lunedì 13 giugno 2011




Il disegno illustra come spesso venivano rappresentate le comete e le stelle sulle monete celtiche (disegno di M. Milani)

Gli archeologi datano questa serie di monete tra il 100 e il 60 a. C. e di conseguenza la cometa potrebbe essere quella di Halley, osservata durante il passaggio dell'anno 87 a.C. Più recentemente, Galliou nella sua Histoire de la Bretagne e des Pays Celtiques (1983) riporta che i Coriosoliti iniziarono a battere moneta tra il 90 e l'80 a.C., periodo che risulta in ottimo accordo con l'attribuzione dell'immagine riportata sulle monete alla cometa di Halley. Una simulazione del moto orbitale mostra che durante il passaggio dell’ anno 87 a.C., la data del perielio fu il 6 agosto. Nelle 37 settimane precedenti la distanza della cometa dalla Terra toccò un minimo di 0,44 U.A., con il risultato che essa doveva essere presumibilmente molto luminosa e ben visibile nel cielo. Secondo gli annali cinesi, tradotti da Ho Peng Yoke, la cometa fu vista in Cina dal 10 agosto all'8 settembre dell'anno 87 a.C. Da fonti babilonesi, decifrate da Stephenson nel 1985, la Halley sarebbe stata osservata, giorno dopo giorno, nel mese lunare che andava dal 14 luglio all'11 agosto dell'anno 87 a.C. Le registrazioni cuneiformi babilonesi, incise su pietra, riportano anche la presenza di una coda ben visibile ed estesa circa 10 gradi, 20 volte il diametro della Luna Piena.

Ma cosa avrà spinto a ritenere così importante la presenza in cielo di questa cometa da indurre coloro che governavano i Coriosoliti a disporne la rappresentazione sulle monete? Per tentare una risposta bisogna ricordare che nella struttura sociale celtica, pur esistendo una classe sociale dominante, cioè quella della nobiltà guerriera la quale governava la tribù per mezzo del re, in realtà chi veramente aveva nelle mani il potere assoluto era la classe dei druidi alla cui autorità anche il re doveva sottomettersi. Tra le quattro importanti feste religiose dei Celti una era dedicata al dio Lug e veniva celebrata nei primi giorni di agosto. Questa divinità rappresentava il dio della luce ed era la più importante dell'olimpo celtico: a lui erano attribuite assoluta sapienza e assoluta competenza in tutte le arti e i mestieri. Il nome Lug significava "luminoso" ed il suo astro caratteristico era ovviamente il Sole. Usualmente i giorni della festa di Lug erano anche il periodo della grande assemblea di tutte le tribù galliche. E' interessante il fatto che il periodo di massima visibilità della Halley nell'87 a.C. sia corrisposto proprio con il cadere della festa di Lug. Paradossalmente la Halley fu ben visibile in cielo per qualche tempo prima e per qualche tempo dopo di essa, ma fu invisibile, essendo in congiunzione eliaca, proprio nei giorni della festa. Cercando di ricostruire l'andamento del fenomeno visibile si osserva che la Halley, di per sé già luminosa, andò approssimandosi al Sole man mano che la festa si avvicinava, sparì nei bagliori solari durante i giorni della festa e si allontanò dal Sole a festa conclusa e nei mesi successivi. Questo fenomeno, straordinario agli occhi di quelle popolazioni, fu probabilmente ritenuto di origine divina e deve aver sicuramente colpito la fantasia dei druidi, tanto da disporne la rappresentazione sulle monete.

Questa ipotesi potrebbe essere confortata anche dalla circostanza che è il cinghiale (attributo religioso) ad essere sostituito dal simbolo astronomico (la cometa), entrambi di pertinenza strettamente sacerdotale, mentre il simbolo del potere temporale, il cavallo, rimane sempre presente.

Il caso delle monete dei Coriosoliti non è il solo. Infatti abbiamo anche gli interessanti esempi rappresentati dalle monete delle Isole del Canale. Tra le monete che compongono il "ritrovamento di Jersey" esistono quindici esemplari differenti in cui, oltre ad una cometa, si cerca anche di rappresentare la costellazione in cui fu visibile.

A titolo di esempio, citiamo uno statere armoricano in argento datato fra il 100 a.C. e il 60 a.C. in cui su un verso appare, sotto l'immancabile figura del cavallo, l'immagine di una cometa situata in mezzo ad una coppia di stelle. La consultazione degli annali cinesi suggerisce che si tratti della rappresentazione della cometa passata il 69 a.C. tra le stelle alfa e gamma Virginis (Spica e Heze), nel luglio di quell'anno. L'astro, però, potrebbe anche non essere una cometa, ma una nova, visto che secondo le registrazioni cinesi essa rimase fissa durante tutto il periodo di visibilità e posizionata vicino a Spica.

Un altro caso interessante è rappresentato da una piccola moneta delle Isole del Canale e risalente allo stesso periodo. Su questa moneta è possibile osservare la presenza di ben tre comete e di un certo numero di simboli di carattere stellare. Facendo nuovamente ricorso agli annali cinesi, si rileva che nell'anno 69 a.C. non era passata solo una cometa, quella già menzionata, ma tre. Il primo evento è indicato come una cometa apparsa a circa 30 gradi da Venere, nel febbraio di quell'anno. Il secondo riguarda la cometa già menzionata. Il terzo sarebbe una cometa apparsa in agosto a nord-est della costellazione della Corona Boreale e con moto in direzione sud. Il 27 agosto del 69 a.C. essa attraversò la parte meridionale della costellazione di Ercole presentando una coda bianca.

Un'altra popolazione celtica, spesso nominata da Giulio Cesare nel suo De Bello Gallico, è quella degli Edui. Anche sulle loro monete è possibile riscontrare riferimenti di tipo astronomico. Su una moneta d'argento coniata fra il 100 e il 60 a.C., quindi precedentemente all' invasione romana, è possibile osservare, per esempio, una stella sotto la figura del cavallo.

L'interpretazione in questo caso è più complicata: l'oggetto potrebbe essere stato una nova o una supernova invece che una cometa. Se si assume che l'astro rappresentato fosse una cometa visibile a quel tempo come un oggetto nebuloso senza coda, allora la solita consultazione degli annali cinesi suggerisce che si tratti di quella passata nel 61 a.C., visibile in direzione est nell'agosto di quell'anno. La mancanza di coda potrebbe anche essere dovuta all'influenza dei Romani, già presenti a quei tempi nella Gallia Narbonense, grosso modo l'attuale Provenza: in particolare, all'abitudine dei coniatori di monete romani di rappresentare le comete come stelle raggiate, ma senza coda. La moneta in esame riporta sul dritto la scritta "ORCHTIRIX", comune sulle monete coniate dagli Edui in quel periodo. Quel nome, che viene tradotto dal Celtico in Orgetorix, potrebbe essere messo in relazione con un personaggio omonimo citato da Giulio Cesare: "Orgetorige era molto superiore, per nobiltà e ricchezza, a tutti gli altri principi..." (De Bello Gallico, I, 2).

Quanto alla seconda ipotesi, cioè che sulla moneta degli Edui sia rappresentata una stella e non una cometa, v'è da dire che la figura della stella è diversa da quella usuale sulle altre monete celtiche, e perciò farebbe pensare ad un astro per qualche verso particolare, come una nova o una supernova. L'assenza della linea dell'orizzonte presente invece su altre monete rappresentanti comete, potrebbe suggerire che l'astro rappresentato era visibile alto nel cielo e non vicino all'orizzonte. L'identificazione dell'oggetto in questo caso diventa però molto difficile.

La rappresentazione di oggetti stellari include un altro caso molto interessante dal punto di vista archeoastronomico: si tratta dello statere d'oro di Tincommius, coniato in Bretagna e databile fra il 20 a.C. e il 5 d.C. Su questa moneta è possibile osservare la presenza di una stella sul verso sopra l'immagine del cavaliere, mentre sul dritto è presente la scritta "TINC" che si riferisce al nome del personaggio dominante all'epoca del conio.

Anche in questo caso la questione della attribuzione dell'oggetto rappresentato a una stella o a una cometa non è di facile soluzione. Se si accettasse la rappresentazione cometaria, allora le registrazioni antiche non riportano notizie di comete, escluso il ritorno di quella di Halley nel mese di agosto del 12 a.C. Il passaggio al perielio avvenne il 10 ottobre; la minima distanza della Terra fu di 0,16 Unità Astronomiche il 10 settembre. La prima osservazione registrata negli annali cinesi è del 26 agosto e indica che la cometa era visibile nella costellazione del Cane Minore; l'ultima osservazione indica la Halley posizionata nella costellazione dello Scorpione, circa 56 giorni dopo. Questo passaggio della Halley fu osservato anche a Roma e fu fatto corrispondere alla morte del generale romano Agrippa.

Prendendo invece in esame la possibilità che l'oggetto rappresentato fosse una nova o una supernova, allora, consultando nuovamente gli annali cinesi, si ottengono alcune notizie che permetterebbero di formulare interessantissime ipotesi. Gli annali registrano una "stella nuova" comparsa nei mesi di marzo o aprile dell'anno 5 a.C. e rimasta visibile ad occhio nudo per circa 70 giorni. Le coordinate approssimate per questo oggetto corrispondono ad un punto nella costellazione del Capricorno. Gli annali cinesi riportano però anche l'apparizione di un'altra stella, probabilmente una nova, che dovrebbe essere apparsa nel 10 a.C. vicino ad Arturo nella costellazione di Boote. E' molto probabile, considerato il modo in cui l'oggetto è rappresentato sulla moneta, cioè alto nel cielo rispetto all'immagine del cavaliere, che si tratti di una di queste due novae e non della cometa di Halley.

Un altro caso simile è quello della moneta di bronzo di Tasciovanus, databile dal 20 a.C. al 10 d.C., periodo in cui egli regnò. Nonostante il cattivo stato di conservazione, si può notare nuovamente la rappresentazione di un oggetto di aspetto stellare posto in alto sopra l'immagine del cavallo, sul rovescio della moneta. Probabilmente, vista la similitudine con il caso precedente e la datazione molto simile, l'oggetto rappresentato è la stessa stella dello statere di Tincommius.

La casistica non si esaurisce qui. E' disponibile nelle raccolte numismatiche una quantità molto elevata di monete celtiche sulle quali sono raffigurati oggetti astronomici. Ad esempio, su una moneta d'argento del tipo detto di Buschelquinar, risalente al I secolo a.C., è incisa una configurazione di quattro oggetti immersi in un alone raggiato a forma di spirale. Tale configurazione potrebbe rappresentare una congiunzione planetaria molto vistosa verificatasi, secondo le simulazioni al computer, nel giugno dell'anno 26 a.C. nella costellazione del Leone vicino a Regolo. I pianeti interessati furono Venere, Giove e Saturno e poco distante fu presente anche Marte; inoltre all'inizio di giugno anche la Luna transitò in vicinanza dei pianeti in congiunzione. L'eccezionalità dell'evento avrebbe spinto alla rappresentazione sulla moneta.

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