domenica 5 settembre 2010


 
 


 

".....Quando la contessa e le sue dame si sono sedute intorno al fuoco, mostra grandi qualità di cortesia. Con il suo atteggiamento amabile e gioioso affascina tutti i presenti.Ha un soprabito di vaio nuovo, aperto e senza maniche, che lascia scorgere le graziose
maniche bianche della sua camicia....."

Tratto da L'Escoufle di Jean Renart, romanzo d'avventura composto intorno al 1200

La maggior parte dei capi che compongono l'abbigliamento femminile non differivano, per natura e per taglio da quelli portati dagli uomini. Tuttavia, si osservava una gran varietà di stoffe e di colori e ricchezza di ornamenti e di accessori. Le donne non indossavano le brache ma talvolta si cingevano il petto con un velo di mussolina a mo' di reggiseno.

La tunica poteva essere di due tipi: quella normale era una semplice veste lunga fino a metà polpaccio, mentre quella composta, comparsa verso il 1180, comprendeva un corsetto aderente, una larga fascia che sottolineava la vita e una gonna lunga aperta su entrambi i fianchi. Tale indumento slanciava la figura e disegnava la forma dei fianchi, del ventre e del dorso. Lo scollo era sempre ampio e rotondo, le maniche lunghe e svasate a partire dal gomito. Le tuniche più belle erano di sciaminto, col corpetto goffrato, la gonna pieghettata sul fondo, adorne di ricami e di galloni.

L'eleganza imponeva che la donna completasse la tunica o la veste con un'amplissima cintura, di cuoio intrecciato, di seta o di lino, sapientemente allacciata. Si effettuava un primo giro all'altezza della vita, un nodo sui reni, poi un secondo giro all'altezza dei fianchi, un nuovo nodo all'altezza del bacino ed infine si lasciavano cadere le estremità in due bande uguali fino a terra.

Le calze erano simili a quelle degli uomini ma sempre sorrette da giarrettiere, perché non potevano essere agganciate alla cintura delle brache.

Le scarpe erano di vario tipo: alte o basse, chiuse o aperte, con o senza linguetta, di cuoio, di feltro, di tessuto, foderate di pelliccia. La moda prediligeva i piedini minuscoli, i tacchi abbastanza alti, il passo ondeggiante e accuratamente studiato. Il mantello (surcot) femminile era una pellegrina semicircolare che non veniva chiusa sulla spalla come quella degli uomini ma sul petto, con alamari e lacci alla cui confezione si dedicava sempre molta cura.

A partire dal XII secolo i mantelli vennnero chiusi con doppi bottoni che si infilavano in due occhielli, e potevano essere sferici, piatti, di cuoio o di tessuto, d'osso, di corno, d'avorio o di metallo. Il mantello si prestava ad una grande varietà di invenzioni quanto alla forma, alla lunghezza, alla decorazione, alla materia usata.

La pettinatura variava secondo l'età: le fanciulle e le donne più giovani li portavano con la scriminatura al centro e due trecce che scendevano sul petto, talvolta lunghe fino alle ginocchia, o ulteriormente allungate da pendenti appesi a ciascuna estremità. Dopo il 1200 la moda delle lunghissime trecce tende a scomparire per lasciare il posto a capelli più corti tenuti fermi da un cerchietto e lasciati fluttuare sulle spalle. Prima di uscire di casa o di entrare in chiesa ci si copriva la testa con un velo di mussolina di lino o di seta. Le donne adulte portavano una grossa crocchia avvolta in una specie di foulard annodato e sormontato da una banda che cingeva la testa orizzontalmente.

Le vedove e le suore portavano il soggolo, ampio copricapo di tessuto leggero che nascondeva completamente i capelli, le tempie, il collo e la parte superiore del busto. La cura dell'abbigliamento risulta anche dall'esistenza di una primitiva pratica di estetica corporale: quando alcune donne ritenevano di non avere bei seni tondi e solidi, rinforzavano la parte alta della camicia di seta, introducendovi apposite, e ben confezionate, palle di lana, ottenendo effetti piacevoli.

Il menestrello Marcabru ricorda, in un suo lied, questi effetti “en forme de pommes d'oranges” (pomi d'arancio gentile allussione, e anche profumata.

 


 

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