mercoledì 22 settembre 2010


San Lazzaro



Il nome Lazzaro ha all’origine l’ebraico Eleazaro e significa “colui che è assistito da Dio”. Il Lazzaro di cui parliamo è il personaggio della parabola raccontata da Gesù del ricco epulone e del povero mendicante lebbroso.

Questa parabola riportata solo nel Vangelo di San Luca (16, 19-31) è l’unica in cui un personaggio di fantasia abbia un nome: Lazzaro. Ma come è avvenuto per vari personaggi minori, che compaiono nei racconti evangelici e che in seguito nella tradizione cristiana hanno ricevuto un culto, un ricordo perenne, un titolo di santo, anche per Lazzaro, pur essendo un personaggio protagonista di un racconto di fantasia (da non confondere con Lazzaro di Betania resuscitato da Gesù), nel corso del tempo si è instaurata una devozione, come se fosse stato un personaggio realmente esistito.

È chiaro che la parabola di Gesù contiene in sé un insegnamento universale e molto sentito, specie in quei tempi. Essa è raccontata per mostrare, ai farisei e a tutti gli avari, dove portano le ricchezze usate per soddisfare il proprio egoismo.

“Vi era un uomo ricco che vestiva di porpora e di bisso e ogni giorno faceva splendidi banchetti. Un mendicante di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco e nessuno gliene dava; perfino i cani venivano a leccargli le piaghe. Ora avvenne che il povero Lazzaro morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo.
Morì anche il ricco epulone e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del suo dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura”.
Ma Abramo rispose: “Figlio ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato, mentre tu sei tormentato e per di più fra noi e voi è stato fissato per sempre un grande abisso, di modo che quelli che volessero di qui passare e venire a voi non possono, né da lì si può attraversare fino a noi”.
Allora egli soggiunse: “Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa del padre mio, perché ho cinque fratelli; li ammonisca perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino loro”, ma egli insisté: “No, padre Abramo, se però qualcuno dei morti andrà da loro, si ravvederanno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti”.

La celebre parabola, riportata solo da Luca del ricco epulone e del misero Lazzaro, è un’antitesi che da sociale diventa anche religiosa, esaltando la povertà come modello di protezione divina. In essa si considera la figura di Lazzaro, che nel suo umiliante e penoso stato di mendicante e ammalato ha pazienza, anche davanti allo sprezzante trattamento che riceve dal ricco gaudente, pensando al Paradiso (seno di Abramo) che Gesù ha promesso ai poveri di spirito.

Perciò il Signore, che vede l’animo, appena morto lo fa trasportare in trionfo dagli angeli nella beatitudine eterna. Ora questo rivela come egli sopportava il suo stato, con rassegnazione unita alla speranza del Paradiso, fiducioso in Dio, Padre di tutti, che premia i buoni, anche se poveri e mendicanti.

San Giovanni Crisostomo, parlando di Lazzaro esclama: “Chiunque voi siate, o ricchi o poveri, l’avete visto disprezzato nel vestibolo dell’epulone, miratelo ora radiante nel seno di Abramo; l’avete visto quando giaceva attorniato da cani che gli leccavano le piaghe, contemplatelo ora circondato da angeli; l’avete visto nella fame, contemplatelo nell’abbondanza di ogni bene, l’avete visto nella lotta, osservatelo vincitore incoronato, avete visto i suoi travagli, miratene il premio.”

La parabola ci dà lo spunto per tante altre riflessioni che non possiamo qui, per motivi di spazio, approfondire: la sepoltura splendida del ricco, similitudine del seno di Abramo con il Paradiso cristiano, l’esistenza del tormento infernale, l’impossibilità di passare dai morti ai vivi, dalle anime elette alle anime in tormento, private perciò della visione e della beatitudine di Dio, l’incitamento a seguire gli insegnamenti provenienti da persone incaricate da Dio, di trasmettere le Sue volontà e leggi, senza aspettare prove straordinarie per credere.

La figura di Lazzaro e la scena del banchetto ha sempre ispirato la fantasia degli artisti, che in tutti i secoli lo hanno raffigurato, contribuendo così a innalzarlo a un simbolo della povertà e della sofferenza, premiate da Dio, quando accettate con rassegnazione e speranza nella Sua Divina Misericordia.

Per questo Lazzaro venne considerato come un santo, anche se la sua figura era in realtà fantasiosa ma simbolica. Il moderno Martirologio Romano non ne fa più menzione.

Egli è stato considerato il patrono dei lebbrosi quando la lebbra era una malattia molto più diffusa di oggi in tante parti del mondo. Dal suo nome scaturì la denominazione del lazzaretto, sorta di ricovero e cura per i lebbrosi o malati infettivi da tenere in isolamento. Infatti il primo di questi lazzaretti sorse a Venezia nell’isola di San Lazzaro.

Il nome Lazzaro è oggi poco usato e comunque chi lo porta si riferisce certamente ad altro San. Lazzaro (Lazzaro di Betania, oppure il martire principe serbo Lazzaro). In Spagna poi Lazzaro ha finito per assumere un significato peggiorativo come ‘pezzente’, da cui derivò a Napoli il termine ‘lazzarone’ introdotto al tempo dell’occupazione spagnola e di Masaniello, sempre indicante uno straccione, popolano, mascalzone, pezzente.
S.B.F

1 commento:

  1. Il monito finale della parabola per mezzo di Abramo: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti”. Si è realizzata dopo con il ritorno dai morti di Lazzoro amico di Gesù, anzi non solo in gran parte non gli crederanno, ma per questo condanneranno Gesù a morte, che poi risusciterà... una profezia che si ripresenta nella storia. Un tipico processo ricorsivo, speculare, qui rafforzato dallo stesso nome di Lazzaro per i due protagonisti del vangelo, caratteristico del Vangelo, dell'intelligenza e del genio nella storia. Cfr. ebook (amazon) di Ravecca Massimo: Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo.

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