che forse,più rilassata,poteva da sola dare alla luce il baMBINO.

Nel mentre che si accingeva a mescolare l'infuso tuonò la voce della vecchia madre:

"che hai a darle?"

"infuso di papavero,per togliere via il dolore"

Gostanza volle spiegare:"Se sente meno il male potrà spingere meglio fuori il bimbo"

La voce divenne stridula e Fulco s'accigliò ancor di più del possibile,tant'è che le sopracciglia nere parevano unite.

"E' scritto:tu partorirai con dolore per il peccato che hai commesso.

Tu sei una strega e una diavolessa!"

"Una diavola di strega"fece coro la zia zittella.

Gostanza provava rabbia:non c'era nulla di sacrilego nella sua medicina,le sue erbe erano usate da centinaia e centinaia d'anni e lei era buona cristiana e le sue erbe benedette.

Non era che ogni volta che ne raccoglieva una chiedeva venia a Nostro Signore e recitava il Pater Nostro?.

Non era vero che la vecchia,l'anno passato,quando i dolori alle ossa si erano fatti insopportabili,era andata da lei ed aveva bevuto l'infuso ed era stata assai bene?

Ma non poteva replicare:quell'accusa di strega poteva ostare anche la vita e ,dispiacendosi per la partoriente,rimise il papavero nella sacca.

Decise di passare ad altro e più segreto rimedio:tirò fuori un lungo telo di lino e lo avvolse stretto al ventre gonfio:Lisida urlava dal dolore,ma dentro il telo,nascosto in una tasca aveva messo otto pezzetti di fegato di coniglio selvatico.

Prendendo altri tre pezzettini di quel fegato,assai minuscoli,li mise in bocca a Lisida:

"masticali piano"

Poi volta alle donne

"è carne che la sostenga un po' che avrà da faticare!"

In realtà era anch'esso un antidolorifico,più blando,anche contrastava la perdita copiosa di sangue che uccide tante puerpere.

Ora il viso di Lisida era grigio come la coda di un topo e gli occhi cerchiati di un nero più buio della pece.

Doveva sbrigarsi,il respiro era sempre più debole e lontano.

"Bisogna tirarla su,che il bambino scenda meglio.Sbrigatevi ed aiutatemi"

Il tono autorevole scosse le donne che si avvicinarono al letto e presero la donna due da una parte e ,la giovane,una robusta cavallona,dall'altra.

La sollevarono e poi,tra le sue urla da bestia sgozzata,cominciarono a scuoterla come un sacco da cui dovesse uscire grano.

"Rimettetela giù:ora è pronta"

Gostanza infilò nella vagina tumefatta e rigida la mano e,usando l'unghia del indice destro ,che appositamente teneva assai lunga,la cerò con un solo colpo il tessuto.

Liside si accasciò svenuta o incosciente ed il sangue caldo innondò il letto.

Gostanza aveva infilato tutta la mano e prese con perizia la testa del bambino ruotandola verso il basso.

"Prendetela e tirate le spalle dalla parte opposta a me"

Gostanza tirava lentamente il corpo del bimbo,stando ben attenta a non far molta pressione.

Era quello che faceva una grande levatrice:usare forza senza usar pressione.

Il bimbo si muoveva e scivolava ormai lungo il canale,Gostanza tirò verso l'esterno la testa,poi ruotandolo piano prima la spalla destra (quella di Dio )e poi la sinistra,e infine il bimbo fu fuori.

"Una femmina"

"Una femmina,tutta fatica per questo"Fulco sputò per terra.

"La madre vive,però,e la bimba è forte"ribattè Gostanza.

La vecchia andò alla madia e tirò fuori un sacchetto con farina dolce e una ventina di albicocche seccate:

"Per una femmina è anche troppo"

Richiuse lo sportello della madia e senza degnare d'altro Gostanza si rimise a pregare.


 


 


 


susanna franceschi riproduzione vietata

sabato 26 giugno 2010


Jane AUSTEN - Orgoglio e Pregiudizio

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Il contesto storico-culturale dell'autore

Jane Austen visse tra il 1775 e il 1817, in un periodo di grandi cambiamenti sociali e politici in Inghilterra, che solo in parte coinvolsero la scrittrice, si perché la sua vita fu molto breve sia perché visse principalmente in provincia. Nel 1702 salì al trono Anna Stuart, figlia minore di Giacomo II. Poiché Anna aveva perso tutti i suoi figli, nel 1701 il Parlamento, per evitare il ritorno dei cattolici Stuart, emanò un atto che affidava la successione ai protestanti Hannover. La Scozia esitava però ad approvare l'atto, come aveva fatto con la dichiarazione dei diritti, nel 1689. Per superare la crisi, gli inglesi decisero di unire i due regni e promulgarono l'Atto di Unione (1707) che creava il regno di Gran Bretagna.


Uno degli scopi dell'unificazione era il rafforzamento del paese, impegnato nella guerra di Successione spagnola (1701-1714). Il regno di Giorgio I, succeduto alla regina Anna, ebbe due importanti crisi che lo segnarono: 1) La rivolta giacobita del 1715 da parte dei seguaci di Giacomo Edoardo Stuart e 2) Il crollo finanziario della Compagnia dei Mari del Sud, nel 1720. La maggioranza dei
cittadini che non godeva del diritto di voto aveva la possibilità di rivolgere istanze, di far parte delle giurie nei processi e di ottenere garanzie contro l'arresto arbitrario. Pieni privilegi politici erano riconosciuti solo agli appartenenti alla Chiesa anglicana.

Fra il 1739 e il 1763, la Gran Bretagna fu quasi ininterrottamente impegnata nei conflitti.

La guerra di successione austriaca si concluse con il trattato di Aquisgrana (1748) che, per quanto riguardava la Gran Bretagna, ristabiliva lo status quo territoriale. La guerra dei Sette anni (1756-1763), oppose la Gran Bretagna, alleata della Prussia, alla coalizione di Francia, Austria e Russia. Con il trattato di Parigi (1763) la Gran Bretagna ottenne tutti i possedimenti francesi in Canada e a est del fiume Mississippi, nonché la maggior parte dei territori francesi in India. La Spagna, che era entrata in guerra a fianco della Francia nel 1762, dovette cedere la Florida. Il trattato di Parigi costituì un trionfo diplomatico che segnò l'apice dell'impero britannico nel XVIII secolo. La scoperta di un vaccino contro il vaiolo, da parte di Edward Jenner, nel 1796, contribuì a un progressivo incremento demografico in Gran Bretagna. La trasformazione dell'economia si accelerò negli ultimi decenni del Settecento, quando James Watt perfezionò il motore a vapore e nuove invenzioni permisero di meccanizzare la lavorazione del cotone. Nel XVIII secolo aumentò sensibilmente la popolazione europea, soprattutto in Inghilterra, e il commercio con le Americhe diventò sempre più redditizio, specie dopo che si diffuse il cosiddetto commercio triangolare, un tipo di commercio che permetteva al mercante di guadagnare cifre immense esportando merce di poco valore, trasportando schiavi neri in America e importando da lì mercanzie pregiate per rivenderle sul mercato europeo. L'aumento di popolazione in Europa fece crescere la domanda di merci. Per questo motivo crebbero anche i prezzi e si impose la necessità di produrre di più e più rapidamente. Questo spinse gli uomini ad elaborare nuove tecniche di produzione. Inoltre i ricchi mercanti che avevano guadagnato grandi somme con il commercio triangolare disponevano di capitali da investire nei settori produttivi. L'insieme di questi fattori dà origine in Inghilterra alla
Rivoluzione industriale. Questa ha inizio nel settore tessile con la creazione di filatrici e di telai più sofisticati di quelli antichi. Ma la vera conquista tecnica che accelerò il processo industriale fu la macchina a vapore, utilizzata prima per azionare le pompe che estraggono l'acqua dalle miniere e poi per far funzionare le fabbriche. Tuttavia il settore trainante dell'industria inglese era quello siderurgico, specialmente dopo che venne messo a punto un carbone da utilizzare negli altiforni, il coke. Il sistema di fabbrica cambiò radicalmente la vita degli uomini: gli operai, uomini e bambini, erano costretti a lavorare in ambienti malsani per più di 14 ore al giorno per un salario bassissimo. Di pari passo all'industria, in Inghilterra progredì anche l'agricoltura: le terre comuni vennero recintate, si formarono grandi proprietà gestite dai borghesi, vennero inventati nuovi attrezzi da lavoro, i campi vennero concimati più abbondantemente. Inoltre dall'America giunsero in Europa nuove colture, come quelle del mais e della patata. Fra il 1760 e il 1830 la produzione di tessuti in cotone si decuplicò, diventando la voce principale dell'esportazione britannica; grazie a ulteriori invenzioni crebbero notevolmente anche la produzione di acciaio e l'estrazione di carbone. Non più tardi del 1830 questa rivoluzione industriale riuscì a fare della Gran Bretagna l'"officina del mondo". La popolazione di Londra, stimata intorno ai 600.000 abitanti nel 1701, era cresciuta a 950.000 nel 1801 e a 2,5 milioni nel 1851, facendo della capitale britannica la più grande città del mondo. La popolazione complessiva della Gran Bretagna aveva raggiunto fra il 1751 e il 1801, i 10,7 milioni di unità, e raddoppiò fra il 1801 e il 1851. Inoltre, la Gran Bretagna era ormai il primo paese al mondo in cui la popolazione urbana superava quella rurale.

Eliminato, dopo il 1763, il pericolo francese, le colonie britanniche in Nord America, che da tempo godevano di un considerevole grado di autonomia, mal sopportavano la subordinazione politica al governo di Londra. La resistenza americana condusse alla convocazione del primo congresso continentale (1774) e al conflitto aperto (1775), nonostante gli inviti alla conciliazione rivolti al governo di Londra da parlamentari come Edmund Burke.

Il dominio britannico sulle 13 colonie crollò nel 1775, all'inizio della guerra d'Indipendenza americana. Dopo la sconfitta del generale John Burgoyne a Saratoga (1777), la guerra civile all'interno dell'impero britannico divenne un conflitto internazionale. La Francia (1778), la Spagna (1779) e l'Olanda (1780) si schierarono contro la Gran Bretagna, mentre le altre
potenze formarono una Lega di neutralità armata, causando il primo isolamento diplomatico della Gran Bretagna da oltre un secolo. Dopo la resa del generale Charles Cornwallis in seguito alla presa di Yorktown (1781), le dimissioni di Lord North (1782) e la firma del trattato di Parigi (1783), le 13 colonie furono riconosciute come stati indipendenti e ottennero tutto il territorio a sud dei Grandi Laghi. La Florida e Minorca furono cedute alla Spagna, mentre la Francia ottenne alcune isole delle Indie Occidentali e alcuni porti africani.

Con William Pitt il Giovane, divenuto nel 1783 il più giovane primo ministro della storia britannica e rimasto a lungo in carica (1783-1801 e 1804-1806), si delineò la figura di primo ministro nella sua accezione moderna. All'indomani della guerra di indipendenza americana, Pitt si adoperò per risanare il debito nazionale e consolidò il bilancio preventivo annuale. Pur essendo favorevole alle riforme politiche, all'abrogazione delle restrizioni imposte ai protestanti non anglicani e all'abolizione del commercio degli schiavi, non ottenne una maggioranza parlamentare per dar corso a tali misure. Alcuni riformatori, come Charles James Fox e Thomas Paine, si ispirarono alla rivoluzione scoppiata in Francia nel 1789; ma quando l'esercito rivoluzionario francese invase i Paesi Bassi austriaci (Belgio) e dichiarò guerra alla Gran Bretagna nel 1793, un decennio di riforme moderate lasciò spazio a 22 anni di conflitti.

Nell'ultimo decennio del Settecento salì al potere in Francia
Napoleone I. La prima coalizione contro i francesi, voluta da Pitt (con Prussia, Austria e Russia), si sciolse nel 1796, e nel 1797 la Gran Bretagna subì una sconfitta navale e tentativi di invasione francesi, che portarono all'atto di unione con l'Irlanda (1801) e alla formazione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. L'assemblea legislativa di Dublino venne abolita e i 100 rappresentanti irlandesi entrarono a far parte del Parlamento di Londra; a Dublino rimasero solo un vicerè irlandese e un'amministrazione di nomina inglese. La vittoria navale riportata da Horatio Nelson a Trafalgar (1805) scongiurò l'invasione napoleonica della Gran Bretagna.

A Giorgio III, sofferente di una malattia mentale, succedette, nel 1820, il figlio Giorgio IV. L'impero britannico guadagnò alcuni ex possedimenti olandesi, come la Colonia del Capo e Ceylon (l'odierno Sri Lanka). Nel 1816 la depressione economica causò varie rivolte. Le politiche del governo divennero più moderate con la ripresa all'inizio degli anni Venti. Il ministro degli esteri George Canning espresse il favore inglese nei confronti dell'indipendenza delle colonie spagnole in Sud America e della ribellione greca contro il dominio turco, una causa sostenuta anche dal poeta romantico George Gordon Byron.

La borghesia, nonostante sia protagonista del progresso economico, non aveva ancora nessun potere a livello politico. Perciò elaborò un nuovo tipo di pensiero, l'
Illuminismo (che voleva liberare gli uomini dalla superstizione e dall'ignoranza con la luce della ragione e della scienza), per scardinare l'ordine politico vigente sostenuto dal clero e dalla nobiltà. Per diffondere le loro nuove idee, gli illuministi si servirono dei libri come mezzo. Il libro più rappresentativo del nuovo pensiero fu l'Enciclopedia, un'opera in 35 volumi scritta da un centinaio di intellettuali e diretti da Diderot e d'Alembert. Gli intellettuali più noti di questo movimento, che si sviluppò inizialmente in Francia, sono Montesquieu, Voltaire e Rousseau che influenzarono con le loro teorie cittadini qualunque e sovrani. Questi ultimi addirittura avviarono nei loro Stati riforme tese a stabilire l'uguaglianza dei sudditi di fronte alla legge, la libertà degli individui e la libertà di commercio. Prese vita così il dispotismo illuminato, che si diffonde anche negli Stati italiani, soprattutto a Milano, a Napoli e in Toscana, dove sono avviate alcune riforme: lo Stato divenne più moderno, i privilegi del clero e dei nobili vennero limitati, l'agricoltura viene modernizzata e le leggi rielaborate alla luce delle nuove teorie illuministiche. La rivoluzione industriale ha inizio in Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo per una serie di condizioni favorevoli: la partecipazione al governo della borghesia che permetteva ai suoi componenti di investire il capitale con maggiore profitto; un sottosuolo ricco di risorse minerali (ferro e carbone); numerose innovazioni tecniche che trasformarono tecnologicamente la produzione e migliorarono le comunicazioni; l'espulsione dei contadini dalle campagne grazie alle recinzioni dei campi e il conseguente loro trasferimento nelle città, dove diventavano operai delle nascenti industrie; un fiorente commercio internazionale.

Per quanto riguarda il contesto sociale, l'autrice visse in un periodo di profondo cambiamento della società inglese, che ormai cominciava a godere di una maggiore apertura di pensiero dovuta proprio all'
Illuminismo che in qualche modo riusciva ad andare oltre le antiche convenzioni sociali, che comunque avevano un ruolo ancora dominante nella società inglese. La borghesia cominciava a insidiare il primato della nobiltà, sulla scia della Rivoluzione Industriale e della diffusione delle idee Illuministiche. Jane Austen, comunque, rimase ai margini di questo grande cambiamento e questi eventi storici la influenzarono minimamente. Il nascente Romanticismo non coinvolse Jane Austen, che visse solo 15 anni nel secolo XXVIII, quando ancora questo movimento culturale non aveva raggiunto la massima estensione e l'Illuminismo era ancora forte.

La vita dell'autore

Jane Austen (Steventon, Hampshire 1775 - Winchester 1817), scrittrice britannica, che ebbe grande influenza sullo sviluppo del romanzo inglese. Suo padre era un ecclesiastico e si preoccupò che ricevesse la tipica educazione che all'epoca si impartiva alle giovani di buona famiglia. All'interno della sua famiglia, la sorella Cassandra era la persona a cui era più legata, e alla quale scrisse molte lettere, che poi per pudore furono bruciate dalla stessa, che ci ha privato di una tassello fondamentale per definire al personalità di questa scrittrice. La sua altra sorella e i suoi sei fratelli non ebbero con lei un tale rapporto affettivo. La vita in famiglia era fatta di tanti piccoli eventi, quieta ma non spenta: letture e conversazioni intorno al caminetto, incontri con vicini della stessa classe sociale, balli, persino piccole recite domestiche. Jane si ritrovò a vivere, non solo nell'infanzia ma anche nella prima parte della giovinezza, nel microcosmo in cui era nata. Condusse una tranquilla vita di provincia, viaggiando poco, coltivando rare relazioni sentimentali (nessuna delle quali sfociò nel matrimonio. Amante della lettura, lesse con passione i romanzi di Henry Fielding, Laurence Sterne, Samuel Richardson e le poesie di George Crabbe e William Cowper.

Sul finire del '700 la borghesia aveva potuto profittare della maggiore apertura di pensiero, forse dovuta dal Secolo dei Lumi. Ciononostante rimanevano le chiusure e convenzioni sociali, anche se era permesso a una ragazza di superiore intelligenza di formarsi compiutamente. Per questo motivo Jane riuscì a poco più di vent'anni a scrivere romanzi che avrebbero conservato lo stesso fascino nel tempo. Nel 1805 Jane Austen si trasferì a Bath e dopo la morte del padre a Southampton, ospite del fratello Francis, che aveva moglie e figli. Cominciò a scrivere giovanissima, e negli anni seguenti tornò spesso sui suoi romanzi, rielaborandoli prima di pubblicarli. Orgoglio e pregiudizio, ad esempio, uscito nel 1813, è il rifacimento delle giovanili First Impressions, mentre Ragione e sentimento (1811) è la riscrittura di Elinor and Marianne, composto tra il 1797 e il 1798. Il 1811 si trasferì con la famiglia a Chawton, segnò l'inizio di un periodo d'intensa attività letteraria. Avvolta dalla tranquillità dei sereni affetti familiari, scrisse Mansfield Park (1814), Emma (1816) e, ultimo romanzo compiuto, Persuasione, pubblicato postumo insieme all'Abbazia di Northanger, scritto in precedenza. Nel 1816 si manifestarono i primi sintomi della malattia che l'avrebbe portata alla morte, e nel 1817 la scrittrice si trasferì a Winchester. Benché ai margini dello stile romantico, molto apprezzato dai suoi contemporanei, le opere di Jane Austen, caratterizzate da acutezza di osservazione e sensibilità per i piccoli particolari della vita quotidiana, riscossero subito un notevole successo sia di pubblico sia di critica. Tra i suoi estimatori vi furono
Walter Scott, che nel 1815 le riservò un apprezzamento entusiasta sulla "Quarterly Review", e Samuel Taylor Coleridge. Indifferente ai grandi avvenimenti storici dell'epoca e ai fermenti sociali di quegli anni, Jane Austen parodiò con tratti caricaturali di squisita levità i vizi e le mode del tempo. Così, nell'Abbazia di Northanger derise, nella figura della protagonista, accanita lettrice di romanzi gotici, l'amore per la narrativa del sovrannaturale e delle passioni esasperate che sarebbe culminata nelle opere di Ann Radcliffe e nel Frankenstein di Mary Shelley. Morì a Winchster, dove si era recata per cure, ad appena 42 anni. La personalità di questa signorina della media borghesia resta ancora oggi un qualcosa di non ben decifrato, anche perché Cassandra ha distrutto le lettere della sorella. Infatti l'oggettività dei romanzi della Austen ci mostrano una donna che si concentra su ciò che la circonda e ne sa estrarre delle opere limitate nell'estensione ma non nella profondità. Lei stessa è parte della commedia umana che descrive, e pur avendo accettato l'anonima vita di provincia, nasconde dentro di sé uno spirito indomabile volto alla ricerca delle verità del cuore, delle contraddizioni del costume e della moralità borghese. Dopo quasi due secoli la vita della Austen si perde nell'anonimato mentre le sue opere vanno avanti con straordinaria evidenza.

Trama

Esposizione

Il romanzo narra la storia di un giovane ricco e di buona famiglia, Charles Bingley, che affitta una tenuta Hertfordshire, provocando scompigli e disaccordi fra le fanciulle del paese, che vedono in lui un ottimo partito. Bingley organizza un ballo a Netherfield, durante il quale si innamora della primogenita della famiglia Bennet, Jane.

Esordio

Il suo amico Darcy disprezza sia Lizzy, la secondogenita, che tutta la famiglia, attirandosi le loro antipatie. La famiglia Bennet vive in condizioni molto modeste e Mrs. Bennet, che viene descritta come volgare e priva di tatto, mette in cattiva luce le figlie tanto che Fitz-William Darcy, amico di Mr. Bingley, vedendolo destinato ad un matrimonio privo di prestigio, cerca di fargli cambiare idea. Egli è determinato far ciò, ma al secondo ballo del mese si innamora di Lizzy, la quale però lo considera una persona altezzosa e antipatica a causa del comportamento scortese nei suoi confronti durante il ballo. Mrs. Bennet manda sua figlia Jane a far visita a Mr. Bingley con il cattivo tempo, cosicché rimanesse bloccata là e ciò per favorire la conoscenza fra i due giovani. Vi riesce appieno poiché Jane si ammala e rimane ospite dai Bingley per giorni, assistita dalla sorella Lizzy. In questo periodo Lizzy e Mr. Darcy si conoscono meglio, anche se nessuno sembra interessato all'altro, altresì le sorelle di Bingley si fanno un'opinione sempre più negativa circa Elizabeth.

Sviluppo

Giorni dopo, rientrate le figlie maggiori, a casa Bennet arriva la notizia della visita di Mr. Collins, ecclesiastico che si trova sotto la protezione di Lady de Bourgh e che avrebbe ereditato la tenuta di Longbourn alla morte di Mr. Bennet. Egli vuole cercare moglie e sceglie di trovarla tra le figlie Bennet, di cui era risaputa la bellezza, ma trova il rifiutato dalla prescelta, Lizzy. Si sposò quindi con Charlotte Lucas, interessata più ai suoi soldi che alla persona. Verso aprile-maggio Lizzy si reca a far visita a Charlotte, che risiedeva a Rosings, a ridosso della tenuta di Lady de Bourgh. Qui arriva Mr. Darcy, imparentato con la proprietaria, che finalmente dichiara il suo amore per Elizabeth. Tuttavia, poiché non riesce a far trapelare dalle proprie parole il sacrificio d'orgoglio che gli costa il maritarsi con una ragazza di ceto inferiore, Elizabeth lo respinge. Tempo dopo i due si incontrano nel Nord dell'Inghilterra, dove Elizabeth si trova con gli zii, e Fitz-William riesce a spiegarle, stavolta con toni convincenti, perché la vuole sposare, non ottenendo però risposta. Quei giorni nel Derbyshire Lizzy si trovava d'incanto, ospite nella tenuta di Pemberley, e si stava innamorando pian piano di Darcy. Quando tutto sembra mettersi per il meglio (anche Charles e Jane si stanno riavvicinando), Lydia, un'altra delle figlie Bennet, fugge di casa con George Wickam, un ufficiale giovane e simpatico, ma dai sentimenti non troppo nobili. Fitz-William, per evitare lo scandalo, riesce a raggiungere i due fuggiaschi e obbliga l'ufficiale a sposare Lydia.

Risoluzione

Nello stesso tempo si fidanzano Charles e Jane, perché Mr. Darcy non ostacola più questa unione, mentre gli ultimi a vedere il loro amore finalmente realizzato saranno proprio Mr. Darcy e Elizabeth, ostacolati fino in fondo dall'orgogliosa zia di lui, Lady Catherine de Bourgh, che avrebbe desiderato veder sposati sua figlia e suo nipote, che fra l'altro erano anche cugini. Il romanzo si conclude con alcune lettere che spiegano al lettore come si presenta la vita dei protagonisti a vicende finalmente concluse.

Il narratore è esterno onnisciente.

Contesto storico del libro

Il contesto storico del romanzo "Orgoglio e pregiudizio" di Jane Austen coincide con quello dell'autrice, che, infatti, prende spunto dalla sua vita anonima di provincia per scrivere un'opera con al quale abilmente descrive e mette in ridicolo sia i componenti della media borghesia si a quelli dell'alta borghesia, riuscendo a creare situazioni comiche. In quel periodo era presente un forte contrasto fra la media e l'alta borghesia. La nobiltà perde cominciava a perdere i suoi privilegi e il proprio poteri, travolta dalla borghesia che grazie alla rivoluzione industriale conquista il potere politico ed economico. Molte donne erano costrette ad una anonima vita in città o in provincia, rallegrata solo in parte dai balli e dai ricevimenti, dove le ragazze in età da marito cercavano di accaparrarsi un buon partito. Poche di loro erano in realtà felici sotto il tetto coniugale e i matrimoni di interesse erano la regola. Jane Austen mette in evidenza questo interesse per il denaro aggiungendo alla descrizione e fisico/morale di molti personaggi anche il reddito annuo, le loro proprietà, definendoli ricchi o poveri. Il movente economico era alla base delle relazioni sentimentali, che venivano anche regolate dalla provenienza sociale, visto che molti matrimoni non si realizzavano perché la sposa aveva dei parenti di basso ceto rispetto allo sposo, o viceversa. Gli eventi storici di quel periodo non influenzano minimamente le vicende del romanzo, chiuso com'è nel microcosmo della borghesia e della nobiltà di provincia, intervallato dalle vicende del romanzo che si svolgono a Londra.

I personaggi

Mr. Charles Bingley

È un giovane uomo le cui ricchezze, che consistono in quattro o cinquemila sterline di rendita, lo rendono un buon partito per qualsiasi ragazza. Charles Bingley è giovane, straordinariamente bello, molto simpatico, alto e distinto, e con modi semplici e disinvolti. Ha una famiglia numerosa e le sue cinque sorelle in realtà sono più interessate ai suoi soldi che non alla sua persona e comunque cercano di manipolarlo a loro piacimento. Mr. Bingley, infatti, è un uomo di tale modestia che non considera la propria opinione più importante di quella altrui e coloro in cui egli ripone molta fiducia possono facilmente strumentalizzarlo. Nel corso del romanzo si è fatto convincere dell'amico Darcy, che non voleva che contraesse un matrimonio con una donna di bassa estrazione sociale, a non sposare Jane; solo dallo stesso verrà convinto anche del contrario, quando le vicende sono ormai giunte alla conclusione. Ama stare in compagnia e la sera del ballo aveva voluto far la conoscenza di tutti gli ospiti, con i quali si era anche intrattenuto a parlare. Allegro e schietto, ai balli cerca di non perdere neanche un giro di danza. Mr. Bingley non si dimostra mai sazio di questi divertimento mondano, proprio perché è uno dei pochi borghesi che mette al primo posto nella sua vita i rapporti di amicizia con le altre persone. In sé racchiude tante di quelle qualità tale da essere un ottimo partito per qualsiasi ragazza, perché è giovane, intelligente, di buon carattere, allegro, di modi avvincenti, semplici e pieni di educazione, simpatico, bello, la cui indole è aperta, semplice e duttile. Sembra assurdo che un uomo così possa esser diventato amico con Mr. Darcy, che invece appare agli occhi i tutti come un tipo asociale, altezzoso e orgoglioso, anche se il suo carattere è ben diverso. La sua rendita di quattro o cinquemila sterline, senza poi contare le cento mila sterline ereditate dal padre, gli permette una vita agiata e di essere anche ben accetto nell'alta società,. Ha posseduto una grande tenuta nell'Hertfordshire, a Netherfield, per poi trasferirsi in un'altra nel Derbyshire, vicino a quella dell'amico Darcy.

Mr. Fitz-William Darcy

È un giovane uomo, dalla figura alta e snella, il volto dai lineamenti bellissimi, il nobile aspetto. Gli uomini lo considerano come un tipo virile, mentre alcune donne lo ritengono più bello di Mr. Bingley durante il ballo che Charles aveva organizzato nella tenuta di Netherfield. Ma i suoi modi, almeno in apparenza, disgustano coloro con cui ha a che fare e gli attirano le antipatie di tutti, infatti, risulta orgoglioso, scontroso, antipatico, odioso e snob. Quelle belle dame, durante il ballo organizzato da Mr. Bingley, sono solamente delle ragazze di discreta bellezza che non possono essere degne della sua compagnia. Il confronto con il suo migliore amico, Mr. Bingley, si mostra sempre più evidente, anche perché stupisce il loro legame, infatti, all'inizio del romanzo appaiono come due tipi molto diversi fra loro. Mr. Darcy non ama assolutamente danzare ed è anche asociale, o forse riservato, perciò non vuole far conoscenza con altre persone che non siano di alta estrazione sociale. È infinitamente superiore all'amico Mr. Bingley per educazione ricevuta e ricchezza, ma ciononostante è altero, sostenuto e sprezzante. Però Mr. Darcy è un uomo e come tale ha un cuore, perciò il suo amore per Elizabeth lo spinge a rivelare la sua vera essenza alla sua amata, risultando alla fine del romanzo un uomo comprensivo, benevolo e sensibile e non altezzoso, orgoglioso e indifferente come appariva all'inizio delle vicende, al primo ballo. In principio, infatti, si era appena degnato di trovare Elizabeth graziosa; al ballo non l'aveva ammirata affatto e negli incontri seguenti l'aveva guardata unicamente per criticarla. In un primo tempo si era limitato ad affermare che il volto di lei non era niente di straordinario, poi ha ammesso che dietro a quegli due magnifici occhi neri profondi ci fosse una rara intelligenza. Insomma, Mr. Darcy è un personaggio che presenta agli altri due facce completamente diverse: quella del ricco altezzoso e pieno di sé e l'altra dell'uomo che sa farsi guidare dalla ragione e dai sentimenti, benevolo e umile. Questa dura contrapposizione è stata forse causata dalla delusione che ha avuto con Mr. Wickam, con cui era cresciuto e con cui aveva condiviso molti momenti felici dell'infanzia, che gli ha sottratto un po' dell'affetto del padre e alla fine ha tradito la sua stima per lui. Queste delusioni causano un indurimento del cuore della persona, che, sentendosi debole e vulnerabile, cela la sua vera personalità dietro una maschera, proprio per non avere più problemi del genere. Perciò Mr. Darcy ha trovato in Lizzy la sua anima gemella, capace di comprenderlo e di sostenerlo, perché è una persona che oltre ad avere degli occhi splendidi ha anche un'intelligenza vivissima. Perciò, pur di condurla all'altare, accetta un matrimonio sconveniente perché si sarebbe imparentato con dei medi borghesi, lui un ricco con parenti dei nobili. Per Mr. Darcy questo è un sacrificio di orgoglio che opera pur si coronare il suo sogno di amore con Lizzy e va anche incontro all'ira di Lady Catherine de Bourgh, che lo vorrebbe sposato con sua figlia. Mr. Darcy riesce quindi ad operare una scelta contro corrente per l'epoca e rappresenta quel tipo di persona, che influenzata dalle idee innovative dell'Illuminismo, riesce a farsi guidare dal sentimento e dalla ragione, rinunciando a seguire quelle opprimenti convenzioni sociali, che lo avrebbero costretto ad un matrimonio infelice. Mr. Darcy ha una sorella, e, a conferma della sua indole benevola, si prende cura di lei come se fosse suo padre, visto che quello naturale era morto. Fitz-William possiede una tenuta a Pemberley, con immensa villa e un parco dal perimetro di circa dieci miglia; inoltre il suo reddito annuo è di cieca diecimila sterline, uno sproposito per l'epoca, se i pensa che con qualche centinaio di sterline all'anno si poteva vivere senza problemi, la sua ricchezza è quindi immensa.

Miss Elizabeth Bennet

È una ragazza, ventitreenne, i cui lineamenti sono aggraziati ma non bellissimi, in confronto alla sorella Jane. La sua "Arma segreta" sono gli occhi, neri e brillanti, comunicativi, fuori del comune, tanto che Mr. Darcy dichiara che un pittore non riuscirebbe mai a dipingerli e a coglierne l'espressione. Elizabeth, o Lizzy per i conoscenti, conquista il miglior partito possibile, Mr. Darcy, senza comunque averne l'intenzione, in virtù della sua intelligenza e del suo carattere fermo ma non duro. Man mano che la storia procede il personaggio di Elizabeth diventa sempre più complesso dal punto di vista psicologico e più importante per il romanzo, che riesce a mantenere alta la tensione fino all'ultimo capitolo grazie alla storia d'amore tra Elizabeth e Mr. Darcy. Alla fine sarà proprio Elizabeth, una ragazza della borghesia di provincia, a divenire l'eroina della "Ragione", che era stata un valore fondamentale nel secolo in cui Austen si era formata, sotto l'influenza dell'Illuminismo. Elizabeth, a differenza delle sorelle, è l'unica in famiglia capace di capire le situazioni e a prendere in relazione ad esse decisioni appropriate, è sempre cosciente di ciò che fa e cerca di agire con la massima razionalità. Perciò è la preferita, fra le sue cinque figlie, di Mr. Bennet, da cui ha sicuramente ripreso la vivacità mentale, e per questo la definisce la più sveglia fra queste, anche se la madre è stupida e volgare. La sua simpatia, la franchezza e la decisione di Lizzy conquistano Mr. Darcy, uomo altezzoso che era sicuro, una volta dichiarato il suo amore a Lizzy, di non essere rifiutato. Elizabeth non è una ragazza ipocrita, e inizialmente non prova simpatia per Darcy né è interessata al suo denaro, perciò ci impiegherà del tempo per innamorarsi di Mr. Darcy. Inizialmente lo detestava, ma poi con l'avanzare delle vicende ne comprende il positivo carattere e lo apprezza, per poi desiderarlo al punto di opporsi al volere di Lady Catherine de Bourgh, la quale osteggia questo matrimonio perché vorrebbe vederlo sposato con sua figlia. Da questo ritratto Elizabeth appare come una ragazza perfetta, anche se ha i suoi difetti, primo fra tutti quello del farsi condizionare dagli altri in alcune decisione e di giudicare la simpatia e l'antipatia delle persone in base a pregiudizi, come è accaduto per Mr. Darcy. Elizabeth rappresenta una donna la cui vivacità intellettuale non vuole sottomettersi alle convenzioni sociali e vuol portare avanti le proprie idee e convinzioni; forse il suo carattere si avvicina molto a quello dell'autrice, anche perché il contesto storico sociale in cui vivono è il medesimo, in linea di massima. Da sposata il suo patrimonio coniugale le permetterà di vivere una vita nel lusso e anche di essere benaccetta nell'alta società, anche se non rinuncia ad incontrasi spesso con sua sorella Jane, alla quale vuole un mondo di bene.

Miss Jane Bennet

È la più bella fra le sue cinque sorelle, oltre che per l'aspetto esteriore si fa ammirare anche per il carattere tanto che Lizzy, sua sorella, che sa indagare attentamente la realtà, ammira la sua personalità, anche se la definisce troppo incline ad apprezzare la gente definendo tutti buoni e simpatici. Comunque cerca di non essere facile alla critica, ma dice sempre quel che pensa, o almeno cerca di farlo. Jane è piena di buon senso e di allegria, sentimento e per questo Lizzy vorrebbe avere un carattere tale e quale a quello della sorella. La sera del ballo era stata ammirata da tutti, persino da Mr. Bingley che le aveva chiesto per due volte consecutive di ballare con lui. Mr. Darcy, amico di Mr. Bingley, riesce appena a riconoscere che è bella, ma le trova anche un difetto, cioè che sorrideva troppo. Nonostante questo giudizio di Mr. Darcy, Jane resta una persona che non è soggetta a grosse critiche grazie alla sua profondità di sentimento, alla sua sensibilità e al calore umano che sprigiona. Quindi rappresenta il punto di incontro tra bellezza e qualità morali, rappresentandole entrambe. Il suo carattere discreto e pacifico si adatta a quello di Mr. Bingley e rende la loro storia d'amore quasi naturale, come naturale è l'opposizione della mediocre Miss. Bingley, che avrebbe voluto che il fratello si sposasse con Miss. Darcy , per poi rendere più facile con la sua unione con Mr. Darcy. Jane da sposata gode di una rendita altissima e per questo sua madre aveva premuto tanto affinché si realizzasse il suo matrimonio con Mr. Bingley.

Mrs. Bennet

È una donna la cui bellezza è ormai sfiorita, vista l'età, ma che da giovane doveva essere molto bella, visto che Mr. Bennet si era innamorato di lei solo per l'aspetto fisico. Al contrario del marito, ha un'intelligenza modesta, una scarsa cultura e un carattere debole e incerto; la sua natura è assai meno complessa di quella del suo consorte. Quando è scontenta si convince di essere nervosa. Scopo della sua vita è trovare marito alle figlie; i suoi svaghi le visite e le chiacchiere. Nel romanzo la sua figura appare ridicola e a volte meschina, infatti, quando la figlia Lydia scappa con Wickam con l'intenzione di sposarsi, le sue uniche preoccupazioni sono l'abito e il ricevimento nuziali per la ragazza, al contrario non la scalfiscono minimamente altre preoccupazioni che in tali situazioni sarebbero naturali per una madre in ansia per la sorte della propria figlia. Mrs. Bennet è molto petulante e con il suo scarso tatto e la sua mediocre classe mette in ridicolo la famiglia, precludendo alle figlie ogni speranza di un matrimonio conveniente, visto che solo i veri innamorati avrebbero sposato una Bennet per poi ritrovarsi imparentati con una donna così, vedi Mr. Darcy e Mr. Bingley. Entra sempre in discussione con il marito e prende continuamente la difesa delle figlie, soprattutto di quelle più stupide come Lydia. Mrs. Bennet è addirittura contenta quando Jane prende la febbre e deve rimanere a Netherfield, a casa di Bingley perché così si sarebbero potuti conoscere meglio, senza pensare che la febbre potesse essere mortale. Il suo più grande sogno è quello che una delle sue figlie, o possibilmente tutte, si sposi con un uomo benestante. Non è però cosciente che il suo comportamento mettesse in ridicolo tutta la famiglia, ostacolando così la realizzazione del suo sogno. È facilmente irritabile e cambia facilmente opinione sulle persone, ad esempio inizialmente odia Darcy poi lo considera uno dei migliori uomini sulla terra solo perché sarebbe stato il marito di sua figlia. La sua mania di combinare matrimoni la spinge a costringere Elizabeth a sposare Mr. Collins, che le aveva chiesto la mano senza ottenere una risposta positiva; se non fosse stato per l'intervento di Mr. Bennet, Lizzy si sarebbe maritata senza volerlo. Mrs. Bennet era figlia di un avvocato e la sua eredità consisteva in 5000 sterline che sarebbero poi andate alle figlie alla sua morte, la sua città d'orgine era Meryton, dove vive sua sorella.

Lydia

È la più giovane delle sorelle Bennet, ha appena sedici anni ma già partecipa alla vita in società perché i Bennet non vogliono applicare la consuetudine di farvi partecipare le figlie minori solo dopo che le maggiori si siano sposate. Lydia è forte e ben sviluppata, con una bella carnagione e un carattere spigliato; è la preferita si sua madre. Appare molto egoista ed è convinta che al ballo Mr. Bingley ballerà con lei perché è molto alta, forse perché convinta della veridicità del proverbio "Altezza metà bellezza". Ogni giorno va a casa dello zio, a Meryton, con la sorella Kitty, per vedere gli ufficiali e sperando di che uno di loro si innamori di lei , dimostrandosi "Degna" figlia di sua madre, entrambe stupide e frivole. È molto vivace e disinvolta; tale disinvoltura è aumentata fino a diventare sfacciataggine da quando è diventata oggetto delle attenzioni degli ufficiali, attirati dagli ottimi pranzi di suo zio e dal suo fare tutt'altro che riservato. La sua sciagurata fuga con Wickam, oltre che a far prendere un patema d'animo alla sua famiglia, le porta anche una fama disonorevole, che rischia di compromettere i matrimoni di Jane ed Elizabeth, perché i loro mariti si sarebbero imparentati con lei. Per questo Mr. Darcy cerca di seppellire e risolvere lo scandalo per poter sposare Elizabeth senza ulteriori problemi legati alla conseguente parentela. Lydia con Wickam vive un'esistenza sregolata, piena di debiti e nonostante i soldi garantitele dal padre ogni mese non riesce a usarli con parsimonia; non ha una residenza fissa da sposata, ma cambia città sempre perché ha accumulato debiti con il marito.

Mary

È una delle figlie di Mr. Bennet, senz'altro la ragazza più acculturata della famiglia. Legge molti libri e quando parla esprime spesso concetti molto profondi. Ma Mary è anche l'unica ragazza bruttina della famiglia e per essere osservata ha la mania di dare sfoggio della sua bravura nel ballare e nel cantare, anche se non ottiene grandi risultati. Non ha né gusto né talento e tutta la sua applicazione era servita a darle un tono pedante e presuntuoso. Alla fine sarà l'unica figlia a rimanere con la famiglia dopo i vari matrimoni.

Kitty

È una delle figlie minori di Mr. Bennet, la sua salute è cagionevole e ha sempre il raffreddore. Il suo starnutire insistente fa arrabbiare la madre, che non ha il tatto e il buon senso per capire certe situazioni. Anche lei va spesso a casa dello zio per conoscere i giovani ufficiali che vi andavano a mangiare, anche lei come Lydia è frivola e ricerca l'amore con gli ufficiali, e per questo dopo il matrimonio di Lydia il padre non vuole più farla uscire, le intima la minaccia di una "Reclusione" in casa per dieci anni, perché non vuole più ripetere l'errore che aveva commesso con Lydia.

Miss Bingley e Mrs. Hurst

Sono due delle sorelle di Mr. Bingley, sono belle ed eleganti, ma il loro aspetto esteriore tradisce la loro ipocrisia e la mediocrità del carattere e dei sentimenti. Mrs. Bennet le considera signorine squisite. Jane è della stessa opinione, anche se in realtà esse odiano la famiglia Bennet, e anche se si dimostrano loro amiche in realtà non vogliono né che Lizzy sposi Mr. Darcy né che Jane contragga matrimonio con Mr. Bingley. Jane si accorge di questa situazione solo verso la fine del romanzo e comunque è disposta a perdonarle, anche se la loro amicizia non sarebbe stata più come prima. Al contrario Lizzy si accorge di questa situazione fin da quando le aveva conosciute. Sono delle vere signore, non mancano di allegria e sanno rendersi amabili, ma sono anche orgogliose e piene di sé.Hanno ricevuto una educazione perfetta in uno dei primi collegi di Londra, ma non avevano tatto. Frequentano gente di alta estrazione sociale migliore società e si credono in diritto di pensare molto bene di loro stesse e molto meno bene degli altri. Appartengono ad una rispettabile famiglia dell'Inghilterra del Nord hanno una sostanza di ventimila sterline e hanno l'abitudine di spendere più del dovuto.

Mr. Hurst

È il cognato di Mr. Bingley, si distingue per il suo fare da gentiluomo. Mr. Hurst è un uomo indolente che pensa solo ai vizi della carne, ovvero mangiare, bere e giocare a carte; preferiva un cibo semplice a qualsiasi intingolo. Ha il vizio di criticare gli altri dall'alto della sua "Posizione", come del resto la sua consorte Mrs. Hurst.

Miss Georgiana Darcy

È la sorella di Mr. Darcy, che dopo la morte dei genitori trova nel fratello un secondo padre. Non è attraente e non assomiglia troppo a suo fratello. Da bambina era dolce e affettuosa., ora pur mantenendo tali caratteristiche è una bella ragazza di quindici o sedici anni, molto istruita. Dopo la morte di suo padre si è stabilita a Londra, dove vive con una signora che sorveglia la sua educazione, che la sta facendo diventare una signora di gran classe, che sa suonare uno strumento musicale ed è anche educata. Suo fratello, Mr. Darcy, è per lei come un secondo padre. Riesce subito a fare amicizia con Elizabeth, sua cognata. Come il fratello, gode di un alto reddito annuo ed è proprietaria in parte della tenute di famiglia.

Sir William Lucas

È un uomo che si è fatto una discreta fortuna nel commercio a Meryton e per un discorso rivolto al Sovrano, nel periodo in cui era sindaco, era stato elevato all'onore della nobiltà. Arrivato a questo punto, si era sentito in dover di provare disgusto per gli affari, nonché per la vita in una piccola città commerciale. Così, abbandonato gli uni e l'altra, si è trasferito con la famiglia in una casa a quasi un miglio da Meryton, che da allora aveva il nomignolo di Lucas Lodge, dove poteva compiacersi amabilmente della sua nuova e importante posizione, e non più costretto dagli affari, a dedicarsi soltanto al piacere si stare con al sua famiglia. E' di carattere inoffensivo per natura, cordiale e compiacente, la presentazione a Corte lo aveva fatto diventare un modello di gentilezza. Ma l'aver abbandonato gli affari lo riduce ad uno stato di moderata ricchezza, per questo il matrimonio di sua figlia Charlotte con un ricco uomo viene accolto come una grazia.

Lady Lucas

È una brava donna di intelligenza piuttosto limitata, ma non per questo meno preziosa vicina per Mrs. Bennet. Ha molti figli.

Charlotte Lucas

È la maggiore, di ventisette anni, dei figli dei Lucas. È una ragazza giudiziosa e intelligente. È intima amica di Elizabeth. Si sposa con Mr. Collins solo perché interessata alla sua posizione sociale e al suo denaro.

Lady Catherine de Bourgh

È una donna nobile, arrogante e piena di sé; i suoi modi sono altezzosi e prepotenti, ma nessuno che non abbia a che fare con lei ha il coraggio di rinfacciarglielo. Solo Elizabeth, che non le deve niente, ha il coraggio di rispondere e di tener testa a Sua Signoria, che si dimostra in questa situazione molto debole, colpita perché nessuno le aveva mai tenuto testa in quel modo. Ha la fama di essere donna energica e intelligente. La notorietà fra la gente del Derbyshire e dell'Hertfordshire è dovuta in parte al suo rango e alla sua ricchezza, in parte al suo fare autoritario. È sorella di Lady Anne Darcy, che è madre di Mr. e Miss Darcy. La sue ricchezze sono ingenti e il suo titolo nobiliare la pone ai vertici dell'aristocrazia del Derbyshire; possiede una maestosa residenza a Rosings-Park.

Miss de Bourgh

È l'unica figlia di Lady de Bourgh, perciò erede di Rosings-Park e di altre grandi proprietà. È assai graziosa e per Lady Catherine supera in bellezza tutte le altre ragazze poiché vi è nei suoi tratti qualcosa che denota la nobiltà dei suoi natali. Agli occhi di Lizzy, invece, appare come una giovane magra, pallida, non bella, debole. Miss de Bourgh è, infatti, di salute cagionevole, per cui non ha potuto proseguire gli studi e non ha potuto raggiungere quella perfezione a cui non avrebbe mancato di arrivare, secondo l'opinione "Obbiettiva" della signora che si occupa della sua educazione. La signorina è di un'estrema cortesia, così come i suoi tutori le avevano insegnato a comportarsi. La sua precaria salute non le consente di vivere in città e quindi non le permette di partecipare pienamente alla vita sociale.

Mr. Wickam

È un giovane ufficiale dal portamento elegante, dalla figura alta e snella e con un modo di fare simpatico e cordiale. Quando è in compagnia discorre con garbo e piacevolezza, parla con fare brillante, anche solo per trattare argomenti di poco interesse; tutto ciò di cui parla, anche se banale, diviene interessante. Ritiene di avere un carattere focoso ed impulsivo. Mr. Wickam non è molto obiettivo nel descrivere a Elizabeth la sua vicenda personale con Mr. Darcy, mettendolo in cattiva luce, quando in realtà era stato lui ad aver torto. Mr. Wickam ha avuto, infatti, una questione con Mr. Darcy circa un posto vacante della migliore fra le parrocchie che dipendevano dal defunto padre di Darcy. Elizabeth si invaghisce di lui, ma capisce solo in seguito, quando scoppia l'amore per Darcy, che tipo di persona è, arrogante, meschino, arrivista e arruffone. Egli ha cercato di convincere Miss Darcy a sposarlo solo per il suo patrimonio, vuole sposare Miss King solo per la sua dote, scappa con Lydia solo per ricavare vantaggio dal matrimonio. Conduce una vita sregolata e si indebita per il vizio del gioco d'azzardo. Sono sempre i soldi che lo spingono al contrasto con Darcy, con il quale aveva vissuto nell'infanzia e a cui era molto legato. Lavora come ufficiale nell'esercito inglese e riceve soldi ogni mese da Mr. Bennet, ciononostante riesce sempre a indebitarsi. Quanto al suo matrimonio con Lydia, si appiattisce e diventa anonimo dopo pochi mesi.

Mr. Collins

Mr. Collins è un uomo privo di intelligenza, nonostante sia stato educato e viva in società, sotto la protezione di Lady Catherine de Bourgh. Ha trascorso gran parte della sua gioventù sotto la guida di un padre avaro ed ignorante; ha frequentato l'università, ma ne aveva seguito i corsi senza trarne alcun profitto. Deve la sua eccessiva umiltà alla tirannia con la quale era stato educato da suo padre, ma ormai questa umiltà era controbilanciata da una grande presunzione, propria delle persone di debole carattere che si trovano d'un tratto favorite da un'improvvisa prosperità, infatti per un caso fortunato era stato raccomandato a Lady Catherine de Bourgh, mentre la curia di Hunsford era vacante; e la reverenza che egli provava per il rango della sua patronessa, unita ad una notevole fiducia in se stesso, nella propria autorità di ministro e nei suoi diritti di rettore, avevano fatto di lui uno strano impasto di orgoglio e di servilismo di boria e di umiltà. Alla morte di Mr. Bennet lui avrebbe ereditato la tenuta di Longbourn, in mancanza di un erede maschio figlio di Mr. Bennet, per questo vuole sposare una delle sue figlie, anche perché la loro bellezza è risaputa. Lizzy, la prescelta, lo rifiuta e per riconsolarsi decide di sposare Charlotte Lucas, più interessata al suo denaro che alla sua persona. Insomma Mr. Collins è un personaggio meschino, ipocrita, superbo e borioso; la sua figura ci fa provare un sentimento di pietà per questo pover'uomo, e ci viene quasi da ridere quando esalta le doti di Lady Catherine de Bourgh come se fosse una divinità.
Essendo un ecclesiastico si trova sotto la protezione di un nobile, che gli offre vitto e alloggio; inoltre quando Mr. Bennet morirà, egli prenderà possesso della tenuta di Longbourn e godrà di una rendita di circa duemila sterline annue.

Il personaggio nella situazione iniziale e in quella finale

Questo romanzo di Jane Austen presenta un sistema dei personaggi molto più complesso rispetto agli altri da me letti in precedenza, perché ci sono sia più personaggi fondamentali per il procedere della storia sia quelli che si evolvono con l'andare avanti delle vicende mentre altri rimangono sempre uguali. Questo è un contrasto stridente all'interno del romanzo, ma bisogna precisare che i personaggi che si evolvono subiscono tale cambiamento perché variano il loro atteggiamento rispetto alle situazioni, senza però operare profondi cambiamenti al loro carattere. L'esempio più lampante, in positivo, è Mr. Darcy. All'inizio del romanzo si presenta come una persona altezzosa, boriosa, orgogliosa e per certi versi sprezzante, e si attira così le antipatie di tutti, in particolare di Elizabeth, di cui però è profondamente innamorato. Nel corso delle vicende la sua indole comprensiva, generosa, ingegnosa e gradevole viene fuori, e il "Nuovo" Darcy conquista il cuore di Elizabeth, i cui pregiudizi su quest'uomo vengono smentiti dai fatti, da tutto ciò che egli fa per lei e per poterla sposare. In negativo è invece il cambiamento di Mr. Wickam, che inizialmente viene presentato come un giovane bello, simpatico, disinteressato e ridotto alla "Povertà" rispetto a ciò che gli spettava da Mr. Darcy. In realtà il vero imbroglione era stato proprio lui e Mr. Darcy lo aveva aiutato fin troppo. Alla fine del romanzo la figura di Mr. Wickam esce fuori piuttosto malconcia, perché viene messo a nudo il suo carattere, le sue deplorevoli intenzioni e soprattutto viene rivelata tutta la sua storia, magagne comprese. Per quanto riguarda i personaggi in stabile immobilismo mentale, gli esempi più lampanti sono Mrs. Bennet e le sorelle Bingley, sempre legate ai loro valori e ai loro pregiudizi. Jane e Mr. Bingley sono innamorati quasi allo stesso modo da quando si conoscono fino a quando si sposano. Lizzy, invece, pur essendo un personaggio positivo, migliora ancora e riesce a trarre insegnamento dalle vicende vissute e capisce che si può giudicare una persona solo dopo averla conosciuta a fondo e non basandosi sulle impressioni, così comprende la bontà di Mr. Darcy e la mediocrità di Mr. Wickam.
Per quanto riguarda la trama del libro, essa risulta lineare e i personaggi che sembravano inizialmente dover essere i protagonisti del romanzo (Mr. Bingley e Jane Bennet), vengono ridotti ad un ruolo secondario da un storia d'amore che nessuno si aspettava dalle battute iniziali, ovvero quella fra Mr. Darcy e Elizabeth Bennet, che terrà sospeso il fiato del lettore fino alla fine. Alcuni personaggi che intervengono nelle vicende solo per poco tempo risultano essere determinanti per al loro conclusione, come Mr. e Mrs. Gardiner, Lady Catherine de Bourgh.

Rappresentazione del tempo

La fabula e l'intreccio in questo romanzo non coincidono, infatti, ci sono alcune ellissi che vengono poi riprese attraverso dei flashback, sotto forma di lettere o di rivelazioni degli stessi personaggi. L'autrice ricorre anche alla tecnica della narrazione rallentata soffermandosi su descrizioni, stati d'animo e pensieri dei personaggi. Quindi il tempo della storia non coincide con quello della narrazione. Il tempo della storia è di circa nove mesi, e si articola secondo questo schema:
Mese: Avvenimenti
Novembre: I balli a Netherfield, l'amore fra Jane e Mr. Bingley.
Dicembre: Mr. Bingley parte per Londra e vi rimane tutto l'inverno.
Gennaio, Febbraio, Marzo: Inverno senza particolari eventi. Matrimonio tra Charlotte Lucas e Mr. Collins.
Aprile, Maggio: Vita di Elizabeth a Rosings, dove abitano i Collins, conosce Lady de Bourgh, Darcy fa una dichiarazione d'amore a Lizzy.
Giugno: Ritorno a casa.
Luglio: Elizabeth visita il nord dell'Inghilterra, conosce meglio Mr. Darcy, Lydia scappa con Wickam.
Agosto: I matrimoni di Lizzy, Lydia e Jane.

Rappresentazione dello spazio

Nel romanzo i riferimenti ai luoghi sono molto minuziosi, infatti il lettore è sempre informato sull'ambiente in cui si svolgono le vicende narrate. La parte principale della storia si svolge nell'Hertfordshire, una contea inglese, per poi essere determinata nel Derbyshire, dove andranno a vivere da sposate Jane e Lizzy. Non mancano poi i riferimenti ai vari paesi: Longbourn, dove vivono i Bennet, Netherfield, dove vivevano i Bingley nella prima parte del romanzo, Meryton, dove abitavano i coniugi Hill, Hunsford, dove risiedevano Lady de Bourgh, Mr. e Mrs. Collins, Pemberley dove c'era l'immensa tenuta di Mr. Darcy. Oltre a questi vengono citate città come Brighton o Newcastle. Inoltre non mancano i riferimenti alle strade di una città grande come Londra, Mr. Bingley viveva nella City in una casa a Gracechurch street. Le descrizioni dei luoghi sono abbastanza minuziose. La vicenda è sempre ambientata nella provincia inglese, con un funzionale stacco che è rappresentato dalle vicende ambientate a Londra.

Linguaggio

L'autrice utilizza un lessico che appartiene all'800, e neanche una traduzione contemporanea può attualizzarlo, pertanto rimangono alcune parole che oggi non sono di uso corrente nel linguaggio parlato. Come del resto è caduta in disuso la formalità di dare del lei ai genitori. Il tempo verbale più utilizzato è il presente indicativo, proprio perché prevalgono le parti dialogate mediante discorso diretto. Non mancano il presente infinito, utilizzato insieme ai verbi servili, modali e fraseologici. L'imperfetto indicativo è utilizzato nelle sequenze descrittive, mentre il passato remoto è utilizzato nelle parti di raccordo fra i discordi diretti.