giovedì 10 marzo 2011



LA STORIA DEL CIBO IN IRLANDA

L’Irlanda è un paese dove l’alimentazione ha dato sempre qualche problema; dai tempi dei Celti fino ai giorni odierni la reperibilità del cibo è sempre stata una chiave importante. Sarebbe sufficiente ricordare la “grande carestia” del XIX secolo che dimezzò la popolazione irlandese tra vittime per fame ed esuli per rendersi conto di quanto sia vera una tale affermazione.

Analizzando la cucina irlandese, sia essa antica che moderna, risulta spesso difficile dare una spiegazione chiara sui perché un’abitudine culinaria abbia assunto una tale conformazione. Basti pensare al fatto che l’Irlanda è un’isola ed il mare attorno è molto pescoso, ma l’industria della pesca non si è mai sviluppata in modo adeguato, cosa che invece avrebbe risolto parecchi problemi economici in tempi passati.

Nell’Irlanda moderna sono rimaste ben poche tradizione di derivazione celtica, ma se si vuole tracciare una linea storico-culturale irlandese non si può fare altro che partire dal 3000 a.c. quando cioè l’isola era dominata dai Celti. Dal punto di vista culinario, in particolare, la dieta nel periodo celtico era molto varia, ricca ed equilibrata, molto probabilmente basata su latte e carne con l’aggiunta di cereali ma solo nel tardo periodo celtico.

La storia degli antichi Celti risulta piuttosto oscura, ma attraverso alcuni testi antichi come ad esempio quelli di Tacito o il “De bello Gallico” di Cesare si può affermare che erano prevalentemente nomadi (per questo motivo almeno nel primo periodo celtico non coltivavano cereali) ed allevavano il bestiame; il bestiame stesso rappresentava la ricchezza e per questo motivo era oggetto di razzie. I guerrieri, al momento del pasto, si raccoglievano attorno al fuoco su cui era posto un enorme calderone dentro il quale veniva cucinata la carne ridotta in pezzi; i singoli pezzi venivano distribuiti in base alle dimensioni del pezzo di carne stesso a seconda del grado di importanza del guerriero.

In tarda epoca celtica si deve la scoperta della fermentazione dell’orzo e del grano per farne una bevanda da servire a tavola (l’antica birra) ed anche la distillazione per ottenere il whiskey; esisteva inoltre una “porzione per l’eroe” destinata ai guerrieri più valorosi. Secondo Tacito era questo un vizio che li rendeva molto vulnerabili dal punto di vista combattivo se solo fossero andati in battaglia sotto l’effetto di queste bevande. I commensali sedevano a tavola secondo una precisa collocazione. Ancora secondo Tacito gli ingredienti principali dei cibi erano selvaggina, latte cagliato e frutti selvatici, tutti preparati senza condimento.

Alla morte dei capi questi venivano sepolti insieme a carne, vino e birra in quanto credevano nella reincarnazione e gli alimenti dovevano servire per accompagnarli verso una nuova vita.

Nel forno insieme al cibo venivano spesso aggiunti dei sassi dipinti con volti grotteschi allo scopo di allontanare gli spiriti maligni, in un certo senso anche oggi viene fatta una croce sul pane prima di infornarlo.

James Bodley, un soldato inglese che prestò servizio in Irlanda tra il 1620 ed il 1630, scrive cosa gli è stato servito in un paese della Contea di Down dove si trovava insieme ai suoi commilitoni: soppressata con mostarda, vino moscato, oca farcita, pasticcio di carne di cervo e selvaggina, torta di zucca, prugne con latte cagliato, formaggio, frutta candita ed infine whiskey irlandese; quindi anche nel XVII secolo carne e latte erano ancora tra gli elementi principali del cibo irlandese.

In questo periodo venivano utilizzati anche altri ingredienti come il maiale, il manzo ed il crescione; il pane veniva consumato ma solo alcuni mesi l’anno, quando insomma c’era la disponibilità.

Tra il 1845 ed il 1851 l’Irlanda fu sconvolta dalla “Grande Carestia” che segnò profondamente la storia del paese e quella dei paesi dove gli irlandesi trovarono rifugio. Ovviamente questa tragedia cambiò completamente anche le abitudini alimentari degli irlandesi e la povertà in cui furono trascinati si prolungò per più di un secolo.

In quei 6 anni morirono di stenti circa un milione di persone, mentre un altro milione emigrò verso altri paesi; nel decennio successivo emigrò un altro milione di persone. All’inizio del ‘900 così come alla metà dello stesso secolo si contavano 4,4 milioni di abitanti (questo valore rappresenta il minimo storico) rispetto ai 8 – 9 milioni presenti prima della grande carestia.

Ma quale fu la causa di questo disastro ? Si può dire che la “Grande carestia” fu “preparata” diversi anni prima quando le terre irlandesi furono espropriate e date ai coloni inglesi che le coltivarono in modo adeguato, mentre gli irlandesi si trovarono costretti a basare le loro coltivazioni sulla patata alimentandosi di conseguenza quasi esclusivamente della stessa e per questo motivo in modo non bilanciato; non ci fu scampo per la popolazione quando la malattia che colpì la patata distrusse praticamente tutti i raccolti per diversi anni consecutivi. Le autorità inglesi inoltre avrebbero potuto salvare molte migliaia di persone in quegli anni se solo avessero ridistribuito i prodotti della terra agli abitanti affamati e non avessero invece esportato tutto verso la Gran Bretagna; inoltre molte persone si sarebbero potute salvare se il mare che circonda l’isola si fosse sfruttato pescando un po’ dell’enorme quantità di buonissimo pesce che popola quei mari.

In ultima analisi si può ricordare, giusto per ribadire il rapporto che gli irlandesi hanno avuto in passato con il cibo, lo sciopero della fame perpetuato da dieci prigionieri dell’IRA finita in tragedia nel 1981 (questa protesta derivava in effetti da un’antica tradizione celtica che voleva che i prigionieri di guerra digiunassero di fronte al nemico per costringerlo a scendere a patti).

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