domenica 16 ottobre 2011




Carlo Goldoni e i rapporti con l’Illuminismo Lombardo
di Domenico Letizia


Il riformatore comicista Carlo Goldoni ha attraversato dalla nascita alla morte l’intero secolo del settecento, quello famoso per la rivoluzione non violenta dei lumi. Goldoni ha rinnovato il teatro comico restituendogli dignità letteraria , salvandolo dalla deludente e primitiva commedia dell’arte a cui il teatro sembrava destinato e abilitandolo a svolgere una responsabile funzione di civilizzazione.
Le opere del Goldoni intrinseche di tematiche care agli Illuministi: dal contrasto generazionale, il sentimento di eguaglianza tra gli uomini, la polemica contro la nobiltà che disprezza i valori di sincera modernità, l’antipatia che Carlo Gozzi provava per il Goldoni, per il Gozzi il teatrante aveva attributo, e vi era riuscito, del ridicolo ai personaggi della nobiltà per cattivarsi l’animo della plebe, anche queste dichiarazioni fruttarono al Goldoni l’incondizionata ammirazione dei membri della Società dei Pugni quelli del famoso periodico lombardo e non “Il Caffè”, l’organo di battaglia e divulgazione dal carattere enciclopedico dei fratelli Verri, Pietro e Alessandro, lumi dell’illuminismo lombardo a cui partecipava e collaborava, il nonno di Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria passato alla storia per la pubblicazione nel 1764 del capolavoro, oggi ancora attualissimo per il diritto, la giustizia e anche l’etica filosofica: “Dei delitti e delle pene”.
Per il Caffè tutto ciò che rappresentava progresso, umanità e diffusione di queste era vera letteratura, la loro lotta era ispirata da originalità e da una seria e consapevole volontà di rinnovamento morale e culturale. Goldoni con la sua riforma, la commedia di carattere e attraverso i capolavori come “La Bottega del Caffe”, “I quattro rusteghi” o “La Locandiera” con la creatura capolavoro goldoniano Mirandolina, ha espresso concretamente le idee dei fondatori del Caffè.
Costoro provarono ammirazione e appoggiarono il Goldoni quando si svelarono le più aspre critiche da parte degli avversari sulla questione della lingua usata dal Goldoni, ritenuta banale, troppo legata ai dialetti, lontana dalle esattezze dei puristi della lingua italiana. Ma le ragioni e motivazioni che diede il Goldoni furono profonde, concrete e innovatrici: “Lo fo sapere agli esteri e i posteri ch’io non sono accademico della Crusca, ma sono un poeta comico che ha scritto per essere inteso in Toscana, in Lombardia, in Venezia principalmente ….. essendo la commedia un imitazione delle persone che parlano, più di quelle che scrivono, mi sono servito del linguaggio più comune rispetto all’universale italiano ”.
Anche da ciò la totale ammirazione concretamente legata a valori moderni per il poeta comico Carlo Goldoni da parte degli illuministi della Società dei Pugni e del periodico “Il Caffè” .

Rivista “InStoria”, Ottobre 2011

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