giovedì 2 dicembre 2010


Le saghe islandesi dell'alto e basso medioevo



I primi documenti della letteratura islandese risalgono al 1200 circa, quando l’isola era già stata cristianizzata da due secoli.
Le saghe, composte non prima del XIII sec., trattano delle antiche civiltà nordiche.
Più in particolare si tratta di cronache relative alle vicende che caratterizzarono la migrazione degli esuli dalla Norvegia, gli insediamenti umani in Islanda, la costituzione (anno 930) del parlamento nazionale a Thingvellir fino alla conversione cristiana dell’anno 1000. Esse, dunque, nascono dalla coscienza popolare.
Il termine “saga” veniva utilizzato per ogni racconto o storia trasmessi oralmente o per iscritto (saga, quindi, è ciò che si racconta: basti pensare al tedesco sagen o all’inglese to say, che significano entrambi dire).
Le saghe cominciarono ad assumere un valore morale e sacro, in virtù del quale venne impedita quella che potremmo definire una “corruzione letteraria”. Essendo recitate oralmente, infatti, era naturale la tendenza ad ingigantire enfaticamente gli eventi che avevano costituito il fulcro ideale della nazione islandese.
Di certo le saghe non saranno una riproduzione fedele dei racconti originari, composti verso la fine del IX sec. e per tutto il X sec., anche perché dopo il 1000 ci sarà stata qualche influenza dovuta al cristianesimo.
Nonostante ciò, le saghe erano e restavano pagane. Esse sono sicuramente anonime, anche se in genere prevale l’idea di volerne attribuire la paternità ad una folta schiera di autori, ma non potevano che essere anonime, perché sorte come espressione dello stato d’animo collettivo dei profughi. Tra le principali saghe islandesi sono da citare La saga degli uomini di Eyr, che narra diverse avventure di vari personaggi senza seguire un filo conduttore, La saga della gente della valle del salmone (dove i protagonisti sono tutte donne), che racconta la storia delle famiglie che colonizzarono l’Islanda, La saga di Erik il Rosso che riporta il racconto dell’incursione degli islandesi nell’America del Nord, La saga di Grettir, che non è antichissima, per cui si riscontrano fonti e richiami a tradizioni precedenti.
Un influsso più o meno diretto è dovuto al Beowulf proveniente dall’Inghilterra settentrionale.
Il confronto è possibile in quanto entrambi i protagonisti delle due saghe sono personaggi storici, per i quali il trasferimento in un mondo fiabesco si è reso possibile proprio in virtù della loro forza fisica eccezionale, che ha permesso, a sua volta, che venissero loro attribuite anche imprese eccezionali.
La saga di Oddr l’arciere, tradotta dall’islandese antico per l’Iperborea da Fulvio Ferrari. Questa saga tratta della storia dei vichinghi; protagonista è, appunto, un giovane vichingo che vivrà numerose magiche avventure, ma che non potrà sottrarsi al destino di dover morire.
L’Iperborea ci regala anche la traduzione di altre saghe: Saga di Egill il monco con traduzione dall’islandese antico e introduzione sempre di Fulvio Ferrari. Questa saga segue un percorso fiabesco: i due protagonisti, Egill e Asmundr intraprendono dei viaggi attraverso paesi reali e immaginari fino ad arrivare alla mitica Terra dei Giganti, dove i nostri eroi dovranno superare diverse prove per poter liberare le principesse e fare ritorno a casa.
Saga di Hrafnkell con traduzione dall’islandese antico e introduzione di Maria Cristina Lombardi. Questa saga dà rilievo alle procedure legali e al sistema sociale di quel mondo primitivo, venendo a costituire una sorta di documento storico. Il racconto parte dal divieto del capo islandese del X secolo di montare il suo cavallo, perché consacrato al dio Freyr.
Saga di Ragnarr con traduzione dall’islandese antico e introduzione di Marcello Meli, che tratta del re danese Ragnarr e di una serie di miti e di leggende.
Tra le saghe storiografiche ricordiamo il Libro degli insediamenti del 1130 circa, dove si racconta la storia di ogni famiglia che fuggì alla sovranità tirannica di Araldo Bellachioma (sovrano norvegese), per insediarsi stabilmente in Islanda.
Da ricordare è anche il Libro degli Islandesi di Ari Thorgilsson, che contiene le linee essenziali dell’evoluzione civile e politica della società islandese.

Una figura di importanza rilevante nell’ambito delle saghe è sicuramente quella dell’islandese Snorri Sturluson (1178 - 1241).
Il suo libro Orbe terrestre è, appunto, una successione di saghe in cui narra le vicende delle varie dinastie norvegesi.
La Snorra Edda, cioè l’Edda di Snorri , invece, è raccolta in un manoscritto del XIII secolo, il Codex Regius. Narra della creazione e della distruzione del mondo e i protagonisti sono gli dei e gli eroi della mitologia germanica: Odino, Thor, Freya, Brunilde, Sigurd. L’Edda di Snorri comprende tre parti. Nella prima, detta L’inganno di Gylfi, l’autore immagina che il re Gylfi sia giunto, sotto le spoglie di pellegrino, alla dimora degli dei. Qui tre ignoti dotti lo istruiscono sui segreti della mitologia nordica. Nella seconda parte, detta Linguaggio poetico, passa a discutere dei mezzi espressivi che deve utilizzare un poeta. La terza parte è il Trattato metrico, che va praticamente a compensare la seconda parte ed è rivolta ai futuri poeti. Redatta tra il 1220 e il 1230, l’Edda è anche la nostra principale fonte di conoscenza riguardo alla poesia scaldica e alle rigide norme formali alle quali era sottoposta.
La lirica degli scaldi (poeti dotti, islandesi di origine) è ricca di simboli e di immagini poetiche: si fa soprattutto uso della kenning, ossia della metafora - indovinello. Il più famoso poeta scaldo è Egil Skallagrimsson (900 - 980 circa), autore di una personalissima lirica in morte del figlio primogenito. Di Egil ci dà notizia, peraltro, una delle saghe più famose, la Egilssaga, attribuita a Snorri.

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